Foresta Amazzonica / Wikimedia Commons - Artur Warchavchik, CC BY-SA 3.0

Brasile: la Chiesa respinge la cancellazione della riserva di RENCA

Un decreto del governo Temer ha autorizzato l’attività mineraria all’interno dell’area, grande quanto la Danimarca

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La Chiesa in Brasile “respinge pubblicamente” la cancellazione da parte del governo del presidente Michel Temer della riserva naturale di “RENCA”, aprendo l’intera area all’attività mineraria.
Lo si legge in una nota pubblicata ieri, lunedì 28 agosto 2017, dalla “Rede Eclesial Pan-Amazônica” (REPAM, Rete Ecclesiale Pan-amazzonica) e dalla Commissione Episcopale per l’Amazzonia della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB).
La “RENCA” o “Reserva Nacional do Cobre e Associados” (Riserva Nazionale del Rame e Associati) è grande quanto la Danimarca (o la Lombardia e il Piemonte messi insieme), cioè quasi 47 000 km², ed è stretta tra gli Stati settentrionali di Pará e di Amapá, poco distante dalla foce del Rio delle Amazzoni. La creazione della riserva risale al 1984, sotto la presidenza del generale João Figueiredo.
Nella presa di posizione, la REPAM, che dipende dal Consiglio Episcopale Latinoamericano e dei Caraibi (CELAM), e la Commissione Episcopale per l’Amazzonia definiscono il decreto presidenziale “antidemocratico” (Temer ha evitato l’iter parlamentare di un progetto di legge) ed “altamente dannoso”.
Come ricorda il testo, che porta le firme del cardinale Cláudio Hummes, presidente della REPAM e della Commissione Episcopale per l’Amazzonia, e di mons. Erwin Kräutler, presidente della REPAM-Brasile e segretario della medesima commissione, l’intera riserva include ben nove aree protette, di cui tre di protezione integrale.
“L’apertura dell’area all’esplorazione mineraria di rame, oro, diamante, ferro, niobio, tra gli altri, aumenterà la deforestazione, la perdita irreparabile della biodiversità e gli effetti negativi sulle popolazioni di tutta la regione”, così si legge.
Il decreto “offende la democrazia brasiliana”, poiché nessuna consultazione delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali è stata effettuata, come richiedono la Costituzione Federale (art. 231) e la “Convenzione 169” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 1988, continua la nota. Il governo invece ha consultato “solo le aziende interessate”.
“Non sarà possibile garantire la protezione della foresta, delle ‘Unità di Conservazione’ e ancora meno delle terre indigene”, avverte il testo: “Saranno direttamente colpite in modo violento e irreversibile.”
Tra gli effetti negativi dell’attività mineraria nell’Amazzonia, la nota elenca oltre alla deforestazione e all’inquinamento (anche delle risorse idriche) fenomeni come l’aumento della violenza, la droga e la prostituzione, nonché dei conflitti per la terra. Il tutto “con grandi esenzioni fiscali, ma benefici minimi per le popolazioni della regione”, scrivono gli autori.
La nota cita varie volte la lettera enciclica “Laudato Sii’ sulla cura della Casa comune” di papa Francesco (2015), che definisce l’Amazzonia e il bacino fluviale del Congo “quei polmoni del pianeta colmi di biodiversità” (n° 38) ed avverte apertamente per l’impatto delle “proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, che servono solo agli interessi economici delle multinazionali” (idem).
Poiché il decreto costituisce “una minaccia politica per il Brasile intero”, gli autori della nota si uniscono “alle diocesi locali di Amapá e Santarém, agli ambientalisti e a quella fetta della società che attraverso iniziative sui social network e petizioni”, chiedono “la sospensione immediata” del decreto presidenziale ed esortano i membri del parlamento a difendere l’Amazzonia e ad impedire la distruzione di “uno dei nostri più grandi patrimoni naturali”.
“Il futuro delle prossime generazioni è nelle nostre mani!”, concludono gli autori, che invitano tutti a non rassegnarsi al degrado umano e ambientale. “Che Dio ci incoraggi nel profondo dei nostri cuori e ci illumini e ci confermi nella ricerca della tanto sognata Terra Senza Mali.”
Una delle tappe del viaggio che porterà nel gennaio prossimo papa Francesco in Perù sarà la città di Puerto Maldonado, situata nella foresta amazzonica peruvianavicino al confine con la Bolivia e non molto lontano dal Brasile.
Il testo completo della nota è disponibile qui (in portoghese).

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Paul De Maeyer

Schoten, Belgio (1958). Laurea in Storia antica / Baccalaureato in Filosofia / Baccalaureato in Storia e Letteratura di Bisanzio e delle Chiese Orientali.

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