Mons. Bruno Forte during the presentation of instrumentum laboris in the vatican press room - 23 June 2015

Mons. Bruno Forte - Foto ©ZENIT

Mons. Forte: L’unione delle Chiese per la pace

Giornata ecumenica di Bari (Il Sole 24 Ore, Domenica 22 Luglio 2018, 1 e 10)

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            La giornata ecumenica svoltasi il 7 luglio scorso a Bari è stata voluta da Papa Francesco con l’intento di unire nella preghiera per la pace in Medio Oriente, oltre che nel dialogo sulla drammatica situazione dei conflitti in corso in quell’area, i rappresentanti delle Chiese Ortodosse, della Chiesa Assira d’Oriente, delle Chiese Orientali Cattoliche, della Chiesa Latina di Gerusalemme, della Chiesa Evangelica Luterana in Giordania e nella Terra Santa e del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. La rilevanza storica di questo incontro è stata evidenziata da più parti, non solo per la novità dell’iniziativa presa dal Vescovo di Roma e per la scelta di un luogo così significativo per le relazioni fra Oriente cristiano e Occidente qual è Bari, dove il culto alle reliquie di San Nicola attira pellegrini da ogni parte del mondo e specialmente dall’Ortodossia, ma anche per l’adesione di tanti Capi di Chiese non in piena comunione con Roma. Fra i significati dell’incontro, vale la pena di sottolinearne alcuni per la portata che hanno per i credenti in Cristo e per l’intera famiglia umana: l’affermazione implicita che il cristianesimo non si identifica con l’Occidente; la possibilità che il primato del vescovo di Roma, esercitato nel rispetto della dignità delle Chiese d’Oriente, sia recepito da tutti i cristiani quale espressione di una visione comune sulle grandi questioni dell’umanità, oltre che come segno e strumento di un’unità vissuta sul modello della “sinodalità” esistente fra le Chiese del primo millennio; la testimonianza efficace del fatto che la fede nel Dio fatto uomo non è spiritualismo disincarnato.
Che il cristianesimo non si identifichi con l’Occidente e che la cattolicità non possa far a meno del patrimonio di fede e di pensiero maturato dalle Chiese d’Oriente, è un dato decisivo, su cui ha insistito Giovanni Paolo II, il Papa slavo, profondamente sensibile alla dignità dei credenti dell’Europa dell’Est. Nell’Enciclica “Orientale lumen”, pubblicata nel 1995, il Pontefice polacco evidenziava come l’intera ecumene cristiana sia debitrice alle Chiese d’Oriente di un contributo straordinario, riconoscibile nel senso profondo e nella cura per la tradizione apostolica, nella centralità della liturgia, nella forte attenzione all’opera dello Spirito Santo, nella testimonianza spirituale del monachesimo e nell’attitudine apofatica della riflessione e della prassi credente. Queste costanti hanno caratterizzato la vita delle Chiese ortodosse anche nei processi di rinnovamento da esse vissuti nel XX secolo, a cominciare dalla loro partecipazione rilevante al movimento ecumenico. È grazie a questi processi che si è potuti giungere nel 2015 al cosiddetto “Documento di Chieti”, sottoscritto dai rappresentanti cattolici e di tutte le Chiese ortodosse, che riconosce nella comunione sinodale della Chiesa antica un modello cui ispirarsi per l’unità cui tende il cammino ecumenico: «Per tutto il primo millennio, la Chiesa in Oriente e in Occidente fu unita nel preservare la fede apostolica, mantenere la successione apostolica dei vescovi, sviluppare strutture di sinodalità inscindibilmente legate al primato, e nella comprensione dell’autorità come servizio d’amore. Sebbene l’unità tra Oriente e Occidente sia a volte stata complicata, i vescovi di Oriente e Occidente erano consapevoli di appartenere alla Chiesa una» (n. 20).
Di questa comunione possibile intorno al ministero del Vescovo di Roma la giornata di Bari è stato segno eloquente e, se è merito di Francesco l’averla proposta, non minore è il merito delle Chiese ortodosse nell’aver accolto l’invito: la presenza dei loro rappresentanti ai livelli più alti intorno al Vescovo di Roma, a cominciare da quella del Patriarca ecumenico Bartolomeo, ha detto al mondo che il cammino dell’unità avanza e che quanto sembrava impossibile fino a ieri va diventando realtà sotto l’azione dello Spirito e nel comune impegno al servizio della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato. Emerge poi dall’incontro il messaggio che la fede dei cristiani non è spiritualismo disincarnato, ma chiave per leggere gli eventi della storia e intervenire in essi con giudizi e atti ispirati al Vangelo per la pace e la vita di tutti. Con parole significative Francesco riassume il messaggio che da Bari viene ai credenti e al mondo intero: “Ci siamo aiutati a riscoprire la nostra presenza di cristiani in Medio Oriente, come fratelli. Essa sarà tanto più profetica quanto più testimonierà Gesù Principe della pace. Egli non impugna la spada, ma chiede ai suoi di rimetterla nel fodero. Anche il nostro essere Chiesa è tentato dalle logiche del mondo, logiche di potenza e di guadagno, logiche sbrigative e di convenienza… Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga o la spada ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore… L’arte dell’incontro prevalga sulle strategie dello scontro, all’ostentazione di minacciosi segni di potere subentri il potere di segni speranzosi: uomini di buona volontà e di credo diversi che non hanno paura di parlarsi, di accogliere le ragioni altrui e di occuparsi gli uni degli altri. Solo così, avendo cura che a nessuno manchino il pane e il lavoro, la dignità e la speranza, le urla di guerra si muteranno in canti di pace”.
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Mons. Bruno Forte è Arcivescovo di Chieti-Vasto.

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Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

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