Charlie Gard / Fonte: © charliesfight.org

Addio piccolo Charlie, ambasciatore della vita

Una settimana prima del suo primo compleanno il piccolo affetto da una malattia genetica

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La notizia della morte del piccolo Charlie Gard, ancor prima di compiere il primo compleanno, lascia un grande vuoto e molti interrogativi per le implicazioni morali, giuridiche e politiche  che ha suscitato.
La vicenda che ha assunto dimensioni internazionali ed ha coinvolto il Vaticano e gli Stati Uniti ha lasciato nell’opinione pubblica tante perplessità. Mentre tanti di noi abbiamo portato avanti una battaglia per la vita, sollecitando le strutture sanitarie di intervenire per venire incontro alle esigenze speciali del piccolo, affetto da una  malattia genetica rara, una forma di sindrome di  depressione del Dna mitocondriale, una patologia estremamente rara che colpisce le cellule causando un progressivo indebolimento dei muscoli e degli organi vitali, con conseguenti  danni cerebrali per i quali al momento non esistono ancora delle cure.
La Corte di Strasburgo ha giudicato, a maggioranza, che le giurisdizioni britanniche potessero legittimamente ritenere,  che non sarebbe nell’interesse del bambino continuare a vivere con la respirazione artificiale, né ricevere un  trattamento sperimentale. Secondo i giudici britannici, tali cure non gli  avrebbero procurato alcun beneficio e il bambino  avrebbe sofferto molto di più.
Ora la vicenda appare conclusa, ma il vuoto rimane e non solo nel cuore dei genitori che hanno fatto di tutto per assicurare al loro piccolo la speranza e la possibilità di tentare l’impossibile.
La Corte si è nascosta ancora una volta dietro la constatazione dell’assenza in Europa del consenso in materia di fine vita o di eutanasia, per accordare al Regno Unito un largo margine di apprezzamento sulla protezione della vita delle persone malate, e a nulla son valse le parole del Papa e lo sforzo di Trump nel concedere la cittadinanza americana al piccolo Charlie.
Adesso, come hanno dichiarato gli affranti genitori «Charlie è morto sapendo di essere stato amato da migliaia di persone»
Connie e Chris Gard useranno i soldi che hanno raccolto perché si faccia più ricerca su queste malattie, così che un giorno altri bambini con danni da deplezione mitocondriale possano vivere un po’ più a lungo e forse anche guarire.
Ecco il dono di Charlie, piccolo seme che muore nella terra fredda e buia e germoglia nuove speranze e nuove prospettive a vantaggio di chi soffre.
Come ha detto papa Francesco «la vita si difende sempre anche quando è ferita dalla malattia». Non esiste una vita non degna di essere vissuta. Ecco la risposta alla “cultura dello scarto”» che pervade la società di oggi, chiusa nella solitudine egoistica dei personali interessi, senza saper guardare attorno le tanti mani che si protendono con manifesta richiesta di aiuto e di accoglienza.
Il miracolo della vita traccia nel cielo un sereno arcobaleno e diventa monito costante sulla terra  e nel  nome del piccolo Charlie si avvieranno studi e ricerche scientifiche capaci di  mantenere  vivo fino alla fine il dono della vita, che  non si misura con la forza né con la salute; la dignità dell’uomo non dipende dalle sue capacità.
I coraggiosi genitori e i medici, hanno cercato di capire qual era la causa di quel male oscuro che  impediva di vivere e quali terapie era possibile mettere in campo. Anche loro sono l’icona di un’umanità che non si arrende e ogni giorno combatte una dura battaglia.
Un nuovo angelo dal cielo protegge con le sue ali la fragile umanità ricordati dei bambini che non possono venire alla luce; di quelli che sono nati ma vengono usati come “cose “da gente senza scrupoli;  dei piccoli pazienti, che nascono e testimoniano che “Dio non si è ancora stancato dell’uomo”.
Charlie, piccolo angelo,  da “ambasciatore della vita” ci procura le ali per imparare a volare e a misurare i fatti della vita con quello sguardo carico di speranza che hanno i santi.
Una nuova stella brilla nel cielo e porta il conforto della luce nella notte buia e triste di “quest’atomo opaco del male”.

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Giuseppe Adernò

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