Oggi è il 4° Anniversario del Viaggio apostolico di Papa Francesco in Polonia, in occasione della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù, dal 27 al 31 luglio 2016.
Nel suo discorso tenuto durante l‘incontro con le autorità, con la società civile e con il corpo diplomatico il 27 luglio 2016, Papa Francesco ha ricordato la storia di Giovanni Paolo II e del popolo polacco.
“La memoria contraddistingue il popolo polacco. Mi ha sempre impressionato il vivo senso della storia di Papa Giovanni Paolo II. Quando parlava dei popoli, egli partiva dalla loro storia per farne risaltare i tesori di umanità e spiritualità. La coscienza dell’identità, libera da complessi di superiorità, è indispensabile per organizzare una comunità nazionale sulla base del suo patrimonio umano, sociale, politico, economico e religioso, per ispirare la società e la cultura, mantenendole fedeli alla tradizione e al tempo stesso aperte al rinnovamento e al futuro. In questa prospettiva avete da poco celebrato il 1050° anniversario del Battesimo della Polonia. E’ stato certamente un forte momento di unità nazionale, che ha confermato come la concordia, pur nella diversità delle opinioni, sia la strada sicura per raggiungere il bene comune dell’intero popolo polacco.
[…] Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. L’iniziativa, che ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali, ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli. A questo proposito, ricordiamo anche la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca: un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità non solo tra le due Chiese, ma anche tra i due popoli. […]Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria. Si tratta così di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani. […]”
Durante l‘incontro con i vescovi polacchi, Papa Francesco ha affrontato „uno dei problemi più angustianti“ secondo Mons. Krzysztof Zadarko: la questione dei rifugiati. „Come possiamo aiutarli, giacché essi sono così numerosi? E cosa possiamo fare per superare la paura di una loro invasione o aggressione, che paralizza l’intera società?“, così le domande del Vescovo Ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg a Papa Francesco.
Papa Francesco: “Grazie! Il problema dei rifugiati… Non in tutti i tempi i rifugiati erano come adesso. Diciamo migranti e rifugiati, li consideriamo insieme. Il mio papà è un migrante. E io raccontavo al Presidente [della Polonia] che nella fabbrica dove lui lavorava c’erano tanti migranti polacchi, nel dopoguerra; io ero bambino e ne ho conosciuti tanti. La mia terra è una terra di immigranti, tutti… E lì non c’erano problemi; erano altri tempi, davvero. Oggi, perché c’è tanta migrazione? Non parlo dell’emigrazione dalla propria patria verso l’estero: questa è per mancanza di lavoro. E’ chiaro che vanno a cercare lavoro fuori. Questo è un problema di casa, che anche voi avete un po’… Parlo di quelli che vengono da noi: fuggono dalle guerre, dalla fame. Il problema è là. E perché il problema è là? Perché in quella terra c’è uno sfruttamento della gente, c’è uno sfruttamento della terra, c’è uno sfruttamento per guadagnare più soldi. Parlando con economisti mondiali, che vedono questo problema, dicono: noi dobbiamo fare investimenti in quei Paesi; facendo investimenti avranno lavoro e non avranno bisogno di migrare. Ma c’è la guerra! C’è la guerra delle tribù, alcune guerre ideologiche o alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo: danno le armi a te che sei contro quelli, e a quelli che sono contro di te. E così vivono loro! Davvero la corruzione è all’origine della migrazione. Come fare? Io credo che ogni Paese debba vedere come e quando: non tutti i Paesi sono uguali; non tutti i Paesi hanno le stesse possibilità. Sì, però hanno la possibilità di essere generosi! Generosi come cristiani. Non possiamo investire là, ma per quelli che vengono… Quanti e come? Non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura. Ma certo si possono fare tante cose. Per esempio la preghiera: una volta alla settimana l’orazione al Santissimo Sacramento con preghiera per coloro che bussano alla porta dell’Europa e non riescono ad entrare. Alcuni riescono, ma altri no… Poi entra uno e prende una strada che genera paura. Abbiamo Paesi che hanno saputo integrare bene i migranti, da anni! Hanno saputo integrarli bene. In altri, purtroppo, si sono formati come dei ghetti. C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio.”