Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, papa Francesco nell’omelia si è soffermato martedì 16 maggio sul tema della pace che il Signore ci dà anche in mezzo alle “tribolazioni”.
Il Papa ha iniziato la sua riflessione partendo dalle parole di Gesù ai suoi nell’Ultima Cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”.
Questa pace che il Signore dona non è quella del mondo, sottolinea il Papa, ma è quella che ci rende realmente uomini liberi soprattutto nelle avversità. Avversità che hanno subito anche Paolo e Barnaba nella loro missione evangelizzatrice e che emergono dalla Prima Lettura che la liturgia di oggi ci ha offerto.
“Questa è la pace di Gesù?”, chiede il Papa che fa notare come “la pace che ci offre il mondo” è “senza tribolazioni”, è una “pace artificiale”, è una pace che porta all’egoismo, una pace che “chiude”, una pace “che soltanto guarda alle proprie cose, alle proprie assicurazioni, che non manchi nulla”, così come nel caso, dice Francesco, del ricco Epulone.
Il mondo offre una “pace anestetizzata” che non porta a vedere “un’altra realtà della vita: la Croce”. Questo concetto è stato ben compreso da Paolo che indica come il cammino verso il Regno è segnato dalle tribolazioni.
“Ma si può avere pace nelle tribolazioni?”, ancora chiede Francesco che evidenzia la nostra incapacità di costruire questo tipo di pace e come invece siamo portati a costruire una pace cercando di evitare le tribolazioni, rifiutarle, pensando che è questo l’unico modo per avere veramente pace. Eppure le tribolazioni ci sono, dice il Papa. Tutti fanno esperienza delle tribolazioni: “chi un dolore, chi una malattia, chi una morte…”.
La pace autentica, invece, è “un regalo di Gesù”, “un dono dello Spirito Santo”. Questa pace “va in mezzo alle tribolazioni e va avanti. Non è una sorta di stoicismo, quello che fa il fachiro: no. E’ un’altra cosa”.
Questo dono “ci fa andare avanti” e “non si può comprare”. Francesco sentenzia: “senza Croce non è vera pace”.
Esempio primo di questa pace vera è Gesù che dopo aver donato la pace ai suoi, soffre nell’Orto degli Ulivi, ma mai gli è mancata la “consolazione di Dio”.
La pace di Dio è “reale”, entra nella vita, ma senza negare la vita. Nonostante le avversità della vita che ci sono e sono tante “quella pace”, insiste il Santo Padre, “non si perde, ma si va avanti portando la Croce e la sofferenza”. Di contro, la pace che “fabbrichiamo noi”, che si può “comprare”, è si senza “tribolazioni”, ma non è “duratura: finisce”.
Francesco allora ci invita, soprattutto quando per rabbia si “perde la pace”, a chiedere la pace interiore, dono dello Spirito Santo.
Il cuore che “si turba” non è “aperto alla pace di Gesù”, non è capace “di portare la vita come viene, con le croci e i dolori che vengono”.
Dobbiamo chiedere al Signore la “grazia della pace, di non perdere quella pace interiore” perché si entra “nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni” così come, conclude Francesco, ci indica sant’Agostino nel “De Civitate Dei”: La vita del cristiano è un cammino fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
Santa Marta, 9 maggio 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO
“Senza Croce non è vera pace!”
Omelia di papa Francesco a Santa Marta