Emmaus - Wikimedia Commons

Solo Cristo crea e dona speranza

Una volta riconosciuta la Risurrezione, il cuore dei discepoli di Emmaus viene toccato dallo Spirito

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I due discepoli che si affrettano sulla via di Emmaus a raggiungere i loro compagni, dopo la crocifissione di Cristo e la sua sepoltura, sono il richiamo attuale ad ogni cristiano che ha perso la fede e la speranza in Cristo Gesù Risorto. Una pagina di Luca nel vangelo, capitolo 24, che rimane rilevante e centrale, in un tempo dove lo sguardo dell’uomo si è ormai posato su altri interessi e motivazioni interiori. L’afflizione e la delusione dei due in cammino verso casa non erano altro che il risultato di un credo affievolito, legato fortemente alla sola presenza del Messia in carne ed ossa. Sparito il corpo, si appanna l’insegnamento a loro dato.
Fortunatamente è solo un fatto momentaneo, perché qualcosa di grande succederà da lì a poco. Il Figlio dell’Uomo, venuto a liberare il mondo dal fardello del peccato originale, sa che è l’ora di intervenire e fermare quella tentazione del cuore che mira a compromettere la Missione voluta dal Padre. È il lavoro giornaliero di satana. Nessuno però può mai fermare il disegno divino che ha sacrificato il Messia alla morte di croce, per consentire a tutti gli uomini di salvarsi e di spezzare il tentativo di mutuare la genesi del primo peccato dell’uomo. Ogni disavventura sociale o personale, ieri come oggi, ha nelle sue ragioni di fondo la scelta di andare in direzione della Parola o meno.
Dio non condanna e non distrugge niente e nessuno per sua volontà. È l’uomo che decide il suo destino, spesso nascondendosi dietro le coincidenze e le sfortune. Un modo rovinoso di scrivere per la propria parte la storia, bloccando di fatto la resilienza di ognuno, con gravi danni alla comunità di riferimento. Un passante occasionale, sempre sulla strada per Emmaus, unendosi ai due ristabilisce la verità. E’ il Signore, sotto altre vesti, che ricorda loro le scritture e le profezie, aprendo in quei cuori delusi un varco che si era ormai chiuso. L’inatteso compagno di viaggio argomenta come da sempre si sia parlato del Signore come il sofferente, il trafitto, il crocifisso, colui che muore, ma anche come il Risorto! Qualcosa di inaspettato comincia a prende forma.
I discepoli, visto l’arrivo della sera, invitano il viandante straniero a rimanere a casa con loro, per poi ripartire il mattino dopo. Quando Gesù spezza il pane e recita la benedizione, si aprono finalmente gli occhi e la mente di ognuno, vedendo in quell’uomo il Maestro. Il Signore può ora sparire da quel contesto che lo aveva accolto. I presenti si rendono subito conto di quanto era stato anticipato da Gesù nei giorni passati assieme, anche se ancora incapaci di coglierne la verità storica e celeste. Chi era tornato a casa pieno di sconforto, ora è pronto per ritornare a Gerusalemme e trasferire agli altri la verità e la certezza della Resurrezione.
Un atto necessario oggi per qualsiasi realtà sociale, se si vuole cambiare un mondo in affanno, molto di più dei due discepoli sulla strada di Emmaus. Se si perde il contatto con Cristo si smarrisce la speranza che nessuno può supplire. Non è nelle capacità dell’uomo iniettare fiducia interiore nel mondo, se esso viene solo da sé stesso. Cristo non si limita tuttavia a dare la speranza, ma ne è l’origine, la fonte, il punto primo e assoluto. Il Signore perciò è colui che crea la speranza e di riflesso è l’unico in grado di trasferirla a coloro che veramente la cercano.
Se Cristo non crea nell’uomo le giuste attese, quest’ultimo ne rimarrà privo per sempre. Basta guardarsi attorno! Quanta afflizione; solitudine; debolezza interiore; tiepidezza; incertezza; miseria della mente e del cuore; insoddisfazione; precarietà sociale, professionale, imprenditoriale, politica. Tutto questo è perché non si è pronti a riconoscere nella propria vita il vero Cristo. Un falso Cristo non può donare alcuna speranza. Ecco allora la necessità per chiunque di interrogarsi seriamente sulla falsità o meno del proprio Cristo. Un passaggio questo cruciale, costante, centrale, necessario. Non farlo significa affidarsi ad un relativismo di maniera che costruisce su richiesta il modello del Messia desiderato.
Ma Cristo è! Non bisogna adattarlo o modellarlo inseguendo spinte personali o di gruppo. La fonte eterna è esclusiva. O la si conosce, oppure si va in tutt’altra direzione. Un credente non può dimenticare che il Signore governa la storia. Nulla è dall’uomo per la sua salvezza. Dinnanzi ad un trauma personale chi ha fede certa non si interroga sulle intenzioni di chi lo ha prodotto, ma sul perché Dio ha permesso quell’evento magari non preventivato. Cambia così l’essenza della Storia, perché si pensa non da sé stessi ma da Cristo, aprendo prospettive inesplorate. Le donne e gli uomini illuminati, laici o religiosi che siano, chiamati ancora nel nostro tempo dal Signore, alla testimonianza del vangelo, ci offrono gli indirizzi indispensabili che salvano. Beate le comunità che hanno il privilegio di ospitare questi nuovi profeti, anche se in principio combattuti e respinti!
Con la loro coerenza nella Parola, studiosi o meno delle Scritture, contribuiscono a cambiare concretamente la quotidianità in cui si vive, estendendo l’eco dei propri gesti oltre ogni confine, consentendo la conversione dei cuori duri, sperduti, finiti. Mai quindi dimenticarsi che la speranza viene solo da Cristo, suo creatore e giusto dispensatore. Non può di sicuro procedere dall’uomo. Chi è lontano dal vero Cristo ha una parola debole, ambigua, interessata, costruita, calcolata, fuggente, confusa. Non può essere la base di una rivoluzione senza armi, per la costruzione di una comunità nuova, fatta da uomini nuovi, diversi, ma in comunione e convertiti nella divina speranza.
Solo quando si ricrea la speranza nel cuore dei discepoli di Emmaus, toccato dallo Spirito Santo, gli stessi decidono di andare a predicare nella città santa. La Parola ispirata dal cielo consente a quel punto loro di andare, salvare e convertire. Ogni missione deve necessariamente annunciare il Cristo vero, per non rischiare di falsare la storia e manomettere il senso alto di ogni apostolato. Il Signore perciò da sempre chiama anche gruppi e movimenti, attraverso le donne e gli uomini prescelti, a radicarsi nella Chiesa, quali vere perle della speranza, per testimoniare il vangelo in ogni campo lavorativo, familiare, sociale, ecc. Una catena terrena infinita che, se avvolta dalla luce di Cristo e di Maria, nessuno potrà mai e poi mai frantumare.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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