Visita alla Cattedrale Cattolica di San Giacomo - Foto © Vatican Media

"Non cedete allo sconforto, alla tristezza, non perdete la dolcezza e, meno ancora, la speranza!"

Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Lituania, Lettonia ed Estonia (22-25 settembre 2018) – Visita alla Cattedrale di San Giacomo a Riga

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Alle ore 11.30 locali (10.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco è giunto alla Cattedrale di San Giacomo a Riga. Al suo arrivo il Papa è stato accolto dal Parroco, che gli ha porto il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione. Quindi una coppia di anziani hanno donato al Papa dei fiori che Egli ha deposto davanti all’immagine della Vergine. Introdotto dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Riga, S.E. Mons. Zbigņevs Stankevičs, il Santo Padre ha rivolto il Suo saluto ai presenti. Dopo la recita del Padre Nostro e la benedizione finale, ha avuto luogo lo scambio dei doni. Successivamente, il Papa si è trasferito alla Casa della Santa Famiglia a Riga dove pranza con i Vescovi della Conferenza Episcopale di Lettonia.
Prima di congedarsi, il Santo Padre consegna un dono alla Casa Arcidiocesana e saluta alcuni benefattori e collaboratori. Quindi si reca in auto al Riga Harbour Helipad da dove, alle ore 14.30 locali (13.30 ora di Roma), parte in elicottero per il Santuario Internazionale della Madre di Dio di Aglona.
Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa ha rivolto ai fedeli nel corso della visita alla Cattedrale di San Giacomo:
Saluto del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio l’Arcivescovo per le sue parole e la sua attenta analisi della realtà. La vostra presenza, fratelli anziani, mi ricorda due espressioni della Lettera dell’apostolo Giacomo, al quale è intitolata questa Cattedrale. All’inizio e alla fine della lettera egli ci invita alla costanza, usando però due termini diversi. Sono certo che possiamo sentire la voce del “fratello del Signore” che oggi vuole rivolgersi a noi.
Voi qui presenti siete stati sottoposti ad ogni sorta di prove: l’orrore della guerra, e poi la repressione politica, la persecuzione e l’esilio, come ha ben descritto il vostro Arcivescovo. E siete stati costanti, avete perseverato nella fede. Né il regime nazista né quello sovietico hanno spento la fede nei vostri cuori e, per alcuni di voi, non vi hanno fatto desistere neppure dal dedicarvi alla vita sacerdotale, religiosa, a essere catechisti, e a diversi servizi ecclesiali che mettevano a rischio la vita; avete combattuto la buona battaglia, state per concludere la corsa, e avete conservato la fede (cfr 2 Tm 4,7). Ma l’apostolo Giacomo insiste sul fatto che questa pazienza supera la prova della fede facendo emergere opere perfette (cfr 1,2-4). Il vostro operare sarà stato perfetto allora, e dovrà tendere ancora alla perfezione nelle nuove circostanze.
Voi, che vi siete spesi corpo e anima, che avete dato la vita inseguendo la libertà della vostra patria, tante volte vi sentite dimenticati. Benché suoni paradossale, oggi, in nome della libertà, gli uomini liberi assoggettano gli anziani alla solitudine, all’ostracismo, alla mancanza di risorse e all’esclusione, e perfino alla miseria. Se è così, il cosiddetto treno della libertà e del progresso finisce per avere, in coloro che hanno lottato per conquistare diritti, la sua carrozza di coda, gli spettatori di una festa altrui, onorati e omaggiati, ma dimenticati nella vita quotidiana (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 234). L’apostolo Giacomo ci invita a essere costanti, a non abbassare la guardia. «In questo cammino, lo sviluppo del bene, la maturazione spirituale e la crescita dell’amore sono il miglior contrappeso nei confronti del male» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 163). Non cedete allo sconforto, alla tristezza, non perdete la dolcezza e, meno ancora, la speranza! Concludendo la sua epistola, san Giacomo torna ad invitare alla costanza (5,7), ma utilizza una parola che unisce due significati: sopportare pazientemente e sperare pazientemente.
Vi incoraggio ad essere anche voi, in seno alle vostre famiglie e alla vostra patria, esempio di entrambi questi atteggiamenti: sopportazione e speranza, tutt’e due impregnate di pazienza. Così continuerete a costruire il vostro popolo. Voi, che avete attraversato molte stagioni, siete testimonianza viva di costanza nelle avversità, ma anche del dono della profezia, che ricorda alle giovani generazioni che la cura e la protezione di quelli che ci hanno preceduto sono gradite e apprezzate da Dio, e che gridano a Dio quando sono disattese. Voi che avete attraversato molte stagioni, non dimenticatevi che siete radici di un popolo, radici di giovani germogli che devono fiorire e portare frutto; difendete queste radici, mantenetele vive perché i bambini e i giovani si innestino lì, e capiscano che «tutto ciò che sull’albero è fiorito / vive di ciò che giace sotterrato» (F. L. Bernárdez, sonetto Si para recobrar lo recobrado).
Come dice l’iscrizione sul pulpito di questo tempio: «Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore» (Sal 95,7-8). Il cuore duro è quello sclerotizzato, quello che perde la gioia della novità di Dio, che rinuncia alla giovinezza di spirito, a gustare e vedere che sempre, in ogni tempo e fino alla fine, è buono il Signore (cfr Sal 34,9).

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ZENIT Staff

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