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Papa: "L’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità"

Nell’omelia della Messa celebrata al Cairo, Francesco spiega cos’è la “vera fede” e afferma che “per Dio è meglio non credere che essere un falso credente”

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“Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità!”. Davanti a quindicimila persone, tra cui ortodossi e musulmani, il Papa torna implicitamente a condannare una fede che si contrappone agli altri, sottolineando invece che autentica vocazione del fedele è servire il prossimo.
Nell’omelia della Messa concelebrata con il Patriarca copto-cattolico, Abramo Isacco Sidrak, in un blindato stadio dell’aeronautica, al Cairo, Francesco sviluppa la sua riflessione partendo dall’episodio dei discepoli di Emmaus, presente nella liturgia di questa domenica. Sintetizza il brano evangelico in tre parole: morte, risurrezione e vita.
Morte che è il sentimento che affatica il cuore dei discepoli dopo la crocifissione di Gesù perché – spiega Francesco – “non potevano capire perché Dio Onnipotente non l’avesse salvato da una morte così ignobile”. Erano allora loro “i morti nel sepolcro della limitatezza della loro comprensione”. Limitatezza che appartiene spesso a tutti noi, quando rifiutiamo “di superare la nostra idea di Dio”, di “un dio creato a immagine e somiglianza dell’uomo”.
Serve quindi la Risurrezioni di Dio per aprire i loro occhi. “Nell’oscurità della notte più buia – riflette il Pontefice -, nella disperazione più sconvolgente, Gesù si avvicina a loro e cammina sulla loro via perché possano scoprire che Lui è ‘la via, la verità e la vita’”.
Ma questa Risurrezione è passata prima attraverso la croce, dandoci un’indicazione precisa. “Chi non passa attraverso l’esperienza della Croce fino alla Verità della Risurrezione si autocondanna alla disperazione – osserva Bergoglio -. Infatti, noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere”.
Il Santo Padre torna sulla figura dei discepoli di Emmaus, i quali furono trasformati dall’incontro di Gesù. Un incontro che dobbiamo sperimentare anche oggi, quotidianamente. “La Chiesa deve sapere e credere che Egli è vivo con lei e la vivifica nell’Eucaristia, nelle Scritture e nei Sacramenti – afferma -. I discepoli di Emmaus capirono questo e tornarono a Gerusalemme per condividere con gli altri la loro esperienza”.
Discepoli di Emmaus che ci insegnano inoltre – prosegue – “che non serve riempire i luoghi di culto se i nostri cuori sono svuotati del timore di Dio e della Sua presenza; non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello; non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità; non serve curare l’apparenza, perché Dio guarda l’anima e il cuore e detesta l’ipocrisia”.
Il Papa ricorda che “per Dio è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita”, perché “la fede vera è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani; è quella che anima i cuori per portarli ad amare tutti gratuitamente, senza distinzione e senza preferenze; è quella che ci porta a vedere nell’altro non un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, da servire e da aiutare; è quella che ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto; a vestire chi è nudo, a sfamare l’affamato, a visitare il carcerato, ad aiutare l’orfano, a dar da bere all’assetato, a soccorrere l’anziano e il bisognoso”.
Dunque “l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità”, dice Francesco. Che aggiunge: “Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui”. Sull’esempio dei discepoli di Emmaus, il Pontefice invita tutti a dare testimonianza, con un messaggio particolare per i cristiani di un Paese in cui non cessano le persecuzioni: “Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente”.
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Qui il testo completo dell’omelia.

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Federico Cenci

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