Incontro con i giovani nel Notre Dame College di Dhaka - Copyright: Servizio Fotografico L'Osservatore Romano

Don Sala: Tanti giovani sono aperti e disponibili verso esperienze di volontariato e di servizio

Conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi

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Alle ore 11.00 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (3- 28 ottobre 2018).
Intervengono l’Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; S.E. Mons. Fabio Fabene, Sotto-Segretario; P. Giacomo Costa, S.I., Segretario Speciale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi; e Don Rossano Sala, S.D.B., Segretario Speciale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
 
Intervento di Don Rossano Sala, S.D.B.
In ognuna delle tre parti dell’Instrumentum laboris vi è la ripresa da diversi punti di vista del racconto evangelico di Emmaus (nn. 1, 75, 175). Mi pare che questa scelta ci offra il giusto stile per leggere e approfondire il Documento dal punto di vista educativo e pastorale, perché in tal modo si afferma che non c’è annuncio della buona novella del Vangelo senza accompagnamento, e che l’accompagnamento è il presupposto per ogni azione evangelizzatrice con e per i giovani.
Riconoscere: le “condizioni di esercizio” della missione ecclesiale oggi
Nella I parte dell’Instrumentum laboris emergono le “condizioni di esercizio” della missione ecclesiale oggi. L’azione pastorale è sempre contestualmente connotata, cioè è inserita in un ambiente culturale, sociale, economico, comunicativo, e religioso. In questo senso il quarto capitolo della I parte – “Sfide antropologiche e culturali”, nn. 51-63 – appare strategico perché pone alla nostra attenzione sei sfide che in un certo senso sono il contesto proprio non solo della vita dei giovani, ma anche del nostro esistere ed agire, tanto che «il loro continuo ripresentarsi ce li fa riconoscere come segnali del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo a livello antropologico e culturale» (n. 51). Il capitolo si snoda identificando sei “sfide antropologiche e culturali” che la Chiesa non può esimersi dal riconoscere ed affrontare con coraggio apostolico e creatività pastorale.
La prima riguarda il corpo, l’affettività e la sessualità. Una seconda riguarda i nuovi paradigmi conoscitivi e la ricerca della verità. Una terza emersa dall’esplorazione sinodale riguarda gli effetti antropologici del mondo digitale. Una quarta è rappresentata dalla delusione istituzionale e dalle nuove forme di partecipazione giovanile. Un quinto elemento sfidante è poi la paralisi decisionale in un contesto di sovrabbondanza di proposte che disorienta. Un’ultima sfida decisiva è rappresentata dalla nostalgia spirituale delle giovani generazioni. Questi sei aspetti segnano il contesto comune e condiviso in cui siamo immersi, sono un po’ come l’aria che respiriamo. Non riconoscere tutto ciò significa pensare e agire al di là della concretezza della vita e della storia. Solamente all’interno di queste condizioni precise è possibile riconoscere le opportunità e le criticità della condizione dei giovani di oggi. Essi sono chiamati a sognare, pensare e progettare dentro queste dinamiche che non sono loro a decidere, ma che gli sono date dall’epoca storica in cui tutti viviamo e operiamo.
Interpretare: il ripensamento della “questione vocazionale”
La sfida centrale della II parte dell’Instrumentum laboris è legata al ripensamento della questione vocazionale nel suo insieme. Una delle grandi debolezze della nostra pastorale oggi risiede nel pensare la “vocazione” secondo una visione ristretta, che riguarderebbe solo le vocazioni al ministero e alla vita consacrata. Alcuni passaggi sono decisivi per porre la questione nel mondo corretto: i numeri che vanno dall’87 al 90 rendono conto con precisione che «solo un’antropologia vocazionale sembra essere adeguata per comprendere l’umano in tutta la sua verità e pienezza» (n. 88). La perdita della cultura vocazionale ci ha fatto precipitare in una società “senza legami” e “senza qualità”.
Secondo la visione cristiana dell’uomo, la questione riguardante l’identità e l’unità della persona può avere solamente una risposta vocazionale. Se manca la dinamica vocazionale non ci può che essere una personalità frammentata, caotica, confusa e informe. Invece è da riconoscere che la vocazione è la parola di Dio per me, unica, singolare, insostituibile, che offre consistenza, solidità, senso e missione, all’esistenza di ciascuno. Anche dal punto di vista istituzionale vale questo “principio vocazionale”.
Nella III parte, quando si parla della necessità di consolidare e incrementare l’idea e la pratica della “pastorale integrata” (nn. 209-210), si conferma infatti che la «la chiave di volta per raggiungere questa unità integrata è per molti l’orizzonte vocazionale dell’esistenza» (n. 210). Risulta infine evidente che solo all’interno di una rinnovata e condivisa “cultura vocazionale” che valorizza ogni tipo di chiamata trova senso l’impegno specifico per la cura delle vocazioni “di speciale consacrazione”.
Scegliere: l’azione educativa e pastorale della comunità cristiana
Dopo aver delineato nel primo capitolo della III parte la forma poliedrica e la natura generativa della Chiesa, gli altri tre capitoli sono dedicati rispettivamente all’azione educativa e pastorale, alla centralità della comunità cristiana e all’organizzazione e animazione della pastorale. In primo luogo risulta chiaro il primato indiscusso e indiscutibile della vita quotidiana per la pastorale dei giovani.
Tante sono le tracce che portano in questa direzione, ma soprattutto compare, il capitolo secondo della III parte che porta un titolo quanto mai suggestivo: Immersi nel tessuto della vita quotidiana (nn. 144-174). Non a caso è il capitolo più esteso di tutto l’Instrumentum laboris e chiede alla Chiesa di essere lì dove sono i giovani e soprattutto di «guardarsi dal colpevolizzare i giovani per la loro lontananza dalla Chiesa, o a lamentarsene, per parlare invece, come fanno alcune Conferenze Episcopali, di una “Chiesa lontana dai giovani” chiamata a intraprendere cammini di conversione, senza far ricadere su altri le proprie mancanze di slancio educativo e di timidezza apostolica» (n. 174).
In secondo luogo è decisiva la centralità e la qualità spirituale della comunità cristiana come orizzonte della nostra azione educativa e pastorale. In un mondo che spinge verso l’isolamento la “profezia della fraternità” rimane un traguardo necessario per inserire la pastorale dei giovani dentro il suo grembo comunitario naturale. Tutto il capitolo terzo della III parte è dedicato a mettere a nudo risorse e debolezze della comunità dei credenti: trasversale e preoccupante emerge purtroppo la perdita della passione educativa di tanti pastori e adulti.
Un altro nodo da affrontare con estrema serietà è quello della “conversione istituzionale”, che riguarda il nostro modo di vivere e lavorare insieme. Mi riferisco all’ultimo capitolo della III parte, dedicato all’animazione e all’organizzazione della pastorale. Per gli addetti ai lavori non è difficile fare il punto sulle tante questioni da prendere in mano con fermezza: comunione ecclesiale, reti e collaborazioni, progettazione pastorale, rapporto tra eventi e vita quotidiana, pastorale integrata sono i titoli che evocano belle sinergie ma anche forti tensioni, ottime realizzazioni ma anche tante improvvisazioni.
L’impegno a dare di più a chi ha avuto di meno
Pongo infine alla vostra attenzione la “predilezione” dell’Instrumentum laboris per le situazioni di difficoltà, di fragilità, di marginalità che toccano i giovani. In questa sollecitudine pastorale per i più piccoli e i più poveri si gioca la credibilità di una Chiesa che si prende cura di coloro di cui nessuno si prende cura, di una Chiesa chiamata a dare di più a chi ha avuto di meno dalla vita. Faccio riferimento prima di tutto al terzo capitolo della I parte, che fa il punto sulla “cultura dello scarto” che si espande a macchia d’olio nel tempo della globalizzazione dell’indifferenza, dove i giovani sono le prime vittime designate.
Sono poi importanti nella III parte i passaggi che vanno dai numeri 166 al 171, dove le categorie giovanili più svantaggiate sono oggetto di attenzione prioritaria: disabilità e malattia, dipendenze e altre fragilità, giovani carcerati, situazioni di guerra e di violenza, giovani migranti. Proprio in questo impegno di servizio e di vicinanza risiedono delle prospettive interessanti e feconde di pastorale giovanile vocazionale. Da molti è stato ben colto e sviluppato il legame strategico tra servizio generoso e discernimento vocazionale. Tanti giovani sono particolarmente aperti e disponibili verso esperienze di volontariato e di servizio, aiutandoci così a comprendere che solo «una Chiesa che serve è una Chiesa matura che attrae i giovani, perché testimonia la sua vocazione all’imitazione di Cristo che “da ricco che era, si è fatto povero per voi” (2Cor 8,9)» (n. 194).

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ZENIT Staff

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