Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Incontro con le vittime del triplice disastro nella Bellesalle Hanzomon di Tokyo (25/11/2019) - Foto © Vatican Media

“Che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi?”

Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Incontro con le vittime del triplice disastro nella Bellesalle Hanzomon di Tokyo

Share this Entry

Questa mattina, dopo aver incontrato in forma privata 20 giovani appartenenti al programma Scholas Occurrentes, il Santo Padre Francesco si trasferisce in auto alla Bellesalle Hanzomon, uno dei centri convegnistici più importanti di Tokyo. Alle 10.00 locali (2.00 ora di Roma), il Papa incontra le vittime del sisma di magnitudo 9 che generò poi il successivo tsunami e l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima nel marzo 2011, causando 18.000 morti.

Al Suo arrivo, il Papa è accolto all’ingresso della Bellesalle Hanzomon dall’Arcivescovo di Tokyo, S.E. Mons. Tarcisius Isao Kikuchi, S.V.D., e da S.E. Mons. Martin Tetsuo Hiraga, Vescovo di Sendai, la diocesi maggiormente colpita dal terremoto e dallo tsunami, e con loro raggiunge l’auditorium. Arrivato sul podio, Papa Francesco saluta una rappresentanza delle vittime del triplice disastro. Quindi, dopo la testimonianza di tre di esse, il Santo Padre pronuncia il suo discorso. Al termine dell’incontro, il Papa lascia l’auditorium mentre viene intonato un canto.

Quindi si trasferisce in auto al Palazzo Imperiale di Tokyo per la visita privata all’Imperatore Naruhito. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre Francesco pronuncia nel corso dell’incontro:

Discorso del Santo Padre

Cari amici,
Questo incontro con voi è un momento importante nella mia visita in Giappone. Vi ringrazio per l’accoglienza con musica argentina. In modo speciale, ringrazio Toshiko, Tokuun e Matsuki, che hanno condiviso la loro storia con noi. Loro, e anche voi, rappresentate tutti coloro che hanno sofferto così tanto per il triplice disastro – il terremoto, lo tsunami e l’incidente nucleare –, che ha colpito non solo le prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima, ma tutto il Giappone e i suoi abitanti. Grazie per aver espresso con le vostre parole e con la vostra presenza la tristezza e il dolore sofferti da tante persone, ma anche la speranza aperta ad un futuro migliore. Matsuki, concludendo la sua testimonianza, mi ha invitato ad unirmi a voi in preghiera. Facciamo un momento di silenzio e lasciamo che la nostra prima parola sia pregare per le oltre diciottomila persone che hanno perso la vita, per le loro famiglie e per coloro che sono ancora dispersi. Facciamo una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza.

Ringraziamo anche per gli sforzi delle amministrazioni locali, delle organizzazioni e delle persone che lavorano nella ricostruzione delle aree in cui si sono verificate le catastrofi e per alleviare la situazione delle oltre cinquantamila persone che sono state evacuate, attualmente in alloggi temporanei, senza poter ancora tornare a le loro case.

Sono particolarmente grato, come ha sottolineato Toshiko, per la prontezza con cui molte persone, non solo dal Giappone ma da tutto il mondo, si sono mobilitate immediatamente dopo le catastrofi per soccorrere le popolazioni colpite con la preghiera e l’assistenza materiale e finanziaria. Un’azione che non può andare perduta nel tempo e venire meno dopo lo shock iniziale, ma che dobbiamo prolungare e sostenere. A proposito di quanto sottolineato da Matsuki, alcuni di coloro che vivevano nelle aree colpite ora si sentono dimenticati e non pochi devono affrontare continui problemi di terreni e foreste contaminati e gli effetti a lungo termine delle radiazioni.

Possa questo incontro servire affinché, tutti insieme, rivolgiamo un appello alle persone di buona volontà perché le vittime di queste tragedie continuino a ricevere l’aiuto di cui hanno tanto bisogno.

Senza risorse di base: cibo, vestiario e riparo, non è possibile condurre una vita dignitosa e avere il minimo necessario per poter ottenere una ricostruzione, che a sua volta richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità. Nessuno si “ricostruisce” da solo; nessuno può ricominciare da solo. È essenziale trovare una mano amica, una mano fraterna, in grado di aiutare a risollevare non solo la città, ma anche lo sguardo e la speranza. Toshiko ci ha detto che, pur avendo perduto la casa nello tsunami, è grata di poter apprezzare il dono della vita e di provare speranza vedendo le persone unirsi per aiutarsi a vicenda. Otto anni dopo il triplice disastro, il Giappone ha dimostrato come un popolo può unirsi in solidarietà, pazienza, perseveranza e resistenza. La strada per un pieno recupero può essere ancora lunga, ma è sempre possibile se può contare sull’anima di questa gente capace di mobilitarsi per soccorrersi e aiutarsi a vicenda. Come ha detto Toshiko, se non facciamo nulla il risultato sarà zero, ma se fai un passo, avanzerai di un passo. Quindi, vi invito ad andare avanti ogni giorno, a poco a poco, per costruire il futuro basato sulla solidarietà e l’impegno reciproco, per voi, per i vostri figli e nipoti, e per le generazioni a venire.

Tokuun ha chiesto come possiamo rispondere ad altri importanti problemi che ci riguardano e che, come ben sapete, non possono essere visti e trattati separatamente: guerre, rifugiati, alimentazione, disparità economiche e sfide ambientali. È un grave errore pensare che oggi i problemi possano essere affrontati in maniera isolata senza considerarli come parte di una rete più ampia. Come ha giustamente sottolineato, facciamo parte di questa terra, dell’ambiente; perché tutto, in ultima analisi, è interconnesso. Il primo passo – credo – oltre a prendere decisioni coraggiose e importanti sull’uso delle risorse naturali, e in particolare sulle future fonti di energia, è lavorare e camminare verso una cultura capace di combattere l’indifferenza. Uno dei mali che più ci colpiscono sta nella cultura dell’indifferenza. Urge mobilitarsi per aiutare a prendere coscienza che se un membro della nostra famiglia soffre, tutti soffriamo con lui; perché non si raggiunge una interconnessione se non si coltiva la saggezza dell’appartenenza, l’unica capace di assumere i problemi e le soluzioni in modo globale. Apparteniamo gli uni agli altri.

In tal senso, vorrei ricordare particolarmente l’incidente nucleare di Daiichi a Fukushima e le sue conseguenze. Oltre alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società. Fino a quando i legami sociali non saranno ristabiliti nelle comunità locali e le persone avranno di nuovo una vita sicura e stabile, l’incidente di Fukushima non sarà completamente risolto. Ciò implica, al tempo stesso – come hanno ben sottolineato i miei fratelli vescovi del Giappone – la preoccupazione per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari.

La nostra epoca è tentata di fare del progresso tecnologico la misura del progresso umano. Questo “paradigma tecnocratico” di progresso e di sviluppo modella la vita delle persone e il funzionamento della società e, spesso, porta a un riduzionismo che tocca tutti gli ambiti delle nostre società (cfr Enc. Laudato si’, 101-114). È dunque importante, in momenti come questo, fare una pausa, fermarci e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere. Che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi? La saggezza e l’esperienza degli anziani, insieme all’impegno e all’entusiasmo dei giovani, possono aiutare a plasmare una visione diversa, una visione che aiuti a guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana.

Quando pensiamo al futuro della nostra casa comune, dobbiamo renderci conto che non possiamo prendere decisioni puramente egoistiche e che abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni future. In tal senso, ci è chiesto di scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare. Toshiko, Tokuun e Matsuki ci hanno ricordato la necessità di trovare un nuovo percorso per il futuro, un percorso basato sul rispetto per ogni persona e per l’ambiente naturale. In questo percorso, «tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità» (ibid., 14).

Cari fratelli, nel continuo lavoro di recupero e ricostruzione dopo il triplice disastro, molte mani devono stringersi e molti cuori devono unirsi come se fossero una cosa sola. In questo modo, quanti hanno sofferto riceveranno sostegno e sapranno di non essere stati dimenticati. Sapranno che molte persone, attivamente ed efficacemente, condividono il loro dolore e continueranno a tendere una mano fraterna per aiutare. Ancora una volta, lodiamo e ringraziamo tutti coloro che, con semplicità, hanno cercato di alleggerire il peso delle vittime. Possa questa compassione essere la strada che permetta a tutti di trovare speranza, stabilità e sicurezza per il futuro.

Grazie ancora per essere stati qui. Per favore, pregate per me. E che Dio conceda a tutti voi e i vostri cari le benedizioni di saggezza, di fortezza e di pace. Grazie!

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione