Santa Maria delle Grazie (San Giovanni Rotondo) Foto Copyright Wikimedia Commons - Emilio Piovesan, CC BY 3.0

Fra Daniele Natale: legame con San Giovanni Rotondo

Messa celebrata nell’anniversario del suo “dies natalis” da fr. Mariano Di Vito, postulatore della Causa di beatificazione

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A San Giovanni Rotondo si è celebrata un’eucarestia in memoria del Servo di Dio fr. Daniele Natale, al ventitreesimo anno dal suo dies natalis. La messa è stata presieduta da fr. Mariano Di Vito, postulatore della Causa di beatificazione. Le sue spoglie mortali sono state traslate il 10 ottobre del 2015 presso il Santuario di “Santa Maria delle Grazie”, e riposano nella prima navata laterale a destra. L’occasione è utile per tratteggiare un breve profilo biografico.
Michele Natale, poi fr. Daniele, nasce a San Giovanni Rotondo, in via Cairoli n. 31, in una stradina di fronte al Comune, l’11 marzo del 1919. Figlio di Bernardino Natale e Angela Maria De Bonis.
All’età di cinque anni conosce Padre Pio. Sarà l’inizio di un legame intenso, sempre vivo e fecondo. L’esistenza di fr. Daniele sarà sempre orientata sulla scia di Padre Pio.
Il giovane Michele alterna la vita scolastica con l’impegno di pascolare un piccolo gregge nei campi. Sarà proprio il contatto con il mondo della natura, l’ambiente contadino e della pastorizia insieme alla frequentazione della Parrocchia a favorire il suo incontro con Dio. Così il 6 giugno del 1933, all’età di quattordici anni entra come postulante al Convento dei Frati minori cappuccini di Vico del Gargano (FG). L’anno successivo è inviato a Foggia, solo a titolo temporaneo, presso il Convento di “Sant’Anna” per svolgere il ruolo di sacrista e portinaio. Il ragazzo è molto felice, anche se si tratta di una destinazione provvisoria, perché va in un convento dov’era stato Padre Pio. Poi alla fine dell’anno è ammesso al Terz’Ordine francescano e prende il nome di fr. Daniele.
Il 25 marzo del 1935 inizia l’anno di noviziato nel Convento di Morcone (BN). Un periodo vissuto con molta semplicità. Il giovane trova sempre pace nel contatto con la natura, si dedica pertanto alla cura dell’orto. Dopo questo periodo, già professo temporaneo, è inviato al Convento di Sant’Anna a Foggia per svolgere il servizio di capo cuciniere. Nel 1940, dopo aver emesso la professione solenne, diviene figlio spirituale di Padre Pio. Nel dicembre di quell’anno, va a confessarsi dall’umile Frate cappuccino e durante il dialogo Padre Pio gli dice: “Sappi che da oggi hai un padre”. Genuinamente fr. Daniele rispose: “Padre, io il padre ce l’ho”. E allora Padre Pio, molto diretto come suo solito, risponde: “Ma che hai capito? Io intendo il padre spirituale”.   
Sta di fatto che da quel giorno Padre Pio diventa un punto di riferimento per fr. Daniele. Da lui apprende l’amore per Dio e per il prossimo, la sana devozione mariana, l’accoglienza della sofferenza e l’impegno operoso nella carità.
Negli anni della permanenza foggiana fr. Daniele incontra Genoveffa da Troia, terziaria francescana oggi venerabile, e accoglie da lei la forte e radicale testimonianza cristiana su come si vive la sofferenza. Realtà che di lì a poco avrebbe sprigionato tutta la sua drammatica temperie con l’imminente tragedia della guerra mondiale che negli anni a seguire colpì duramente anche Foggia. Dal 1943 al 1945 fr. Daniele moltiplica le sue opere di carità ma vivrà anche personalmente un vangelo della sofferenza. Il 25 agosto del 1943 Foggia è duramente bombardata, tutta la zona della stazione è pressoché distrutta. Fr. Daniele si precipita sul luogo, cerca di curare i feriti, assistere i moribondi, perfino scavare fra le macerie per tirar fuori le persone, consolare i bambini, sfamare gli affamati e arriva anche ad aiutare i militari ad accatastare i cadaveri sopra i carretti. Seguirà l’impegno della preghiera per i bambini, per le vedove, per i poveri. Qualche tempo dopo in seguito a uno sforzo improvviso compiuto per spingere un carretto infossato nel fango si procurò una vasta ernia all’inguine che necessitava di un pronto intervento chirurgico. L’ernia è confermata anche dall’analisi di diversi specialisti. Il giorno dell’intervento fr. Daniele inizia a far strada a piedi verso una clinica di Foggia e cammin facendo rivolge una preghiera a Padre Pio. Giunto in ospedale e visitato prima di entrare in sala operatoria, il medico gli comunica che non si riscontra la presenza di alcun ernia. Tutto era miracolosamente scomparso.
Così torna al Convento di Foggia a svolgere le mansioni di portinaio, questuante e cuciniere.
L’appuntamento con la sofferenza sarà però solo rimandato. Qualche anno dopo, nell’estate del 1952 fr. Daniele avverte forti dolori all’apparato digerente, non sta bene e appare deperito. Anche per questo, per stare nel proprio paese natio, è inviato al Convento di San Giovanni Rotondo con l’incarico di collaborare in cucina ma anche di prendersi cura di Padre Pio.
Ma questa volta non potrà evitare l’intervento chirurgico. Fr. Daniele ha un tumore alla milza. Anche Padre Pio, interrogato a riguardo, è categorico: “Operati”. Lo farà a Roma presso la Clinica “Regina Elena”, ricordiamo che Casa Sollievo in quegli anni era ancora in costruzione, sarà inaugurata infatti il 5 maggio del 1956. Il 6 settembre del 1952 fr. Daniele viene dunque operato. L’intervento sembra trovare delle difficoltà e si profila il peggio: il paziente è certificato morto, si trova certamente in uno stato di coma, ma non era questo il progetto di Dio. Fr. Daniele torna a vivere di fronte allo stupore dei medici. Trascorre in famiglia, in Via Cairoli, a San Giovanni Rotondo, il tempo della riabilitazione. Si avvicina il periodo natalizio. La madre gli chiede: “Perché non fai il presepe?”. Lui e titubante, ne parla con Padre Pio che gli dice: “Ebbè, e che non lo devi fare? Ti aiuterò io e lo faremo insieme il presepe”. Un’esperienza che produce molto frutto. La gente si ferma a pregare e fr. Daniele può parlare della vocazione religiosa. Padre Pio gli da anche delle immaginette di Gesù bambino da dare a quanti si accostavano al presepe. Per circa un anno così potrà stare a stretto contatto con Padre Pio. È testimone di diversi fenomeni mistici: profumi inebrianti, assiste al fenomeno della coronazione di spine di Padre Pio in preghiera e riceve alcune parole significative dal Santo. “Va e parla a nome mio”; e poi: “Quello che dici tu, lo dico anch’io”. E, culmine di tutto, confesserà di aver baciato la piaga del cuore di Padre Pio.      
L’anno successivo, nel 1953, con grande amarezza per lui, è trasferito al Convento di Vico del Gargano, deve allontanarsi di nuovo da Padre Pio e ci soffre molto. Continua a non star bene in salute e deve sottoporsi a dei cicli di chemioterapia nella Clinica di Roma. Inizia in questo periodo a raffigurare dei quadri e dei ritratti di paesaggi naturali. Opere che avranno molto seguito e riceveranno molta attenzione negli anni avvenire.
Passato questo periodo di grande sofferenza, nel 1959, all’età di quarant’anni, viene trasferito da Vico ad Isernia, dove svolgerà il servizio di sacrista e portinaio. Altri cinque anni e nel 1964 farà ritorno a Vico. Dopo di chè andrà al Convento di Cerignola dove svolgerà il servizio di portinaio. Un periodo di circa trent’anni, durante il quale fr. Daniele potrà divenire punto di riferimento per tutti, offrire consigli ed esortazioni a quanti gli chiedevano suggerimenti e preghiere. Nello stesso tempo porterà avanti la missione che Padre Pio stesso gli aveva assegnato, e cioè incontrare i gruppi di preghiera, parlare in suo nome, diffondere una retta spiritualità cristiana. Lo farà in diverse città dell’Italia. Non era un teologo però la sua parola semplice ma carica di profondità spirituale spingeva molte persone a convertirsi e tornare a Dio. Inizia a diffondersi la sua fama di santità. Diverse persone affermano di aver ricevuto delle guarigioni per se e per i propri cari dopo aver incontrato fr. Daniele e dopo avergli chiesto di pregare. Si mostra buono e affabile con tutti, vicino a quanti soffrono, pronto a farsi carico della preghiera per le famiglie e per i bambini. La cittadina di San Giovanni Rotondo continuerà ad essere molto amata dal religioso cappuccino. Non appena può vi fa ritorno. In casa sua incontra tanti fedeli, gente vicina a Dio ma anche quanti sono lontani e  hanno bisogno di una parola di conforto. Fr. Daniele non dice mai di no  a nessuno e fa sì che molti possano incontrare Padre Pio e possano confessarsi con lui. Si rinsalda sempre più la sua stretta collaborazione con il santo frate stigmatizzato. Fr. Daniele, come recita anche il suo nome, guidava verso Dio, attraverso la mediazione di Padre Pio. Rimane un frate laico, sceglie di ricevere soltanto  i ministeri del lettorato e dell’accolitato.
Morirà il 6 luglio del 1994 alle ore 14.12 nella sua casa di San Giovanni Rotondo. Il giorno dopo verranno celebrati i suoi funerali presso il santuario di Santa Maria delle Grazie.
La sua testimonianza di uomo di pace, uomo dell’accoglienza e del sorriso, anche quando era chiamato a vivere la sofferenza, tratteggia il profilo di una città che ha ricevuto in eredità questa altissima vocazione: essere luogo santo, terra dove fioriscono le conversioni, dove ogni pellegrino può fare esperienza di Dio e del suo amore. Fr. Daniele è stato un cittadino di San Giovanni Rotondo chiamato a collaborare con Padre Pio, testimonianza che rappresenta un’eredità per la stessa cittadina che gli ha dato i natali.

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Giovanni Chifari

Docente di Teologia Biblica presso l'ISSR "Giovanni Paolo II" di Foggia. Redazione rivista "La Casa Sollievo della Sofferenza" (Resp. Sez. Gruppi di Preghiera Padre Pio). Centro Gruppi di Preghiera (Sgr). Docente di Religione Cattolica. Rivista "Il diaconato in Italia". Libri: "La Parola della Croce. Via Crucis biblica con San Pio da Pietrelcina", Edizioni Paoline, 2012; "Il pensiero dei Papi su San Pio e la sua Opera", Ediz. La Casa Sollievo della Sofferenza, SGR 2014. Articoli scientifici, ambito teologico.

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