Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Mons. Follo: Regole per educare il cuore al bene

Domenica XXVI del Tempo Ordinario – Anno B – 30 settembre 2018

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Rito Romano
Nm 11,25-29; Sal 18; Giac 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48ESTO
 
Rito Ambrosiano
Dt 6,1-9; Sal 118; Rm 13,8-14a; Lc 10,25-37
V Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore.
 
 
1) In cammino con la Vita che dà la vita e regole di vita.
Il brano del Vangelo di Marco che è proposto in questa 26ª Domenica del tempo ordinario, ci narra due episodi.
Nel primo, Giovanni fa notare a Cristo che c’è qualcuno che scaccia i demoni in Suo nome senza essere del gruppo dei Suoi discepoli. Gesù giustamente fa osservare che ogni opera di bene, da qualsiasi parte venga, è sempre ben accetta, perché la sorgente della bontà e dell’amore è Dio stesso. Chi opera il bene è comunque e sempre dalla parte di Cristo e di Dio. La risposta di Gesù a Giovanni riguardo all’esorcista estraneo al gruppo dei discepoli si ispira a grande tolleranza ed è identico all’atteggiamento assunto da Mosè nei confronti di Eldad e Medad durante l’esodo (Nm 11,24-30 – Prima lettura della messa di oggi).
Nel secondo episodio Gesù esorta i discepoli a non scandalizzare i “piccoli” cioè i fratelli immaturi nella fede allontanandoli dal Vangelo con una condotta scorretta e un comportamento non conforme al Vangelo. Per fare questa ammonizione, il Messia usa espressioni dure: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala. e la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue” (Mc 9, 45.47-48). Con queste parole Gesù invita i discepoli a un atteggiamento ispirato all’umiltà, alla comprensione e al sacrificio per evitare lo scandalo, che oscura la luce del Vangelo.
Potremmo formulare l’invito di Cristo con le parole che, nell’“L’annuncio a Maria” di Paul Claudel, la protagonista ormai cieca, Violaine, fa a quanti godono del dono della vista: “Ma voi che ci vedete, cosa ne avete fatto della luce?”
Se sapremo convertire anche e prima di tutto il nostro cuore, allora chi vive accanto a noi, anche se non è credente, capirà che Gesù non è un’incomprensibile e inaccettabile formula teologica nella nostra mente, ma la vita di Dio nel nostro cuore e luce ai nostri passi. E anche se non cambierà la sua religione, cambierà il suo cuore, diventando più aperto, tollerante, libero.
            Gesù chiede ai discepoli, e quindi a noi, di avere il suo pensiero che non respinge nessuno e lo stesso suo sguardo che riconosce anche i più piccoli segni della fede, come il dono di un semplice bicchiere d’acqua che, se dato a un “piccolo”, “condizionerà” il giudizio finale quando il Figlio dell’uomo giudicherà tutti i popoli della terra.
L’apertura totale, senza alcuna transenna di spazio e di tempo, è mostrata proprio da Gesù con la sua incarnazione e morte in croce, accomunato a tutta l’umanità. In ogni uomo e donna della terra è possibile una relazione misteriosa e profonda con Gesù Cristo. Anche la comunità cristiana è chiamata ad allargare i propri confini fino a considerare tutti in qualche modo come suoi figli, anche quelli che non hanno una conoscenza-esperienza piena di Gesù.
Se la “piccolezza” è la fisionomia profonda della vita del credente, anche una mano, un piede e un occhio, possono farle del male e ostacolare – nel senso di fare scandalo, inciampo – la presenza del Signore in noi. Piccolo è un bicchiere d’acqua e i piccoli sanno apprezzarlo, non mancando di ringraziare, soprattutto quando è ricevuto in nome di Gesù.
 
2) Il nome di Gesù.
Questo nome: “Gesù” è da “utilizzare” non solamente per servirsene ma per appartenere a Lui. i. Il fatto è che chi opera nel suo nome può fare cose grandi, a iniziare dagli apostoli che appartengono a Gesù Cristo. Ma chi è di Cristo? I discepoli che lo seguono, ma non si fanno proprietari di Cristo. Quando i cristiani hanno creduto di avere il monopolio di Gesù, hanno corso il rischio di essere intolleranti. Il bene, sotto ogni forma, è diritto e dovere di ogni uomo. Gesù e lo Spirito sono presenti ovunque si fa il bene. Nella pagina precedente, i discepoli si dividevano tra loro in nome del proprio io. Qui si dividono dagli altri nel nome del proprio noi. Solo il “Nome” di Gesù è radice di unità tra tutti. Lo scandalo è tutto ciò che impedisce a qualcuno di seguire Dio per giungere alla salvezza. Piuttosto che far perdere la fede anche a uno solo, sarebbe meglio morire.
Il che non significa certo mettere in secondo piano o addirittura vanificare l’impegno dell’annuncio e della chiamata a convertirsi al Vangelo, come qualcuno potrebbe pensare. Non va dimenticato che la testimonianza e l’annuncio sono parte integrante dell’autentica fede cristiana, che non può tacere l’immensa gioia di aver incontrato il Signore; e, se io non nascondo il fatto di essere cristiano convinto e praticante, ogni gesto di amicizia, di aiuto, di scambio che compio è annuncio, così come ogni parola e gesto di Gesù lo era, prima ancora che Egli dichiarasse: “Io sono il Figlio di Dio”.  Dal Nuovo Testamento emerge chiaramente il “dovere” dell’annuncio: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15); “Non è per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9,16); “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi … con dolcezza e rispetto e con una retta coscienza” (1 Pt 3,15-16).
Il primo appello di Gesù è alla “conversione del cuore” e chiede ai Suoi discepoli di non mettere l’altro in schemi preconcetti, ma di accoglierlo e di ascoltarlo. Ascoltare la sinfonia del gemito di un bambino, di un povero di un malato per portare loro la tenerezza di Dio. Ascoltare le parole del mondo e ridargli la Parola, perché tutto ciò che riguarda l’umana avventura riguarda ciascuno di noi: “Sono un uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo” (Terenzio).
La risposta di Gesù, l’uomo senza barriere, è di quelle che possono segnare una svolta della storia: gli uomini sono tutti dei nostri, come noi siamo di tutti. Prima di tutto l’uomo. “Quando un uomo muore, non domandarti per chi suona la campana: essa suona sempre un poco anche per te” (John Donne). Tutti sono dei nostri. Tutti siamo ‘uno’ in Cristo Gesù.
Ma l’annuncio di Gesù è ancora più coraggioso: ci porta a non sentirci estranei. Ci chiede di amare il prossimo e a vivere la vita come condivisione: ci porta a vivere molte vite, storie d’altri come fossero le nostre. Ci dà cento fratelli e sorelle, cento cuori su cui riposare, cento labbra da dissetare, cento bocche che non sanno a Chi gridare, di cui siamo la voce.
E’ vero, come ho detto poco sopra, che il Vangelo di oggi termina con parole dure: “Se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali, buttali via”. Vangelo delle ferite, scandalose e luminose come le stigmate di Gesù. In effetti, le parole di Cristo non sono l’invito a un’inutile auto­mutilazione, sono invece un linguaggio figurato, incisivo, per trasmettere la serietà con cui si deve pensare alle cose essenziali. Anche perdere ciò che ci è prezioso, come la mano e l’occhio, non è paragonabile al danno che deriva dall’aver sbagliato la vita. Il Signore ci invita a temere di più una vita fallita che non le ferite dolorose della vita.
Un modo speciale di accogliere Cristo e le ferite del suo amore per noi è quello delle Vergini consacrate nel mondo. Essere vergine significa mantenere il carattere sponsale del proprio corpo intatto per il Signore. Una vergine non si spreca, non cerca vita negli altri esseri umani, nella carne e sangue, la cerca in Dio. Serve molta maturità ed anche molta fede per tagliare le affettività malate verso le persone, per aspettare con fedeltà e perseveranza il Signore che viene. Occorre avere un’esperienza concreta dello stare con il Signore, non basta una conoscenza teoretica. Se uno ha la fede debole, smette di pregare, vive la solitudine per se stesso, non vuole assumere le responsabilità della vita adulta, rischia seriamente. Può conservare la verginità fisica, però perdendo il senso diventerà un egoista o narcisista, cinico o amareggiato, acido o vampiro affettivo. Sant’Agostino dice che una verginità senza l’umiltà non serve.
Essere vergine nell’anima, nello spirito vuol dire essere liberi dagli idoli, non idolatrare se stessi o gli altri, ma essere solo per Dio.
La verginità consacrata non è un mezzo di preservazione di se stessi, un seppellire il proprio talento sotterra per restituirlo un giorno, integro ma senza; è anzi un mezzo di donazione di se stesso, che accetta certe rinunce solo per poter dare tutto a Dio e di più al prossimo.
“La verginità cristiana è esperienza dell’unione sponsale intima, esclusiva, indissolubile, con lo Sposo divino che si è donato all’umanità senza riserve e per sempre, e in questo modo si è acquistato un popolo santo, la Chiesa. Iscritta nella creatura umana come capacità di vivere la comunione nella differenza tra uomo e donna, per le vergini consacrate la sponsalità è esperienza della trascendenza e della sorprendente condiscendenza di Dio; la consacrazione si compie attraverso il patto di alleanza e di fedeltà che unisce la vergine al Signore in mistiche nozze, per rendere sempre più profonda e piena la partecipazione ai suoi sentimenti e la conformazione alla sua volontà di amare” (Istruzione Ecclesiae Sponsae Imago, n. 24)
 
 
Lettura Patristica
Beda il Venerabile,
In Evang. Marc., 9, 38-43
Giovanni gli rivolse la parola: «Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava i demoni in nome tuo, ma non gliel’abbiamo permesso perché non è dei nostri»” (Mc 9,38).
Giovanni, che amava con straordinario fervore il Signore e perciò era degno di essere riamato, riteneva dovesse essere privato del beneficio chi non ricopriva un ufficio. Ma viene ammaestrato che nessuno dev’essere allontanato dal bene che in parte possiede, ma che piuttosto dev’essere invitato a ciò che non ancora possiede. Continua infatti:
Ma Gesù gli disse: «Non gliel’impedite. Non c’è nessuno infatti che operi miracoli nel mio nome e possa subito dopo parlar male di me. Chi infatti non è contro di voi, è con voi»” (Mc 9,39-40).
Lo stesso concetto ripete il dotto Apostolo: “Purché Cristo sia in ogni modo annunziato, per dispetto o con lealtà, io di questo godo e godrò!” (Ph 1,18). Ma anche se egli s’allieta per coloro che annunziano Cristo in modo non sincero e, poiché fanno di conseguenza talvolta miracoli per la salvezza degli altri, consiglia che non ne vengano impediti, tuttavia costoro per tali miracoli non possono sentirsi giustificati; anzi, in quel giorno in cui diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato in nome tuo, e non abbiamo scacciato i demoni nel tuo nome, e nel tuo nome non abbiamo compiuto molti miracoli?“, essi riceveranno questa risposta: “Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me voi che operate l’iniquità” (Mt 7,22-23). Perciò, per quanto riguarda gli eretici e i cattivi cattolici, dobbiamo solennemente respingere non quelle credenze e quei sacramenti che essi hanno in comune con noi e non contro di noi, ma la scissione che si oppone alla pace e alla verità, per la quale essi sono contrari a noi e non seguono in unità con noi il Signore.
«Infatti, chiunque vi darà da bere un bicchier d’acqua in mio nome, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Leggiamo nel profeta David (Ps 140,4) che molti, a titolo di scusa dei loro peccati, pretendono che siano giusti gli stimoli che li spingono a peccare, così che, mentre volontariamente peccano, s’illudano di farlo per necessità. Il Signore, che scruta il cuore e i reni, sarà capace di vedere i pensieri di ciascuno. Aveva detto: “Chiunque riceverà uno di questi fanciulli in mio nome, riceve me” (Mt 18,5). Qualcuno avrebbe potuto obiettare polemizzando: «Me lo vieta la povertà, la mia miseria mi impedisce di riceverlo», ma il Signore annulla anche questa scusa col suo lievissimo comandamento per indurci almeno a porgere con tutto il cuore un bicchier d’acqua, magari fredda, come dice Matteo (Mt 10,42). Dice un bicchiere d’acqua fredda, non calda, affinché non si cerchi in questo caso una scusa adducendo la miseria e la mancanza di legna per scaldarla.
Lecture patristique
Syméon le Nouveau Théologien (+ 1022)
Catéchèses, 3, SC 96, 298-305
Est-ce que tu ne frémis pas, mon ami, en entendant Dieu te dire chaque jour par toute l’Écriture divine: Aucune parole mauvaise ne doit sortir de votre bouche (Ep 4,29). Amen, je vous le dis, vous rendrez compte d’une seule parole creuse (cf. Mt 12,36), et: Vous recevrez une récompense pour avoir donné de l’eau fraîche (cf. Mc 9,41).Ne vous trompez pas, mes frères, Dieu aime les hommes, il est miséricordieux et compatissant, j’en témoigne et je le confesse: et c’est par sa compassion que j’ai l’assurance d’être sauvé. Sa chez cependant que ceux qui ne se repentent pas et ne gardent pas ses commandements avec une exactitude parfaite et avec beaucoup de crainte, ne profiteront nullement de cette compassion. Dieu leur infligera une punition plus sévère qu’aux nations impies et non baptisées.
Ne vous y trompez pas, mes frères, aucun péché ne doit vous paraître petit, et aucun ne doit être pris par nous à la légère, sous prétexte qu’il ne cause pas un dommage si considérable à nos âmes. Car les serviteurs fidèles ne font pas la différence entre un petit péché et un grand: n’auraient-ils péché que par un regard, une pensée ou une parole, qu’ils seraient dans un état semblable à ceux qui ont déchu de l’amour de Dieu, et je suis convaincu que cela est vrai. Quelqu’un a-t-il formé la plus petite pensée contraire à la volonté de Dieu? S’il ne s’en repent aussitôt, s’il ne repousse pas l’assaut de son imagination, mais accueille cette pensée et la conserve en soi, cela lui est compté comme un péché; même s’il ne sait pas que cette pensée est mauvaise, il lui en est tenu compte.
Nous devons donc être très vigilants et zélés; il nous faut beaucoup scruter les Écritures. En effet, le Seigneur nous a fait voir l’avantage que celles-ci nous procurent quand il a déclaré: Scrutez les Écritures (Jn 5,39).
Scrutez-les et retenez avec beaucoup d’exactitude et de foi tout ce qu’elles disent. Ainsi, connaissant exactement la volonté de Dieu par les divines Écritures, vous serez capables de distinguer, sans vous tromper, le bien du mal, au lieu de prêter l’oreille à n’importe quel esprit et d’être emportés par des pensées funestes.
Soyez certains, mes frères, que rien n’est aussi favorable à notre salut que l’observance des divins préceptes du Seigneur. Nous aurons toutefois à verser beaucoup d e larmes, il nous faudra beaucoup de crainte, de patience et de persévérance dans la prière, pour que nous soit révélé le sens d’un seul mot du Maître, pour que nous connaissions le grand mystère caché dans les moindres paroles, et que nous exposions nos vies, jusqu’à la mort, pour un seul détail des commandements de Dieu.
Car la parole de Dieu est comme une épée à deux tranchants qui sépare et écarte l’âme de toute convoitise et de toute sensation corporelle. Plus que cela, elle devient aussi comme un feu brûlant lorsqu’elle ranime l’ardeur de notre âme, lorsqu’elle nous fait mépriser toutes les tristesses de la vie et considérer comme une joie toute épreuve qui survient, lorsqu’elle nous fait désirer et embrasser la mort redoutable aux autres hommes, en nous faisant voir en elle la vraie vie et le moyen d’y parvenir.
 
Patristic reading
Golden Chain
on Mk 9, 38-42
Bede: John, loving the Lord with eminent devotion, thought that He who performed an office to which He had no right was to be excluded from the benefit of it.
Wherefore it is said, “And John answered Him, saying, Master, we saw one casting out devils in Thy name, and he followeth not us: and we forbad him, because he followeth not us.”
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: For many believers received gifts, and yet were not with Christ, such was this man who cast out devils; for there were many of them deficient in some way; some were pure in life, but were not so perfect in faith; others again, contrariwise.
Theophylact: Or again, some unbelievers, seeing that the name of Jesus was full of virtue, themselves used it, and performed signs, though they were unworthy of Divine grace; for the Lord wished to extend His name even by the unworthy.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: It was not from jealousy or envy, however, that John wished to forbid him who cast out devils, but because he wished that all who called on the name of the Lord should follow Christ and be one body with His disciples. But the Lord, however unworthy they who perform the miracles may be, incites others by their means to believe on Him, and induces themselves by this unspeakable grace to become better.
Wherefore there follows: “But Jesus said, Forbid him not.”
Bede: By which He shews that no one is to be driven away from that partial goodness which he possesses already, but rather to be stirred up to that which he has not as yet obtained.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: In conformity to this, He shews that he is not to be forbidden, adding immediately after, “For there is no man which shall do a miracle in My name, that can lightly speak evil of Me.” He says “lightly” to meet the case of those who fell into heresy, such as were Simon and Menander, and Cerinthus (ed. note: Irenaeus, cont. Haer. 2, 31, seems to imply that the early heretics actually worked wonders, but that these differed from Christian miracles in that they were done by magic through the aid of the devil, and were not works of mercy; he contrasts with these the ecclesiastical miracles of his day.); not that they did miracles in the name of Christ, but by their deceptions had the appearance of doing them.
But these others, though they do (p. 184) not follow us, cannot however set themselves to say any thing against us, because they honour My name by working miracles.
Theophylact: For how can he speak evil of Me, who draws glory from My name, and works miracles by the invocation of this very name. There follows, “For he that is not against you is on your part.”
Augustine, de Con. Evan., 4, 5: We must take care that this saying of the Lord appear not to be contrary to that where He says, “He who is not with Me is against Me.” (Lc 11,23) Or will any one say that the difference lies in that here He says to His disciples, “For he that is not against you is on your part,” but in the other He speaks of Himself, “He who is not with Me is against Me?” As if indeed it were possible (ed. note: St. Augustine has here quasi vero, instead of quasi non, which hardly makes sense; the latter reading has also been found in an old edition of the Catena Aurea, A.D. 1417.) that he who is joined to Christ’s disciples, who are as His members, should not be with Him.
How if it were so, could it be true that “he that receiveth you receiveth Me?” (Mt 10,40) Or how is he not against Him who is against His disciples? Where then will be that saying, “He who despiseth you, despiseth Me? (Lc 10,16) But surely what is implied is that a man is not with Him in as far as he is against Him, and is not against Him in as far as he is with Him.
For instance, he who worked miracles in the name of Christ, and yet did not join himself to the body of His disciples, in as far as he worked the miracles in His name, was with them, and was not against them; again, in that he did not join their society, he was not with them, and was against them.
Be because they forbade his doing that in which he was with them, the Lord said unto them, “Forbid him not:” for they ought to have forbidden his being without their society, and thus to have persuaded him of the unity of the Church, but they should not have forbidden that in which he was with them, that is, his commendation of the name of their Lord and Master by the expulsion of devils.
Thus the Church Catholic does not disapprove in heretics the sacraments, which are common, but she blames their division, or some opinion of theirs adverse to peace and to truth; for in this they are against us.
Pseudo-Chrys., Vict. Ant. e Cat. in Marc.: Or else, this is said of those who believe on Him, but nevertheless do not follow Him from the looseness of their lives. Again, it is said of devils, who try to separate all from God, and to disperse His (p. 185) congregation.
There follows, “For whosoever shall give you a cup of cold water to drink in My name, because ye belong to Christ, verily I say unto you, he shall not lose his reward.”
Theophylact: Not only will I not forbid him who works miracles in My name, but also whosoever shall give you the smallest thing for My name’s sake, and shall receive you, not on account of human and worldly favour, but from love to Me, shall not lose his reward.
Augustine, de Con. Evan., 4, 6: By which He shews, that he of whom John had spoken was not so far separated from the fellowship of the disciples, as to reject it, as a heretic, but as men are wont to hang back from receiving the Sacraments of Christ, and yet favour the Christian name, so as even to succour Christians, and do them service only because they are Christians. Of these He says they shall not lose their reward; not that they ought already to think themselves secure on account of this good will which they have towards Christians, without being washed with His baptism, and incorporated in His unity, but that they are already so guided by the mercy of God, as also to attain to these, and thus to go away from this life in security.
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Mons. Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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