Rito Romano – II Domenica del Tempo Ordinario – Anno B – 14 gennaio 2018
1Sam 3,3-10.19; Sal 39; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42.
Rito Ambrosiano – II Domenica dopo l’Epifania
Is 25,6-10a; Sal 71; Col 2,1-10a; Gv 2,1-11.
- La vocazione nella vita di ogni giorno.
Dopo la celebrazione del Battesimo di Gesù che domenica scorsa ha concluso il tempo natalizio, oggi la Liturgia presenta un brano del primo capitolo del Vangelo di Giovanni per completare la narrazione degli eventi di manifestazione di Gesù come Messia e Figlio di Dio, che chiama a seguirlo.
Non è casuale che pure le altre due letture della Messa di questa Domenica, la II del Tempo ordinario, abbiano come tema centrale la vocazione. Tutti siamo stati chiamati a seguire una “vocazione” da realizzare nella nostra vita di tutti i giorni. Tutti siamo chiamati a vivere la nostra vocazione a figli di Dio nell’unico Figlio nell’apparente banalità della vita quotidiana. Tutti siamo chiamati a essere con Cristo, primo che a fare qualcosa per Cristo. L’esempio più alto a questa riguardo è la Madonna che prima di “fare” la mamma, “fu” ed “è” ancora mamma. Ma anche gli apostoli di cui parla il Vangelo di oggi, prima di fare qualcosa per Cristo, furono con Cristo. A Giovanni e Andrea che gli chiedevano: “Maestro, dove abiti”, Gesù rispose: “Venite e vedrete”, cioè propose loro di “essere” con Lui, prima che di “fare” qualcosa con Lui.
Non è casuale neppure il fatto che la liturgia del Tempo ordinario chieda che il prete indossi i paramenti verdi, per indicare il tempo verde della nostra vita. Si tratta di un tempo carico di speranza, che accompagna ed illumina il nostro quotidiano da “spendere” nella sequela di Cristo. Quello ordinario non è un tempo minore, è il tempo in cui il Mistero della vita di Cristo e di noi in Lui scorre sotto i nostri occhi in modo ordinario e noi siamo chiamati ad accoglierlo e a comprenderlo, per percorrere la via della salvezza, in Cristo Gesù, nostra Via.
Ogni esistenza è già una chiamata: Dio ci ha tratti dall’abisso vertiginoso del nulla e, dandoci l’essere, ci ha dato anche un progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura disegnato “sul palmo delle sue mani” (Isaia 49). E’ questo il senso della nostra vita: essere con Dio e collaborare al grande progetto che Lui ha da tutta l’eternità su ognuno di noi.
Siamo spesso tentati di credere che la vocazione, che Dio ci dona, sia un dovere penoso, una virtù obbligatoria e fastidiosa. No. La chiamata che Dio rivolge agli uomini è perché intreccino un rapporto di amore con Lui. Li invita alla sua dimora, li accoglie di nuovo in casa quando ritornano al suo amore. E non solo possono stare con Lui ma Lui sta nel loro cuore. Il dinamismo dell’uomo che è sempre in cerca della sua casa, è nostalgia della sua patria, della casa natale e il filosofo e scrittore tedesco Novalis (1772 -1801) scrisse “la filosofia è la nostalgia di tornare a casa”. Ebbene il brano del vangelo di oggi mostra come si arriva in questa casa. Seguendo Cristo, chiedendoGli dove abita e rimanendo con Lui.
La conseguenza più bella è che noi diventiamo la sua dimora. Infatti, avvicinarsi a Dio è diventare una cattedrale vivente. Ricevendo la sua Presenza in noi, comprendiamo la grandezza della condizione “umana” a cui siamo chiamati. La Bibbia trabocca di storie di vocazione: ne sono esempi Abramo, Mosè, Davide, i singoli profeti, il piccolo Samuele di cui si legge nella prima lettura di oggi (1 Samuele 3,3-10), la Vergine Maria, gli apostoli.
Ciascuno in forme diverse, ma tutti siamo accomunati da questo invito a dare alla nostra esistenza il valore supremo dell’aprirsi alla relazione con Dio, dicendo come Maria: “Amen, Fiat, accada di me secondo la tua Parola”.
2) I tre verbi della vocazione, che non è una professione.
Le letture della Messa di oggi mostrano che la vocazione “ha” tre verbi: chiamare, ascoltare, rispondere.
Chiamare. Tranne le poche eccezioni di una chiamata diretta, la vocazione avviene per il tramite di altri uomini, come si vede nell’episodio di oggi: per i due discepoli del Battista, il tramite è lui, col segnalare loro l’Agnello di Dio; per Pietro è suo fratello Andrea; per Samuele bambino è il suo “custode” Eli.
Ascoltare, come fece il piccolo Samuele che a Dio che lo chiamava per nome risposte: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”.
Rispondere andando ad abitare presso Colui che dice a noi, come a Giovanni e Andrea: “Venite e vedrete”.
Riandiamo ancora al brano del Vangelo di oggi, nel quale ci è raccontato che, notando Giovanni e Andrea lo seguivano, Gesù si voltò e chiese: “Che cosa cercate?”. Gesù interrogò non per informarsi, ma per provocare la risposta e per indurre a prendere coscienza della propria ricerca. Gesù costringe l’uomo ad interrogarsi sulle ragioni del proprio cammino.
La ricerca deve essere messa in questione. C’è, infatti, ricerca e ricerca. C’è chi cerca veramente Dio e chi in realtà cerca se stesso.
Dunque, la prima condizione è di verificare continuamente l’autenticità della propria ricerca di Dio. La seconda è di non cercare di capire la vocazione come ricerca di sistemare il mondo né di sistemarsi nel mondo, perché la vocazione non è frutto di un progetto umano o di una strategia organizzativa. La vocazione è all’Amore, ricevuto e donato. La vocazione non è una scelta, è l’essere scelti: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16).
3) La vocazione alla felicità[1]attraverso un esodo.
Nel Vangelo di Marco si legge: “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. (…) Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mc 8, 34-35; 10,21).
Nel Vangelo di oggi, con altre parole Gesù ripete l’invito a Giovanni ed Andrea perché anche loro si mettano in cammino dieto di Lui. In entrambi i casi Cristo chiede di percorrere con Lui l’esodo nuovo, che non è solo di liberazione dal male e da ogni altra schiavitù fisica o morale, ma per la libertà, la verità[2], l’amore, la gioia, che tanto ci stanno a cuore.
Un esempio di santo che accettò totalmente di fare questo esodo con Cristo, fu San Francesco d’Assisi (1182 –1226), che espresse la sua esperienza di liberazione e di vocazione con queste parole che ricevettero di titolo di La Preghiera semplice:
“Signore fa di me uno strumento della tua Pace:
Dove è odio, che io porti l’Amore,
Dove è offesa, che io porti il Perdono.
Dove è discordia, che io porti l’Unione.
Dove è dubbio, che io porti la Fede.
Dove è errore, che io porti la Verità.
Dove è disperazione, che io porti la Speranza.
Dove è tristezza, che io porti la Gioia.
Dove sono le tenebre, che io porti la Luce.
Fa’ che io non cerchi tanto
ad essere consolato, quanto a consolare,
ad essere compreso, quanto a comprendere,
ad essere amato, quanto ad amare.
Poiché è dando che si riceve;
è perdonando che si è perdonati;
è morendo, che si risuscita a Vita eterna.”
Secoli prima, un altro Santo espresse l’esperienza di essere chiamato in modo molto profondo. Si tratta di Sant’Agostino d’Ippona (354 – 430), la cui vocazione-conversione fu ottenuta dalla preghiera e dalle lacrime di sua madre, Monica. Nelle Confessioni, scritte per narrare la sua vocazione e rendere gloria a Dio per la sua misericordia, questo grande Santo afferma che “il peso dell’amore eleva in alto” (Pondus meum amor meus – Confessioni, XIII, 9, 10). E’ come se il Vescovo di Ippona avesse detto: “In qualunque parte mi porti l’amore, là io sarò”.
Anche lui aveva trovato l’amore e non solo non voleva perderlo, voleva restargli fedele sempre.
Per anni aveva cercato la verità e l’amore. Una volta incontrato nella persona di Cristo, vi resto fedele per sempre.
Anche a lui Cristo disse “che cerchi?”, e alla risposta interrogativa: “Maestro dove abiti” la replica è ancora “vieni e vedrai”.
4) La testimonianza della Vergini consacrate nel mondo.
La vocazione di Giovanni e Andrea fu suscitata dalla testimonianza del loro “vecchio” maestro, Giovanni il Battista, che aveva indicato Gesù quale “Agnello che toglie i peccati del mondo”, ma si chiarì nel dialogo con Cristo: “Che cercate?”, “Maestro, dove abiti?, “Venite e vedrete”.
A Giovanni e ad Andrea, come all’interminabile schiera di persone che Lo cercano e Gli chiedono: “Dove abiti?”, Gesù risponde con un imperativo (“venite”) e con una promessa (“vedrete”). La ricerca non è mai finita. La scoperta di Dio non è mai conclusa. Gesù non dice che cosa vedranno né quando. È stando con lui che il futuro si dischiuderà e fiorirà.
Seguire Gesù non significa sapere già dove egli conduce; vuol dire fidarsi di lui, confidare il Lui completamente. Questo abbandono totale è vissuto in modo particolare dalle Vergini consacrate. Queste donne ci testimoniano che la vocazione è riconoscere Cristo come centro affettivo della vita umana. Sul loro esempio, alla domanda di Cristo “Chi, che cosa cercate?”, rispondiamo: “Te” e nel quotidiano “sì” (fiat) si conformano al suo disegno di amore, rinnovando fedelmente il “sì” pronunciato nelle mani del Vescovo il giorno della consacrazione.
Tutti sappiamo che l’amore di Dio per l’uomo è fedele ed eterno: “Ti ho amato di amore eterno”, dice Dio all’uomo (cfr Ger 31, 3). Le Vergini consacrate ci testimoniano che anche noi possiamo vivere la vocazione all’amore di Dio che è luce, felicità e pienezza di vita quaggiù e per l’eternità.
Lettura Patristica
Tommaso d’Aquino,
Ev. sec. Ioan., 1, 15, 1 s.
L’agnello di Dio e lo sguardo di Gesù
Quando dice: “Ecco l’agnello di Dio“, non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere ammirazione per la sua potenza – “Il suo nome sarà Ammirabile” (Is 9,6) -. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che, ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro – “Il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può divorare” (1P 5,8). Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso – “Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda” (Ap 5,5) -. “Ecco l’agnello di Dio” è una testimonianza molto breve; ma è breve perché i discepoli, ai quali Giovanni parla, da ciò ch’egli aveva già detto di Cristo, erano bene informati su di lui; e anche perché ciò che soprattutto interessava a Giovanni era di indirizzare i suoi discepoli a Cristo. E non dice «Andate da lui», perché i discepoli non credano di fargli un favore, se lo seguono; ma ne esalta il prestigio, perché capiscano che fanno bene a sé stessi, se lo seguono. Perciò dice: “Ecco l’agnello di Dio“, cioè, ecco dov’è la grazia e la forza epuratrice del peccato; l’agnello, infatti, veniva offerto in espiazione dei peccati.
“Gesù poi voltatosi“: queste parole stanno a dire che Gesù compie ciò ch’era stato iniziato da Giovanni, perché “la legge non portò nessuno alla perfezione” (He 7,19). Quindi Cristo esamina e istruisce i discepoli, poiché “dice loro: Venite e vedete“. Cristo li esamina ed essi rispondono – “Ed essi dissero: Maestro, dove abiti?” E l’evangelista dice: “Gesù voltatosi e visto che lo seguivano, disse loro“. Il senso letterale dice che Cristo andava avanti e i due discepoli, che lo seguivano, non ne vedevano la faccia, perciò Cristo, per incoraggiarli, si voltò verso di loro. E questo ci fa capire che Cristo dà speranza di misericordia a tutti coloro che si mettono a seguirlo con cuore puro. “Previene quelli che lo cercano” (Sg 6,14). Gesù si volta verso di noi, perché lo possiamo vedere. Questo avverrà in quella beata visione quando ci mostrerà il suo volto, come si dice nel salmo (Ps 79,4). “Mostraci il tuo volto e saremo salvi“. Finché siamo in questo mondo però lo vediamo di spalla, perché arriviamo a lui per via di effetti, per cui nell’Esodo (Ex 33,23) è detto: “Vedrai le mie spalle“. Si volge anche Gesù per offrirci l’aiuto della sua misericordia. Questo chiedeva il Ps 89,13: “Signore, volgiti un pochino“. Finché, infatti, Cristo non offre l’aiuto della sua misericordia, ci sembra ostile. Si voltò, dunque, Gesù ai discepoli di Giovanni, che s’eran messi a seguirlo, per mostrar loro il suo volto e infondere la sua grazia in essi. Li esamina poi quanto all’intenzione. Quelli che seguono Cristo non hanno tutti la stessa intenzione: alcuni lo seguono con la prospettiva di beni temporali, altri con la prospettiva di beni spirituali, perciò il Signore gli chiede: “Che cosa cercate?“, non certo per venire a sapere, ma perché, dando loro occasione di manifestare la loro intenzione, li vuole stringere più vicino a sé, giudicandoli degni del suo interessamento.
_______________________
[1] Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte III, Art. 2.
[2] Papa Francesco, Le vocazioni come testimonianza alla Verità, 14 maggio 2014.
@Mons. Francesco Follo