Il mistero dell’oggettività dell’insegnamento evangelico è da misurare in relazione alla libertà personale di intendere e di cogliere i suoi innumerevoli particolari. Un apprezzato e conosciuto teologo calabrese ha sempre paragonato la Parola ad un fiore dai molti petali. Significativo in proposito questa sua riflessione: “Come il fiore è il frutto dei molti petali, così anche la verità della Parola è il frutto dei molti dettagli che sono contenuti nella verità. Questo significa che ogni racconto del Vangelo può essere letto e compreso molte volte e in diversi modi, senza mai tradire la sua verità, ma mettendo in evidenza ora un aspetto e ora un altro, ora un dettaglio e ora un altro, ora descrivendo la colorazione di un petalo e ora la colorazione dell’altro”.
Qualunque episodio del vangelo può quindi essere letto e recepito in diversi modi e per svariate volte, ma resterà sempre tra le sue sfumature un qualcosa da intercettare di “tutta la ricchezza di verità e di rivelazione in esso contenuta”. È proprio nella non cognizione di questo suo valore infinito che si perde spesso la saggezza umana, ancorata più volte ai quei pensieri attuali completamente sganciati dalla profondità della Parola. La cristianità che soprintende da oltre duemila anni l’agire corretto dell’uomo di riflesso si indebolisce.
In un tale contesto il vuoto sociale prende il sopravvento, divenendo lo specchio ufficiale di valori non negoziabili ormai completamente scemati. È incomprensibile come nelle varie articolazioni della nostra società, finanza, politica, imprenditoria, scuola, famiglia, relazionalità, ecc., si sia allentata quell’energia sapienziale messa fin dall’origine a completa disposizione di ogni essere umano. Illuminante il brano di Matteo (13,18 – 23) che qui propongo nella sua disarmante chiarezza:
“Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto”.
Come si fa ad ignorare queste parole tanto illuminate e senza scadenza? Perché coloro che hanno responsabilità pubbliche e private come un amministratore, un economista, un insegnante, un genitore, un giovane, un comunicatore e così via, non dovrebbero rifletterci sopra? È forse una debolezza poter semmai rimodulare il proprio ruolo e quindi il senso del cammino quotidiano, rendendo il meglio di sé stessi per il benessere comune?
Interrogativi che dovrebbero avere risposte agganciate ai valori sapienziali della missione cristiana, ma che trovano resistenza in una visione della vita sempre più condizionata da un potere fine a sé stesso e da una dipendenza sempre di più marcata dalla materialità e dalla ricchezza. Riemerge la voglia di un “vitello d’oro” a cui affidare il destino della propria persona. Una sconfitta di solito non percepibile che rende più difficile la maturazione di quel seme caduto sulla “strada” e tra i “rovi” dell’esistenza umana. Habitat naturale per il predominio del maligno, capace persino di svilire con le prime tribolazioni chiunque accolga la Parola con gioia.
Spesso la seduzione del potere, del proprio ruolo, dei tanti soldi accumulati, della presunzione personale percepita quale sapere assoluto, conquistano l’uomo recidendo ogni legame con il “regno dei cieli”. Questa mancata relazione è oggi più volte recuperata tra gli esempi fiabeschi da esternare in circostanze di sapore familiare o salottiero. Leggo tra i miei appunti di studio: “Quando si cade nella seduzione, non c’è più salvezza, perché tutto viene governato dalla cosa che tiene prigioniero il cuore. In questo caso tutto si fa per avere maggiore ricchezza, potere, padronanza fittizia di sé. Si dimentica Dio, la sua Legge, l’uomo, la misericordia, la pietà”.
Non ci troviamo dinnanzi a definizioni da dover nascondere, né da interpretare come ammonimenti troppo catastrofici. Dipende verso quale direzione si guardi; cosa si voglia dalla vita; Con quale ordine si intenda elencare le priorità del proprio agire; quale attenzione si decida di serbare ai comandamenti. Non basta perciò solo la buona intenzione nell’avvicinarsi alle leggi del Signore. È necessario affidarsi ad un “salto di qualità spirituale” aprendosi alle beatitudini, per passare da buoni osservanti a testimoni solerti dinanzi al prossimo. Un modo sicuro per non dipendere dai propri feticci materiali e mentali e sostenere l’altro nella ricerca di Dio. Se la ricchezza, il potere, la falsa pienezza di sé conquistano il cuore, è la fine di ogni pur sano proponimento.
In tale condizione basta purtroppo solo un solo passo falso per svendere la coscienza, il corpo, la fede, l’anima, fino a quanto si abbia ricevuto dal vangelo. Si diventa a questo punto contribuenti attivi di un vuoto sociale che rallenta la storia e spegne i lumi di una cristianità, senza la quale si rischia perdere il vero garante della pace sociale. Il mondo ha invece costantemente bisogno della ricerca continua di spazi luminosi e puliti, affinché l’uomo ritorni ad essere l’attore protagonista di quella “scena esistenziale”, modello del vangelo, che salva e redime.
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Il messaggio cristiano è garanzia di pace sociale
È necessario affidarsi ad un “salto di qualità spirituale” aprendosi alle beatitudini, per diventare testimoni solerti dinanzi al prossimo