Ieri [26 agosto 2018], durante il volo che da Dublino lo riportava a Roma, al termine del Viaggio Apostolico in Irlanda, in occasione del IX Incontro Mondiale delle Famiglie, il Santo Padre Francesco ha incontrato i giornalisti a bordo dell’aereo in una conferenza stampa, la cui trascrizione riportiamo di seguito:
Greg Burke: Buona sera, Santo Padre!
Papa Francesco: Buonasera!
Greg Burke: Grazie per questo tempo che ci dedica, dopo due giorni così intensi. Certamente ci sono stati momenti difficili in Irlanda – c’è sempre la questione degli abusi – però anche momenti molto belli: la festa delle famiglie, le testimonianze delle famiglie, l’incontro con le giovani coppie e anche la visita ai Cappuccini, che aiutano tanto i poveri. Passiamo la parola ai giornalisti, a incominciare dagli irlandesi… Ma forse Lei vuole dire qualcosa prima…
Papa Francesco: Ringraziare, perché se io mi sono stancato, penso a voi, che avete lavoro, lavoro, lavoro… Vi ringrazio tanto per il vostro sforzo, per il vostro lavoro. Grazie tante.
Greg Burke: La prima domanda, come di solito, viene da un giornalista del Paese, che è Tony Connelly, di RTÉ – Radio Tv irlandese.
Tony Connelly, RTÉ (Radio Tv Irlanda): Santità, sabato ha parlato dell’incontro che ha avuto con il Ministro per l’infanzia; ha detto di quanto l’abbia toccato quanto la Signora Le ha detto sulle case per le mamme e i bambini. Cosa esattamente Le ha detto? E Lei è rimasto tanto colpito perché è stata per Lei la prima volta in cui ha sentito parlare di queste case?
Papa Francesco: La Ministra mi ha detto prima una cosa che non toccava tanto madri e figli; mi ha detto – ma è stata breve – “Santo Padre, noi abbiamo trovato fosse comuni di bambini, bambini sotterrati. Stiamo facendo indagini. La Chiesa ha qualcosa a che vedere in tutto questo?”, ma lo ha detto con molta educazione, davvero, e con molto rispetto.
Io l’ho ringraziata, mi ha toccato il cuore questo, a tal punto che ho voluto ripeterlo nel discorso. Non era all’aeroporto – mi sono sbagliato – era nell’incontro con il Presidente. All’aeroporto c’era un’altra Signora – Ministra, credo – e mi sono confuso. Ma lei mi ha detto: “Poi Le invierò un memo”. Mi ha inviato il memo, non ho potuto leggerlo. Ho visto che mi aveva inviato un memo. È stata molto equilibrata nel dirmi: c’è un problema, ancora non è stata finita l’indagine, ma mi ha fatto sentire anche che la Chiesa aveva qualcosa a che fare, in quella cosa.
Secondo me, questo è stato un esempio di collaborazione costruttiva, prima che… non voglio dire la parola “protesta”, ma di lamento, di lamento per quello che in un tempo passato forse la Chiesa aveva favorito. Quella Signora era di una dignità che mi ha toccato il cuore. E adesso ho quel memo, che studierò quando torno a casa. Grazie a lei.
Greg Burke: Adesso, un altro irlandese che è Paddy Agnew, del “Sunday Independent”, residente a Roma però giornalista irlandese.
Papa Francesco: Non è l’unico irlandese a Roma!
Paddy Agnew, “Sunday Independent”: Santo Padre, grazie e buona sera. Ieri, Marie Collins, la vittima Marie Collins che Lei conosce bene, ha riferito che Lei non è favorevole all’istituzione di nuovi tribunali di inchiesta vaticani sul problema degli abusi sessuali, e in particolare dei cosiddetti tribunali d’inchiesta sui vescovi, sull’assunzione di responsabilità da parte dei vescovi (bishop accountability). Perché ritiene che questi non siano necessari?
Papa Francesco: No, no, non è così. Non è così. Marie Collins è un po’ fissata sull’idea… – io stimo tanto Marie Collins, alle volte la chiamiamo in Vaticano perché tenga conferenze –, lei è rimasta fissata sull’idea di quello scritto “Come una madre amorevole”, nel quale si diceva che per giudicare i vescovi sarebbe bene fare un tribunale speciale. Poi si è visto che questo non era praticabile e non era neanche conveniente per le diverse culture dei vescovi che devono essere giudicati.
Si prende la raccomandazione di “Madre amorevole” e si fa la giuria per ogni vescovo, ma non è la stessa. Questo vescovo va giudicato e il Papa fa una giuria che sia più capace di prendere quel caso. E’ una cosa che funziona meglio, anche perché, per un gruppo di vescovi, lasciare la diocesi per questo non è possibile. Così i tribunali, le giurie cambiano. E così abbiamo fatto fino adesso.
Sono stati giudicati parecchi vescovi: l’ultimo è quello di Guam, l’arcivescovo di Guam, che è ricorso in appello e io ho deciso – perché era un caso molto, molto complesso – di usare un diritto che ho io, di prendere su di me l’appello e non mandarlo al tribunale d’appello che fa il suo lavoro con tutti i preti, ma l’ho preso su di me. Ho fatto una commissione di canonisti che mi aiuti e mi hanno detto che, in breve, un mese al massimo, sarà fatta la “raccomandazione” perché io faccia il giudizio.
E’ un caso complicato, da una parte, ma non difficile, perché le evidenze sono chiarissime; dal lato delle evidenze, sono chiare. Ma non posso pre-giudicare. Aspetto il rapporto e poi giudicherò. Dico che le evidenze sono chiare perché sono quelle che hanno portato il primo tribunale alla condanna. Questo è stato l’ultimo caso. Adesso ce n’è un altro in corso, vediamo come finirà. Ma è chiaro, io ho detto a Marie: lo spirito e anche la raccomandazione di “Come una madre amorevole” si attua: un vescovo va giudicato da un tribunale, ma non è sempre lo stesso tribunale, perché non è possibile. Lei [Marie Collins] non ha capito bene questo, ma quando la vedrò – perché lei viene a volte in Vaticano, la chiamiamo – le spiegherò più chiaramente. Io le voglio bene.
Greg Burke: Adesso il gruppo italiano, Santo Padre: c’è Stefania Falasca, di “Avvenire”.
Stefania Falasca, “Avvenire”: Buona sera, Santo Padre. Lei ha detto, anche oggi, che è sempre una sfida quella di accogliere il migrante e lo straniero. Proprio ieri si è risolta una vicenda dolorosa, quella della nave “Diciotti”. C’è il Suo “zampino” dietro questa soluzione? C’è il suo coinvolgimento, il suo interessamento?
Papa Francesco: Lo zampino è del diavolo, non il mio! [ridono] Lo zampino è del diavolo…
Stefania Falasca: E poi, in tanti vedono un ricatto all’Europa sulla pelle di questa gente. Lei che ne pensa?
Papa Francesco: Accogliere i migranti è una cosa antica come la Bibbia. Nel Deuteronomio, nei comandamenti Dio comanda questo: accogliere il migrante, “lo straniero”. È una cosa antica, che è nello spirito della rivelazione divina e anche nello spirito del cristianesimo. È un principio morale. Su questo ho parlato, e poi ho visto che dovevo esplicitare un po’ di più, perché non si tratta di accogliere “alla belle étoile”, no, ma un accogliere ragionevole. E questo vale in tutta l’Europa.
Quando mi sono accorto di come dev’essere questo atteggiamento ragionevole? Quando c’è stato l’attentato a Zaventem [Belgio]: i ragazzi, i guerriglieri che hanno fatto l’attentato a Zaventem erano belgi, ma figli di immigrati non integrati, ghettizzati. Cioè, erano stati accolti dal Paese ma lasciati lì, e hanno fatto un ghetto: non sono stati integrati. Per questo ho sottolineato questo, è importante. Poi, ho ricordato, quando sono andato in Svezia – e Franca [Giansoldati] in un articolo ha fatto menzione di questo e di come io ho esplicitato questo pensiero –, quando sono andato in Svezia ho parlato dell’integrazione, e lo sapevo perché durante la dittatura, in Argentina, dal 1976 al 1983, tanti, tanti argentini e anche uruguayani sono fuggiti in Svezia. E lì, subito il governo li prendeva, faceva loro studiare la lingua e dava loro lavoro, li integrava. Al punto che – e questo è un aneddoto interessante – la Signora Ministro che è venuta a congedarmi all’aeroporto di Lund era figlia di una svedese e di un migrante africano; ma questo migrante africano si è integrato al punto che sua figlia è diventata Ministra nel Paese. La Svezia è stata un modello. Ma, in quel momento, la Svezia incominciava ad avere difficoltà: non perché non avesse buona volontà, ma perché non aveva le possibilità di integrazione. Questo è stato il motivo per cui la Svezia si è fermata un po’, ha fatto questo passo. Integrazione.
E poi, ho parlato qui, in una conferenza stampa fra voi, della virtù della prudenza che è la virtù del governante, e ho parlato della prudenza dei popoli sul numero o sulle possibilità: un popolo che può accogliere ma non ha possibilità di integrare, meglio non accolga. Lì c’è il problema della prudenza. E credo che proprio questa sia la nota dolente del dialogo oggi nell’Unione Europea. Si deve continuare a parlare: le soluzioni si trovano… Cosa è successo con la “Diciotti”? Io non ho messo lo zampino. Quello che ha fatto il lavoro con il Ministro dell’Interno è stato padre Aldo, il bravo padre Aldo, che è quello che segue l’Opera di Don Benzi, che gli italiani conoscono bene, che lavorano per la liberazione delle prostitute, quelle che sono sfruttate e tante cose… Ed è entrata anche la Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Bassetti, che era qui, ma al telefono seguiva tutta la mediazione, e uno dei due sottosegretari, Mons. Maffeis, negoziava con il Ministro. E credo che sia entrata l’Albania… Hanno preso un certo numero di migranti l’Albania, l’Irlanda e il Montenegro, credo, non sono sicuro. Gli altri li ha presi in carico la Conferenza Episcopale, non so se sotto “l’ombrello” del Vaticano o no… non so come sia stata negoziata la cosa; ma vanno al Centro “Mondo migliore”, a Rocca di Papa, saranno accolti lì. Il numero credo che sia più di cento. E lì incominceranno a imparare la lingua e a fare quel lavoro che si è fatto con i migranti integrati. Io ho avuto un’esperienza molto gratificante.
Quando sono andato all’Università Roma III c’erano gli studenti che volevano farmi domande e ho visto una studentessa… “Io questa faccia la conosco”: era una che era venuta con me fra i tredici che avevo portato da Lesbo. Quella ragazza era all’università! Perché? Perché la Comunità di Sant’Egidio, dal giorno dopo il suo arrivo, l’ha portata a scuola, a studiare: vai, vai… E l’ha integrata a livello universitario. Questo è il lavoro con i migranti. C’è l’apertura del cuore per tutti, soffrire; poi, l’integrazione come condizione per accogliere; e poi la prudenza dei governanti per fare questo. Io ho visto, ne ho un filmato clandestino, cosa succede a coloro che sono mandati indietro e sono ripresi dai trafficanti: è orribile, le cose che fanno agli uomini, alle donne e ai bambini…, li vendono, ma agli uomini fanno le torture più sofisticate. C’era uno lì che è stato capace, una spia, di fare quel filmato, che ho inviato ai miei due sottosegretari delle migrazioni. Per questo, a mandarli indietro ci si deve pensare bene, bene, bene…
E poi, un’ultima cosa. Ci sono questi migranti che vengono; ma ci sono altri che vengono ingannati, a Fiumicino, vengono ingannati: “No, ti diamo il lavoro…”. Fanno avere loro le carte, a tutti, e finiscono sul marciapiede schiavizzati, sotto minaccia dei trafficanti di donne… Questo è.
Greg Burke: Grazie, Santo Padre. La prossima domanda è del gruppo anglofono: Anna Matranga, della televisione americana NBC.
Anna Matranga, NBC: Buona sera, Santo Padre! Ritornerò sull’argomento “abusi”, di cui ha già parlato. Questa mattina molto presto è uscito un documento dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, in cui lui dice che nel 2013 ha avuto un colloquio personale con Lei in Vaticano e che in questo colloquio lui avrebbe parlato con Lei esplicitamente del comportamento e degli abusi sessuali dell’ex cardinale McCarrick. Volevo chiederLe se questo era vero. E volevo anche chiedere un’altra cosa: l’arcivescovo ha anche detto che Papa Benedetto aveva sanzionato McCarrick, che gli aveva detto che non poteva vivere in seminario, non poteva celebrare Messe in pubblico, non poteva viaggiare; era sanzionato dalla Chiesa. Le posso chiedere se queste due cose sono vere?
Papa Francesco: Una cosa: io preferirei – anche se risponderò alla sua domanda – preferirei che prima parlassimo del viaggio e poi di altri argomenti… ma rispondo. Ho letto, questa mattina, quel comunicato. L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, a Lei e a tutti coloro tra voi che sono interessati: leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. È un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così.
Anna Matranga: Marie Collins ha detto, dopo averLa incontrata durante l’incontro con le vittime, che ha parlato direttamente con Lei proprio dell’ex cardinale McCarrick; ha detto che Lei è stato molto duro nella sua condanna di McCarrick. Le volevo chiedere: quando è stata la prima volta che Lei ha sentito parlare degli abusi che aveva commesso l’ex cardinale?
Papa Francesco: Questo fa parte del comunicato su McCarrick: studiate e poi dirò. Ma siccome io ieri non l’avevo letto, mi sono permesso di parlare chiaro con Marie Collins e il gruppo [delle vittime], nell’incontro che è durato davvero un’ora e mezza, una cosa che mi ha fatto soffrire tanto. Ma credo che fosse necessario fare questo ascolto di quelle otto persone; e da questa riunione è uscita la proposta – che ho fatte io, e loro l’hanno accettata e mi hanno aiutato a realizzarla – di chiedere perdono oggi nella Messa, ma su cose concrete.
Per esempio, l’ultima, che io mai avevo sentito: quelle mamme… – si chiamava il “lavaggio delle donne” – quando una donna rimaneva incinta senza matrimonio, andava in un ospedale o non so come si chiamava, istituto…, ma erano le suore che lo reggevano, e poi davano il bambino in adozione alla gente. E c’erano figli, a quel tempo, che cercavano di trovare le mamme, se erano vive, non sapevano…, e dicevano loro che era peccato mortale fare questo; e anche alle mamme che cercavano i figli, dicevano che era peccato mortale.
Per questo ho finito oggi dicendo che questo non è peccato mortale, ma è il quarto comandamento. E le cose che oggi ho detto, alcune non le sapevo, ed è stato per me doloroso, ma anche con la consolazione di poter aiutare a chiarire queste cose. E aspetto il suo commento su quel documento, mi piacerebbe! Grazie.
Greg Burke: Grazie, Santo Padre. Adesso Cecile Chambraud di “Le Monde”.
Cecile Chambraud, “Le Monde”: Buona sera, Santo Padre. Spero non Le dispiaccia se faccio la mia domanda in spagnolo e La prego però di rispondere in italiano per tutti i colleghi. Nel suo discorso alle Autorità irlandesi, Lei si è riferito alla Sua recente Lettera al Popolo di Dio. In quella Lettera, Lei chiama tutti i cattolici a partecipare alla lotta contro gli abusi nella Chiesa. Può spiegarci che cosa concretamente i cattolici possono fare, ciascuno nella propria posizione, per lottare contro gli abusi?
E a questo proposito, in Francia, un sacerdote ha iniziato una petizione chiedendo le dimissioni del Cardinale Barbarin, accusato da vittime. Le sembra adeguata questa iniziativa o no?
[En su discurso a las Autoridades de Irlanda, usted se refirió a su reciente Carta al Pueblo de Dios. En aquella Carta, usted llama a todos los católicos a tomar parte en la lucha contra los abusos en la Iglesia. ¿Puede detallarnos lo que concretamente los católicos pueden hacer cada uno en su sitio para luchar contra los abusos? Y en este tema, en Francia, un sacerdote ha iniciado una petición llamando a que renuncie el Card. Barbarin, acusado por víctimas ¿Le parece adecuada esta iniciativa, o no?]
Papa Francesco: Se ci sono sospetti o prove o mezze prove, non vedo niente di cattivo nel fare un’indagine, sempre che si faccia sul principio giuridico fondamentale: Nemo malus nisi probetur, nessuno è cattivo se non lo si prova. E tante volte c’è la tentazione non solo di fare l’indagine, ma di pubblicare che è stata fatta l’indagine e perché è colpevole…, e così alcuni media – non i vostri, non so – incominciano a creare un clima di colpevolezza.
E mi permetto di dire una cosa che è successa in questi tempi, che potrà aiutare in questo, perché per me è importante come si procede e come i media possono aiutare. Tra anni fa, più o meno, è incominciato a Granada il problema dei cosiddetti preti pedofili, un gruppetto di sette-otto-dieci preti, che sono stati accusati di abuso di minori e anche di fare feste, orge e queste cose. L’accusa l’ho ricevuta io, direttamente: una lettera fatta da un giovane ventitreenne; secondo lui era stato abusato, dava nomi e tutto. Un giovane che lavorava in un collegio religioso di Granada, di molto prestigio; la lettera, perfetta… E mi chiedeva cosa fare per denunciare questo. Io ho detto: “Vai dall’Arcivescovo, l’Arcivescovo sa cosa tu devi fare”. L’Arcivescovo ha fatto tutto quello che doveva fare, la cosa è arrivata anche al tribunale civile. Ci sono stati i due processi. I media del posto hanno incominciato a parlare, a parlare… Tre giorni dopo, tutto scritto nella parrocchia, “preti pedofili” e cose del genere, e così si è creata la coscienza che questi preti fossero criminali. Sette sono stati interrogati, e non si è trovato nulla; su tre è andata avanti l’indagine, sono rimasti in carcere per cinque giorni, due, e uno – padre Roman, che era il parroco – per sette giorni.
Durante quasi altri tre anni hanno sofferto l’odio, gli schiaffi di tutto il popolo: criminalizzati, non potevano uscire fuori, e hanno sofferto umiliazioni fatte dalla giuria per comprovare le accuse del ragazzo, che io non oso ripetere qui. Dopo tre anni e più, la giuria dichiara innocenti i preti, innocenti tutti, ma soprattutto questi tre: gli altri già erano fuori causa, e colpevole il denunciante. Perché avevano visto che quel giovane era fantasioso, ma era una persona molto intelligente e lavorava anche in un collegio cattolico e aveva questo prestigio, che dava l’impressione di dire la verità. È stato condannato, lui, a pagare le spese e tutte queste cose, e loro innocenti. Questi uomini sono stati condannati dai media del posto prima della giustizia. E per questo, il lavoro vostro è molto delicato: voi dovete accompagnare, voi dovete dire le cose ma sempre con questa presunzione legale di innocenza, e non la presunzione legale di colpevolezza! E c’è differenza tra l’informatore che informa su un caso ma non si gioca per una previa condanna, e l’investigatore, che fa lo “Sherlock Holmes”, che va con la presunzione di colpevolezza. Quando noi leggiamo la tecnica di Hercule Poirot: per lui, tutti erano colpevoli. Ma questo è il mestiere dell’investigatore.
Sono due posizioni diverse. Ma quelli che informano devono sempre partire dalla presunzione di innocenza, dicendo le proprie impressioni, i dubbi…, ma senza dare condanne. Questo caso successo a Granada per me è un esempio che farà a bene a tutti noi, nel nostro [rispettivo] mestiere.
Greg Burke: Nella prima parte [della domanda precedente] aveva chiesto cosa potesse fare il popolo di Dio nella questione…
Papa Francesco: Ah sì, sì. Quando si vede qualcosa, parlare subito. Io dirò un’altra cosa un po’ brutta. A volte, sono i genitori a coprire un abuso di un prete. Tante volte. Si vede nelle sentenze. [Dicono:] “Ma, no …”. Non credono, oppure si convincono che non sia vero, e il ragazzo o la ragazza rimane così. Io ho per metodo di ricevere ogni settimana una o due persone, ma non è matematico; e ho ricevuto una persona, una signora, che da 40 anni soffriva questa piaga del silenzio, perché i genitori non le avevano creduto. È stata abusata a otto anni. Parlare, questo è importante. È vero che per una madre, vedere questo…, sarebbe meglio che non fosse vero, e allora pensa che il figlio forse ha delle fantasie… [Ma bisogna] parlare. E parlare con le persone giuste, parlare con coloro che possono iniziare un giudizio, almeno l’investigazione previa. Parlare con il giudice o con il vescovo, o se il parroco è bravo parlare con il parroco.
Questa è la prima cosa che può fare il popolo di Dio. Queste cose non vanno coperte, non vanno coperte. Mi diceva una psichiatra tempo fa – ma questo non voglio che sia un’offesa alle donne – che per il senso di maternità, le donne sono più inclini a coprire le cose del figlio che gli uomini. Ma non so se sia vero o no… Ma questo è: parlare. Grazie.
Greg Burke: Del gruppo spagnolo c’è Javier Romero, di “Rome Reports TV”.
Javier Romero: Santità, mi scusi, vorrei farLe due domande. La prima è che il Primo Ministro dell’Irlanda, che è stato molto diretto nel suo discorso, è orgoglioso di un nuovo modello di famiglia diverso da quello che tradizionalmente propone la Chiesa fino adesso: parlo del matrimonio omosessuale. E questo è forse uno dei modelli che genera più scontri, nel caso specialmente di una famiglia cattolica, quando c’è una persona di questa famiglia che dichiara di essere omosessuale. Santità, la prima domanda che vorrei farLe è: che cosa pensa Lei, che cosa vorrebbe dire Lei a un papà, a un padre, al quale il figlio dice che è omosessuale e che vuole andare a convivere con il suo compagno. Questa è la prima domanda. E la seconda, che appunto, anche Lei nel discorso con il primo ministro ha parlato pure dell’aborto; abbiamo visto come l’Irlanda è cambiata tanto negli ultimi anni e sembrava che il Ministro fosse, appunto, soddisfatto di questi cambiamenti: uno di questi cambiamenti è stato proprio l’aborto. Noi abbiamo visto che negli ultimi mesi, negli ultimi anni la questione dell’aborto è venuta fuori in tanti Paesi, tra l’altro in Argentina, il Suo Paese. Lei come si sente quando vede che, appunto, questo è un argomento di cui Lei parla spesso e ci sono tanti Paesi in cui è messo…
Papa Francesco: Va bene. Incomincio dal secondo, ma sono due punti – grazie di questo – perché sono legati alle questioni delle quali stiamo parlando. Sull’aborto, voi sapete come la pensa la Chiesa. Il problema dell’aborto non è un problema religioso: noi non siamo contro l’aborto per la religione. No. E’ un problema umano, e va studiato dall’antropologia. Studiare l’aborto incominciando dal fatto religioso, è scavalcare il pensiero. Il problema dell’aborto va studiato dall’antropologia. E sempre c’è la questione antropologica sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema. Ma questa già è la discussione.
Soltanto voglio sottolineare questo: io non permetto mai che si incominci a discutere il problema dell’aborto dal fatto religioso. No. È un problema antropologico, è un problema umano. Questo è il mio pensiero.
Secondo. Sempre ci sono stati gli omosessuali e le persone con tendenze omosessuali. Sempre. Dicono i sociologi, ma non so se sia vero, che nei tempi di cambiamenti d’epoca crescono alcuni fenomeni sociali ed etici, e uno di questi sarebbe questo. Questa è l’opinione di alcuni sociologi. La tua domanda è chiara: cosa direi io a un papà che vede che suo figlio o sua figlia ha quella tendenza. Io gli direi anzitutto di pregare: prega. Non condannare, dialogare, capire, fare spazio al figlio o alla figlia. Fare spazio perché si esprima. Poi, in quale età si manifesta questa inquietudine del figlio? E’ importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino, quando ci sono tante cose che si possono fare, per vedere come sono le cose; un’altra cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere.
Ma io mai dirò che il silenzio è il rimedio: ignorare il figlio o la figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità e maternità. Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, così come sei; io sono tuo padre e tua madre, parliamo. E se voi, padre e madre, non ve la cavate, chiedete aiuto, ma sempre nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia e la famiglia è questa che c’è: non cacciarlo via dalla famiglia. Questa è una sfida seria alla paternità e alla maternità. Ti ringrazio per la domanda, grazie.
Greg Burke: Grazie a Lei, Santo Padre.
Papa Francesco: E poi, io vorrei dire una cosa per gli irlandesi che sono qui: io ho trovato tanta fede, in Irlanda. Tanta fede. È vero, il popolo irlandese ha sofferto tanto per gli scandali. Ma c’è fede, in Irlanda, e forte. E inoltre il popolo irlandese sa distinguere, e cito quello che oggi ho sentito da un prelato: “Il popolo irlandese sa distinguere bene tra le verità e le mezze verità: è una cosa che ha dentro”. È vero che è in un processo di elaborazione, di guarigione da questo scandalo; è vero che alcuni si aprono a posizioni che sembrano allontanarsi dalla fede. Ma il popolo irlandese ha una fede radicata e forte. Lo voglio dire perché è quello che ho visto, ho sentito e su cui in questi due giorni mi sono informato. Grazie per il vostro lavoro, grazie tante! E pregate per me, per favore.
Greg Burke: Grazie a Lei. Buona cena e buon riposo.
Viaggio Apostolico in Irlanda (2018) - Foto © Vatican Media
Papa Francesco: "Io ho trovato tanta fede, in Irlanda"
Conferenza Stampa nel volo di ritorno dal Viaggio Apostolico in Irlanda, in occasione del IX Incontro Mondiale delle Famiglie (25-26 agosto 2018)