Udienza alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede - Foto @ Vatican Media

La nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo un autentico sviluppo della dottrina

Lettera ai Vescovi circa la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede

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1. Il Santo Padre Francesco, nel Discorso in occasione del venticinquesimo anniversario della pubblicazione della Costituzione Apostolica Fidei depositum, con la quale Giovanni Paolo II promulgava il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha chiesto che fosse riformulato l’insegnamento sulla pena di morte, in modo da raccogliere meglio lo sviluppo della dottrina avvenuto su questo punto negli ultimi tempi.[1] Questo sviluppo poggia principalmente sulla coscienza sempre più chiara nella Chiesa del rispetto dovuto ad ogni vita umana. In questa linea affermava Giovanni Paolo II: «Neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante».[2] 2. In tale luce va compreso l’atteggiamento verso la pena di morte che si è affermato sempre più largamente nell’insegnamento dei pastori e nella sensibilità del popolo di Dio. Se, infatti, la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione.
3. In questo sviluppo è di grande importanza l’insegnamento della Lettera enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Il Santo Padre annoverava tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita «la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi».[3] L’insegnamento di Evangelium vitae è stato raccolto poi nell’editio typica del Catechismo della Chiesa Cattolica. In esso, la pena di morte non si presenta come una pena proporzionata alla gravità del delitto, ma si giustifica solo se fosse «l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani», anche se di fatto «i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura inesistenti» (n. 2267).
4. Giovanni Paolo II è intervenuto anche in altre occasioni contro la pena di morte, appellandosi sia al rispetto della dignità della persona sia ai mezzi che possiede la società odierna per difendersi dal criminale. Così, nel Messaggio natalizio del 1998, egli auspicava «nel mondo il consenso nei confronti di misure urgenti ed adeguate … per bandire la pena di morte».[4] Il mese successivo, negli Stati Uniti, egli ripeteva: «Un segno di speranza è costituito dal crescente riconoscimento che la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del male. La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi senza negare in modo definitivo ai criminali la possibilità di ravvedersi. Rinnovo l’appello lanciato a Natale, affinché si decida di abolire la pena di morte, che è crudele e inutile».[5] 5. La spinta ad impegnarsi per l’abolizione della pena di morte è continuata con i Pontefici successivi. Benedetto XVI richiamava «l’attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all’eliminazione della pena capitale».[6] E successivamente auspicava ad un gruppo di fedeli che «le vostre deliberazioni possano incoraggiare le iniziative politiche e legislative, promosse in un numero crescente di Paesi, per eliminare la pena di morte e continuare i progressi sostanziali realizzati per adeguare il diritto penale sia alle esigenze della dignità umana dei prigionieri che all’effettivo mantenimento dell’ordine pubblico».[7] 6. In questa stessa prospettiva Papa Francesco ha ribadito che «oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato».[8] La pena di morte, quali che siano le modalità dell’esecuzione, «implica un trattamento crudele, disumano e degradante».[9] Va inoltre rifiutata «a motivo della difettosa selettività del sistema penale e di fronte alla possibilità dell’errore giudiziario».[10] È in questa luce che Papa Francesco ha chiesto una revisione della formulazione del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte, in modo che si affermi che «per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona».[11] 7. La nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica, approvata da Papa Francesco, si situa in continuità con il Magistero precedente, portando avanti uno sviluppo coerente della dottrina cattolica.[12] Il nuovo testo, seguendo le orme dell’insegnamento di Giovanni Paolo II in Evangelium vitae, afferma che la soppressione della vita di un criminale come punizione per un delitto è inammissibile perché attenta alla dignità della persona, dignità che non viene perduta neanche dopo aver commesso dei crimini gravissimi. A questa conclusione si arriva anche tenendo conto della nuova comprensione delle sanzioni penali applicate dallo Stato moderno, che devono orientarsi innanzitutto alla riabilitazione e reintegrazione sociale del criminale. Infine, visto che la società odierna possiede sistemi di detenzione più efficaci, la pena di morte risulta non necessaria come protezione della vita di persone innocenti. Certamente, resta in piedi il dovere della pubblica autorità di difendere la vita dei cittadini, come è stato sempre insegnato dal Magistero e come conferma il Catechismo della Chiesa Cattolica nei numeri 2265 e 2266.
8. Tutto questo mostra che la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del Magistero. Questi, infatti, possono spiegarsi alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine.
9. Nella nuova redazione si aggiunge che la consapevolezza sulla inammissibilità della pena di morte è cresciuta «alla luce del Vangelo».[13] Il Vangelo, infatti, aiuta a comprendere meglio l’ordine creaturale che il Figlio di Dio ha assunto, purificato e portato a pienezza. Ci invita anche alla misericordia e alla pazienza del Signore che dà a ciascuno il tempo per convertirsi.
10. La nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica vuole costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore.
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Segretario in data 28 giugno 2018, ha approvato la presente Lettera, decisa dalla Sessione Ordinaria di questa Congregazione il 13 giugno 2018, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato a Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 1° agosto 2018, Memoria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefetto
+ Giacomo Morandi
Arcivescovo Titolare di Cerveteri Segretario _______________________________________
[1] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017): L’Osservatore Romano (13 ottobre 2017), 4. [2] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 9: AAS 87 (1995), 411. [3] Ibid., n. 27: AAS 87 (1995), 432. [4] Giovanni Paolo II, Messaggio Urbi et Orbi per il Santo Natale (25 dicembre 1998), n. 5: Insegnamenti XXI,2 (1998), 1348. [5] Id., Omelia nel Trans World Dome di St. Louis (27 gennaio 1999): Insegnamenti XXII,1 (1999), 269; cf. Omelia nella Messa nella Basilica di Nuestra Señora de Guadalupe a Città del Messico (23 gennaio 1999): «Occorre porre fine al ricorso non necessario alla pena di morte»: Insegnamenti XXII,1 (1999), 123. [6] Benedetto XVI, Esort. Ap. postsinodale Africae munus (19 novembre 2011), n. 83: AAS 104 (2012), 276. [7] Id., Udienza generale (30 novembre 2011): Insegnamenti VII,2 (2011), 813. [8] Francesco, Lettera al Presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte (20 marzo 2015): L’Osservatore Romano (20-21 marzo 2015), 7. [9] Ibid. [10] Ibid. [11] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017): L’Osservatore Romano (13 ottobre 2017), 5. [12] Cf. Vincenzo di Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. In riferimento alla pena di morte, trattando delle specificazioni dei precetti del decalogo, la Pontificia Commissione Biblica ha parlato di “affinamento” delle posizioni morali della Chiesa: «Con il corso della storia e lo sviluppo delle civiltà, la Chiesa ha pure affinato le proprie posizioni morali riguardanti la pena di morte e la guerra in nome di un culto della vita umana che essa nutre senza cessa meditando la Scrittura e che prende sempre più colore di un assoluto. Ciò che sottende queste posizioni apparentemente radicali è sempre la stessa nozione antropologica di base: la dignità fondamentale dell’uomo creato a immagine di Dio» (Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano, 2008, n. 98). [13] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 4.

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ZENIT Staff

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