Visita Pastorale alla Diocesi di Piazza Armerina - Foto © Vatican Media

Papa Francesco: "Per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine"

Visita Pastorale alle Diocesi di Piazza Armerina e di Palermo in occasione del 25° anniversario della morte del Beato Pino Puglisi (15 settembre 2018)

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Alle ore 6.30 di questa mattina, il Santo Padre Francesco, lasciata Casa Santa Marta, si è trasferito all’aeroporto di Ciampino da dove è partito per recarsi alle Diocesi di Piazza Armerina e di Palermo in occasione del 25° anniversario della morte del Beato Pino Puglisi. Dopo l’atterraggio all’aeroporto “Cosimo di Palma” di Sigonella, per scalo tecnico, l’elicottero con a bordo il Papa è decollato alla volta di Piazza Armerina. Al Suo arrivo, nel Campo sportivo “San Ippolito”, il Santo Padre è stato accolto dal Vescovo di Piazza Armerina, S.E. Mons. Rosario Gisana, dal Prefetto di Enna, Dott.ssa Maria Antonietta Cerniglia, e dal Sindaco della città, Dott. Nino Cammarata. Quindi si è trasferito in auto a Piazza Europa per l’incontro con i fedeli. Dopo l’indirizzo di saluto di S.E. Mons. Rosario Gisana, il Papa ha rivolto il Suo discorso ai fedeli presenti e al termine ne ha salutati alcuni. Quindi ha raggiunto in auto il Campo sportivo “San Ippolito” da dove si è congedato dalle Autorità che lo hanno accolto al Suo arrivo. Alle ore 10.15 il Santo Padre ha lasciato Piazza Armerina ed è partito in elicottero per Palermo.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’incontro con i fedeli:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Sono contento di trovarmi in mezzo a voi. È bello il sole della Sicilia! È bello! Grazie di questa calorosa accoglienza! Ringrazio il Vescovo Mons. Rosario Gisana, il Sindaco e le altre Autorità, come pure tutti coloro che hanno collaborato a questa visita. Il vostro Vescovo ha appena ricordato la scelta che la Chiesa di Piazza Armerina sta compiendo con gioiosa speranza, in mezzo alle diverse problematiche che limitano la serenità di questo territorio.
Non sono poche le piaghe che vi affliggono. Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari. E di fronte a tanta sofferenza, la comunità ecclesiale può apparire, a volte, spaesata e stanca; a volte invece, grazie a Dio, è vivace e profetica, mentre ricerca nuovi modi di annunciare e offrire misericordia soprattutto ai fratelli caduti nella disaffezione, nella diffidenza, nella crisi della fede. Perché è vero: non è facile portare avanti la fede tra tante problematiche. Non è facile, io lo capisco. Considerare le piaghe della società e della Chiesa non è un’azione denigratoria e pessimistica. Se vogliamo dare concretezza alla nostra fede, dobbiamo imparare a riconoscere in queste sofferenze umane le stesse piaghe del Signore. Guardarle, toccarle (cfr Gv 20,27). Toccare le piaghe del Signore nelle nostre piaghe, nelle piaghe della nostra società, delle nostre famiglie, della nostra gente, dei nostri amici. Toccare le piaghe del Signore lì. E questo significa per noi cristiani assumere la storia e la carne di Cristo come luogo di salvezza e liberazione.
Vi esorto, pertanto, a impegnarvi per la nuova evangelizzazione di questo territorio centro-siculo, a partire proprio dalle sue croci e sofferenze. Dopo aver concluso il bicentenario della vostra Diocesi, vi attende una missione avvincente, per riproporre il volto di una Chiesa sinodale e della Parola; Chiesa della carità missionaria; Chiesa comunità eucaristica. La prospettiva di una Chiesa sinodale e della Parola richiede il coraggio dell’ascolto reciproco, ma soprattutto l’ascolto della Parola del Signore. Per favore, non anteponete nulla al centro essenziale della comunione cristiana, che è la Parola di Dio, ma fatela vostra specialmente mediante la lectio divina, momento mirabile di incontro cuore a cuore con Gesù, di sosta ai piedi del divino Maestro. Parola di Dio e comunione sinodale sono la mano tesa a quanti vivono tra speranze e delusioni e invocano una Chiesa misericordiosa, sempre più fedele al Vangelo e aperta all’accoglienza di quanti si sentono sconfitti nel corpo e nello spirito, o sono relegati ai margini. Per realizzare questa missione, è necessario rifarsi sempre allo spirito della prima comunità cristiana che, animata del fuoco della Pentecoste, ha testimoniato con coraggio Gesù Risorto.
Entrate con fiducia, cari fratelli e sorelle, nel tempo del discernimento e delle scelte feconde, utili per la vostra felicità e per lo sviluppo armonioso. Ma per andare avanti in questo, voi dovete essere abituati alla Parola di Dio: leggere il Vangelo, tutti i giorni, un piccolo passo del Vangelo. Non prende più di cinque minuti. Forse un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa… Prenderlo, guardare, e leggere. E così, tutti i giorni, come goccia a goccia, il Vangelo entrerà nel nostro cuore e ci farà più discepoli di Gesù e più forti per uscire, aiutare tutte le problematiche della nostra città, della nostra società, della nostra Chiesa. Fatelo, fatelo.
Chiedo al Vescovo che faciliti la possibilità di avere un piccolo Vangelo per tutti quelli che lo chiedono, per portarlo con sé. La lettura della Parola di Dio vi farà forti. Per essere Chiesa della carità missionaria, occorre prestare attenzione al servizio della carità che oggi è richiesto dalle circostanze concrete. I sacerdoti, i diaconi, i consacrati e i fedeli laici sono chiamati a sentire compassione evangelica – questa parola è chiara, è quello che sentiva Gesù: compassione evangelica – per i tanti mali della gente, diventando apostoli itineranti di misericordia nel territorio, ad imitazione di Dio che «è tenerezza e vuole condurci a un’itineranza costante e rinnovatrice» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 134). Con semplicità andate per i vicoli, i crocicchi, le piazze e i luoghi di vita feriale, e portate a tutti la buona notizia che è possibile una convivenza giusta fra noi, piacevole e amabile, e che la vita non è oscura maledizione da sopportare fatalisticamente, ma fiducia nella bontà di Dio e nella carità dei fratelli. È importante favorire nelle parrocchie e nelle comunità la carità evangelica, la solidarietà e la sollecitudine fraterna, rifuggendo la tentazione mondana del quieto vivere, del passarsela bene, senza preoccuparsi dei bisogni altrui.
Vi incoraggio a proseguire nel vostro servizio ecclesiale che si esprime in opere concrete: centri di ascolto Caritas, mense e rifugi per i fratelli più sfortunati, strutture per ospitare Gesù profugo e spaesato e case d’amore per gli anziani spesso soli e scoraggiati. Per favore, non lasciate soli gli anziani! I nostri nonni. Loro sono la nostra identità, sono le nostre radici, e noi non vogliamo essere un popolo sradicato! Le nostre radici sono nei vecchi. Avanti! Prendersi cura degli anziani, dei vecchi. Prendersi cura dei nonni. E che i giovani parlino con i nonni, così prenderanno le radici. Non dimenticate che la carità cristiana non si accontenta di assistere; non scade in filantropia – due cose diverse: carità cristiana e filantropia – , ma spinge il discepolo e l’intera comunità ad andare alle cause dei disagi e tentare di rimuoverle, per quanto è possibile, insieme con gli stessi fratelli bisognosi, integrandoli nel nostro lavoro.
Un aspetto della carità missionaria è anche quello di dedicare attenzione ai giovani e ai loro problemi. Vedo qui numerosi ragazzi e giovani, che colorano di speranza e di allegria l’assemblea. Cari amici, voi giovani, ragazzi e ragazze, vi saluto tutti e vi incoraggio ad essere gioiosi artefici del vostro destino. Guardare sempre avanti, senza dimenticare le radici. Sappiate che Gesù vi ama: Egli è un amico sincero e fedele, che non vi abbandonerà mai; di Lui potete fidarvi! Nei momenti del dubbio – tutti abbiamo avuto da giovani momenti brutti, di dubbio –, nei momenti di difficoltà, potete contare sull’aiuto di Gesù, soprattutto per alimentare i vostri grandi ideali. E nella misura in cui ognuno può, è bene anche che si fidi della Chiesa, chiamata a intercettare i vostri bisogni di autenticità e ad offrirvi un ambiente alternativo a quello che vi affatica ogni giorno, dove poter ritrovare il gusto della preghiera, dell’unione con Dio, del silenzio che porta il cuore verso le profondità del vostro essere e della santità. Tante volte ho sentito qualche giovane che diceva: “Io sì, di Dio mi fido, ma della Chiesa no” – Ma perché? – “Perché sono un mangiapreti”. Ah, tu sei un mangiapreti, allora avvicinati al prete e digli: “Io di te non mi fido per questo, per questo e per questo”. Avvicinati! Avvicinati anche al Vescovo, e digli in faccia: “Io della Chiesa non mi fido per questo, per questo e per questo”.
Questa è gioventù coraggiosa! Ma con la voglia di ascoltare la risposta. Forse quel giorno il prete avrà il mal di fegato e ti caccerà via, ma sarà solo per quella volta, sempre ti dirà qualcosa. Ascoltare! Ascoltare! E voi, sacerdoti, abbiate pazienza, pazienza costruttiva per ascoltare i giovani, perché sempre, nell’inquietudine dei giovani, ci sono dei semi del futuro. E tu devi prenderli, e aiutare i giovani ad andare avanti. Ci vuole dialogo.
Il terzo elemento che vi indico è quello della Chiesa comunità eucaristica. Da lì, dall’Eucaristia attingiamo l’amore di Cristo per portarlo nelle strade del mondo, per andare con Lui incontro ai fratelli. Con Gesù, con Lui – questo è il segreto – si può consacrare a Dio ogni realtà, far sì che il suo Volto si imprima nei volti, il suo amore colmi i vuoti di amore. Per quanto riguarda la partecipazione alla Santa Messa, specialmente a quella domenicale, è importante non essere ossessionati dai numeri: vi esorto a vivere la beatitudine della piccolezza, dell’essere granellino di senape, piccolo gregge, pugno di lievito, fiammella tenace, pietruzza di sale. Quante volte ho sentito: “Ah io, padre, io prego, però non vado a Messa, non ci vado” – Ma perché? “Perché la predica mi annoia, dura quaranta minuti!”. No, quaranta minuti deve durare tutta la Messa. Ma la predica più di otto minuti non va. L’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale sono inseparabili: il prete è l’uomo dell’Eucaristia. Rivolgo un pensiero particolare ai presbiteri, bravi fratelli, e li esorto a stringersi attorno al Vescovo e fra di loro per portare a tutti il Signore.
Cari sacerdoti, quanto è necessario costruire con pazienza la gioia della famiglia presbiterale, amandosi e sostenendosi a vicenda! È bello lavorare insieme, considerando i confratelli “superiori a voi stessi” (cfr Fil 2,3). In mezzo al popolo di Dio a voi affidato, siete chiamati ad essere i primi a superare gli steccati, i pregiudizi che dividono; i primi a sostare in contemplazione umile davanti alla difficile storia di questa terra, con la sapiente carità pastorale che è dono dello Spirito; i primi a indicare sentieri attraverso i quali la gente può andare verso spazi aperti di riscatto e libertà vera. Consolati da Dio, voi potrete essere consolatori, asciugare lacrime, guarire ferite, ricostruire vite, vite infrante che si consegnano fiduciosamente al vostro ministero (cfr At 5,14-16). A voi sacerdoti, mi permetto di dare una ricetta, non so se servirà: come finisco la giornata? Per dormire ho bisogno di prendere le pastiglie? Allora qualcosa non è andato bene. Ma se finisco la giornata stanco, stanchissimo, le cose vanno bene. Questo è un punto importante.
Cari fratelli e sorelle, sarebbe bello stare insieme ancora un po’! Sento il calore della vostra fede e le speranze che portate nel cuore, ma sono atteso a Palermo, dove faremo memoria grata del sacerdote martire Pino Puglisi. Ho saputo che, venticinque anni fa, appena un mese prima della sua uccisione, egli trascorse alcuni giorni qui, a Piazza Armerina. Era venuto per incontrare i seminaristi, suoi alunni al Seminario maggiore di Palermo. Un passaggio profetico, io credo! Una consegna, non solo ai sacerdoti, ma a tutti i fedeli di questa diocesi: per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine! Vi affido tutti alla Vergine Maria, che venerate come Madonna delle Vittorie. In silenzio, adesso in silenzio preghiamola: “Ave o Maria…”. Lei vi sostenga nel combattimento spirituale e vi orienti con decisione verso la vittoria della Risurrezione. Vi benedico tutti di cuore e vi chiedo per favore di pregare per me. Buona giornata a tutti! Adesso vi darò la benedizione, ma prepariamo il cuore per riceverla. Ognuno pensi ai suoi cari, perché questa benedizione scenda sui cari. Pensi ai suoi amici. E pensi anche ai nemici, alle persone a cui io non voglio bene, e che non mi vogliono bene. Aprire il cuore a tutti, perché questa benedizione scenda su tutti.
[Benedizione]

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ZENIT Staff

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