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Papa Francesco: "Vorrei sottolineare tre parole: periferie, verità e speranza"

Udienza alla Delegazione del Premio di giornalismo internazionale “Biagio Agnes”

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Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco riceve in Udienza una Delegazione del Premio di giornalismo internazionale “Biagio Agnes”.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti all’incontro:
Cari amici, siate i benvenuti! Saluto e ringrazio la Dr.ssa Simona Agnes, i membri della Giuria e tutti voi presenti, che a vario titolo ricoprite ruoli importanti nell’ambito della comunicazione. La Fondazione che promuove il Premio porta il nome di Biagio Agnes, uno dei più noti giornalisti italiani, difensore del servizio pubblico, che più volte intervenne sul ruolo del giornalista come garante dell’informazione corretta, attendibile, autentica e puntuale.
Facendo tesoro del suo insegnamento, tutti voi vi impegnate, anzitutto personalmente, per una comunicazione che sappia anteporre la verità agli interessi personali o di corporazioni. Inoltre, osservando quanto viene prodotto dall’industria culturale, con questo Premio voi segnalate alla società giornalisti e giornaliste che si distinguono per responsabilità nell’esercizio della professione. Infatti, essere giornalista ha a che fare con la formazione delle persone, della loro visione del mondo e dei loro atteggiamenti davanti agli eventi.
È un lavoro esigente, che in questo momento sta vivendo una stagione caratterizzata, da una parte, dalla convergenza digitale e, dall’altra, dalla trasformazione degli stessi media. Spesso mi capita di vedere, in occasione di viaggi apostolici o di altri incontri, una differenza di modalità produttive: dalle classiche troupe televisive fino ai ragazzi e ragazze che con un telefonino sanno confezionare una notizia per qualche portale. O anche dalle radio tradizionali a vere e proprie interviste fatte sempre con il cellulare. Tutto questo dice che davvero stiamo vivendo una trasformazione pressante delle forme e dei linguaggi dell’informazione. È faticoso entrare in tale processo di trasformazione, ma è sempre più necessario se vogliamo continuare ad essere educatori delle nuove generazioni. Dicevo che è faticoso, e aggiungerei che è necessaria una vigilanza sapiente.
Infatti, «le dinamiche dei media e del mondo digitale, […] quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione (Enc. Laudato si’, 47). Non esistono ricette, ma vorrei sottolineare tre parole: periferie, verità e speranza.
Periferie. Molto spesso, i luoghi nevralgici della produzione delle notizie si trovano nei grandi centri. Questo però non deve farci mai dimenticare le storie delle persone che vivono distanti, lontane, nelle periferie. Sono storie a volte di sofferenza e di degrado; altre volte sono storie di grande solidarietà che possono aiutare tutti a guardare in modo rinnovato la realtà.
Verità. Tutti sappiamo che un giornalista è chiamato a scrivere ciò che pensa, ciò che corrisponde alla sua consapevole e responsabile comprensione di un evento. È necessario essere molto esigenti con sé stessi per non cadere nella trappola delle logiche di contrapposizione per interessi o per ideologie. Oggi, in un mondo dove tutto è veloce, è sempre più urgente fare appello alla sofferta e faticosa legge della ricerca approfondita, del confronto e, se necessario, anche del tacere piuttosto che ferire una persona o un gruppo di persone o delegittimare un evento. So che è difficile, ma la storia di una vita si comprende alla fine, e questo deve aiutarci a diventare coraggiosi e profetici.
Speranza. Non si tratta di raccontare un mondo senza problemi: sarebbe un’illusione. Si tratta di aprire spazi di speranza mentre si denunciano situazioni di degrado e di disperazione. Un giornalista non dovrebbe sentirsi a posto per il solo fatto di aver raccontato, secondo la propria libera e consapevole responsabilità, un evento. È chiamato a tenere aperto uno spazio di uscita, di senso, di speranza.
Concludo ricordando una delle iniziative che la Fondazione Biagio Agnes, grazie alla tenacia della sua Presidente, porta avanti: il Forum di divulgazione scientifica “Check-Up per l’Italia”, progetto nato da un’idea di Biagio Agnes, che ha l’obiettivo di approfondire argomenti medico-scientifici attraverso un’informazione accurata che contrasti il proliferare delle informazioni “fai-da-te” e delle notizie approssimative, che sempre più spesso si possono trovare in Rete e che attirano l’attenzione del pubblico molto più della scienza. Il Pontificio Consiglio della Cultura da poche settimane ha concluso un convegno internazionale proprio su queste tematiche. A tale proposito vorrei ricordare che «occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome. A volte non si mette sul tavolo l’informazione completa, ma la si seleziona secondo i propri interessi, siano essi politici, economici o ideologici» (Laudato si’, 135). Vi ringrazio ancora e porgo le mie felicitazioni ai Premiati. E, per favore, ricordatevi di pregare per me.

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ZENIT Staff

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