Kiko e Carmen (Udienza Generale 12 gennaio 1977) - Foto © Cammino Neocatecumenale

Gratitudine del Cammino Neocatecumenale al nuovo santo Paolo VI

Comunicato stampa – Cammino Neocatecumenale

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Il Cammino neocatecumenale è particolarmente grato al Signore ed alla Chiesa per aver iscritto, domenica 14 ottobre 2018, nell’albo dei Santi il Papa Paolo VI. È stato infatti il primo Papa che ha incoraggiato e sostenuto gli inizi di questo carisma, quando era ancora quasi sconosciuto, riconoscendolo frutto del Concilio e segno di speranza per la Chiesa:
Nel primo incontro che avemmo con lui, l’8 maggio 1974, ci ha sorpreso per il grande affetto con cui ci ha accolto, intuendo con spirito profetico l’identità battesimale del Cammino:
“Quanta gioia e quanta speranza ci date con la vostra presenza e con la vostra attività! Sappiamo che nelle vostre comunità voi vi adoperate insieme a comprendere e a sviluppare le ricchezze del vostro Battesimo e le conseguenze della vostra appartenenza a Cristo”.
“Voi fate dell’apostolato solo perché siete quello che siete, in uno stimolo alla riscoperta e al recupero di valori cristiani veri, autentici, effettivi che potrebbero altrimenti restare quasi diluiti nella vita ordinaria. No! Voi li mettete in evidenza, in emergenza e date loro uno splendore morale veramente esemplare proprio perché, così, con questo spirito cristiano, voi vivete questa comunità neocatecumenale”.
“Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di ‘dopo-Battesimo’ che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di approfondimento che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo. Voi lo portate dopo: il prima o dopo, direi, è secondario. II fatto è che voi mirate all’autenticità, alla pienezza, alla coerenza, alla sincerità della vita cristiana”.
Tre anni più tardi, il 12 gennaio 1977, in prossimità del Sinodo sulla Catechesi, San Paolo VI dedicò l’intera allocuzione dell’Udienza Generale del mercoledì al Cammino Neocatecumenale, riproponendo il nome stesso di “neocatecumenato”:
“La prassi e la norma della Chiesa hanno introdotto la santa abitudine di conferire il battesimo ai neonati, lasciando che il rito battesimale concentrasse liturgicamente la preparazione che, ai primi tempi, quando la società era profondamente pagana, precedeva il battesimo, e che era detto catecumenato. Ma nell’ambiente sociale di oggi questo metodo ha bisogno d’essere integrato da una istruzione, da una iniziazione allo stile di vita proprio del cristiano, successiva al battesimo, cioè da un’assistenza religiosa, da un allenamento pratico alla fedeltà cristiana, da un inserimento effettivo nella comunità dei credenti, che è la Chiesa”.
“Ecco la rinascita del nome «catecumenato», che certamente non vuole invalidare né sminuire l’importanza della disciplina battesimale vigente, ma la vuole applicare con un metodo di evangelizzazione graduale e intensivo, che ricorda e rinnova in certo modo il catecumenato d’altri tempi. 
Chi è stato battezzato ha bisogno di capire, di ripensare, di apprezzare, di assecondare l’inestimabile fortuna del sacramento ricevuto”.
Nella memoria del Cammino è rimasto poi significativo l’incontro di saluto avuto con gli Iniziatori del Cammino, Kiko e Carmen, al termine di quell’Udienza. Il Papa chiese: “Chi è Kiko?”. “Sono io”, rispose Kiko. E il Papa, fissandolo negli occhi e mettendogli una mano sulla spalla gli disse: “Sii umile e fedele alla Chiesa e la Chiesa ti sarà fedele”. Queste parole sono rimaste incise nel cuore di Kiko fino ad oggi.
Uno speciale riconoscimento del Cammino Neocatecumenale a Papa Paolo VI, è per la sua enciclica “Humanae vitae” che in genere ha trovato molte difficoltà ad essere accettata, ma che nello stesso tempo ha dato tanti frutti nel contesto dell’Itinerario Neocatecumenale, nel quale gradualmente veniva trasmesso il Magistero della Chiesa sulla sessualità e sul matrimonio. Lo testimoniano matrimoni ricostruiti, numerosi figli, molti giovani nelle Comunità tra cui sono sorte molte vocazioni al Sacerdozio e alla vita consacrata, famiglie in missioni nelle zone più difficili.
È significativo che nelle risposte all’ampio Questionario sulla situazione della Famiglia nel mondo di oggi: aspetti positivi e aspetti conflittivi, inviati a tutte le Conferenze Episcopali, alle realtà ecclesiali, raccolte nell’Instrumentum Laboris del Sinodo Straordinario sulla Famiglia (2014), si affermi:
“Riguardo poi alla enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI, nella stragrande maggioranza dei casi, non è conosciuta nella sua dimensione positiva”. “Un buon numero di Conferenze Episcopali nota che, là dove si trasmette in profondità l’insegnamento della Chiesa con la sua genuina bellezza umana e cristiana è accettata con entusiasmo da larga parte dei fedeli. Quando si riesce a mostrare una visione globale del matrimonio e della Famiglia secondo la fede cristiana allora ci si accorge della loro verità, bontà e bellezza”.
L’insegnamento è maggiormente accettato dove c’è un reale cammino di fede da parte dei fedeli e non solo una curiosità estemporanea intorno a cosa pensi la Chiesa sulla morale sessuale.
Nel conferimento del “Dottorato honoris causa” in Teologia Dogmatica a Kiko Argüello (13 maggio 2009), da parte dell’Istituto Giovanni Paolo II, il relatore segnalava anche un altro aspetto:
“In un momento di crisi e disorientamento da parte di molti, l’accoglienza senza riserve della enciclica profetica di Paolo VI Humanae vitae da parte delle famiglie del Cammino è stata una autentica testimonianza per l’intera Chiesa, mostrando che, al di là delle nostre paure o delle nostre difficoltà, è possibile vivere quanto la Chiesa segnala come specifico del cammino di santità della coppia se c’è una comunità viva che ci accompagna”.
In fine, il suo struggente amore alla Chiesa, di cui percepiva tutta l’urgenza e il bisogno di essere come ricostruita, ha trovato nella prassi del Cammino una risonanza fertile e feconda di frutti.
“Cristo ci chiama a ricominciare da capo, fino all’ultimo giorno del tempo, reclama lavoro nuovo, reclama costruzione faticosa, fresca, geniale, come se la Chiesa, il divino edificio, dovesse cominciare oggi la sua avventurosa sfida alle altezze del cielo”.
E il mercoledì del 15 settembre 1976 concludeva una serie di catechesi, molto profetiche, sulla Chiesa con un grido appassionato: “Noi, vecchi operai, lanciamo il grido e attendiamo: è tempo di costruire! anzi, di costruire i costruttori, gli apostoli della città di Dio!”

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ZENIT Staff

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