III Domenica di Pasqua – Anno A – 30 aprile 2017
Rito Romano
At 2,14.22-33; Sal 15; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35
Rito Ambrosiano
At 19,1b-7; Sal 106; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
1) Da fuggitivi a pellegrini.
Il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua è incentrato sul cammino di due discepoli, per i quali Emmaus è una tappa del loro allontanarsi da Gerusalemme dove hanno assistito alla fine della loro avventura a causa della morte di Cristo. E’ vero avevano sentito da alcune donne affermare che Gesù era risorto, ma era una notizia così incredibile, che se ne vanno dalla città dove il loro “sogno” era stato infranto dalla Croce.
Provvidenzialmente, Cristo si fa loro compagno di strada e, anche se -lungo il cammino- “vedono” in lui solamente un estraneo, accettano che cammini con loro e che lenisca la loro tristezza. Lo sconforto che hanno impedisce loro di credere che la Croce di Cristo è la chiave per entrare nella casa del Padre.
Con franchezza e amore questo “sconosciuto” dice loro: “O senza testa[1] e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Lc 24, 25-27).
Ascoltando lo Sconosciuto, che con le sue parole ridona loro testa per capire e apre il cuore per accogliere, i due discepoli arrivano a Emmaus, dove si fermano per la notte e lo invitano a restare con loro perché a quell’ora la strada si fa pericolosa. A questo gesto di condivisione, Cristo risponde con un altro gesto di condivisione: spezza il pane per loro. Questo gesto eucaristico permette ai due “fuggitivi” di riconoscere il Signore.
“Essi narravano le cose accadute lungo il cammino e come si era rivelato a loro nello spezzare il pane”(Lc.24,13-35). Questa frase, che conclude il racconto dell’esperienza pasquale dei due discepoli di Emmaus, sintetizza in modo meraviglioso il senso dell’esistenza cristiana di ogni discepolo di Gesù Cristo. Che cos’è la novità cristiana se non vivere la normalità della vita, con le gioie e le tristezze, le speranze e le angosce, illuminata, interpretata, dall’evento di Cristo che si rivela nella condivisione del pane spezzato? Il cammino di Emmaus con Lui che ci cambia la vita, è la descrizione dell’esperienza di ciascuno di noi, quando arriviamo a dirci l’un l’altro: “Il nostro cuore non ci bruciava dentro mentre parlava a noi sulla strada e ci spiegava le Scritture?”.
Nella strada che conduce a Emmaus possiamo riconoscere il nostro cammino di fede, in cui invece di una locanda c’è la Chiesa, che con la Messa ci offre le Scritture e l’Eucarestia elementi indispensabili per l’incontro con il Signore. Se con le nostre preoccupazioni e difficoltà usciamo di casa per andare alla chiesa, lì potremo –almeno ogni domenica- andare spiritualmente a Emmaus, dove la Parola di Dio ci è spiegata e il Pane di Vita ci è donato. Lì Dio sta con noi, con la sua Parola ci consola con il suo Pane ci ristora, cura e guarisce, donandoci la gioia.
Il cammino dei due discepoli di Emmaus è quello di tutti noi. Se camminando il nostro cuore non resta chiuso dalla tristezza, possiamo incontrare il Risorto nella Parola che ci accende il cuore e nel Pane che ci apre gli occhi. Nella Parola e nell’Eucaristia noi stessi passiamo dalla morte alla vita e riconosciamo che è vero quanto i primi testimoni oculari ci hanno raccontato: sappiamo che Gesù è risorto perché anche noi l’abbiamo incontrato e siamo risorti a una vita nuova nell’amore.
A noi in cammino, come ai due discepoli, Cristo ci annuncia il Vangelo della sua risurrezione, ci parla della storia di amore di Dio con il suo popolo, ci ricorda la perenne fedeltà di Dio, che ha stretto con noi un’alleanza eterna. Cristo ci parla ed apre il nostro cuore alle Sacre Scritture, svelando la profondità del Suo cuore ricolmo di amore, a causa o, meglio, grazie al quale “doveva” soffrire, morire. Non poteva fare altro che amarci di quell’amore assoluto e infinito, che supera le barrire della morte e della carne.
2) Un amore senza fine e sino alla fine.
La memoria dei discepoli (e di ciascuno di noi) è ridestata dalla presenza di Cristo, che è Parola e Pane. Ora anche gli occhi del cuore si sono aperti e allora, come oggi, è loro possibile conoscere chi è Colui che li accompagna. Per la loro mente aperta dalla Parola e dalla frazione del Pane, l’oscuro evento della morte di Cristo diventa luce. Con la mente illuminata e il cuore aperto, la nostra tristezza diventa preghiera: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno ormai tramonta”. Sull’oscurità di un evento di morte (quella di Cristo), scende la luce di Cristo risorto. E’ stato sufficiente che i due discepoli esprimessero loro desiderio di condivisione perché Lui, che in realtà desiderava rivelare il suo Amore per loro, accogliesse il loro invito, entrasse e rimasse con loro.
Facciamo altrettanto e Cristo entrerà nella nostra casa, nel nostro cuore, nella nostra vita. Allora Lui sarà a tavola con noi, come lo fu “con loro” e per noi, come “per loro”, il pane benedetto e spezzato diventa energia per il cammino, invertendo la marcia: verso Gerusalemme, per annunciare che Cristo è risorto davvero e loro lo hanno incontrato.
A questo punto emergono due domande importanti: come e dove si può incontrare il Risorto? Come riconoscere il Signore che cammina con noi? Nella locanda di Emmaus, a Cleopa e all’altro discepolo senza nome (nel quale quindi ciascuno di noi si può identificare) gli occhi si aprirono quando, seduto a tavola in loro compagnia, Gesù compì quattro gesti (prese il pane, ringraziò (in greco “eucharisto”) con la preghiera di benedizione, lo spezzò e lo distribuì), che portano indietro e in avanti.
Portano indietro facendo memoria della cena eucaristica nel Cenacolo e alla vita terrena di Gesù (una vita spezzata e condivisa in dono come pane spezzato), alla croce che di quella vita è il compimento.
Portano in avanti, nel tempo della Chiesa, tempo in cui i cristiani continuano a “spezzare il pane” (uno dei primi nomi dati alla Messa). Questo spezzare il pane è dunque un gesto sacramentale, in un certo senso riassuntivo, nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe dell’esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore ora presente nella comunità. Lo “spezzare il pane” è sempre la modalità riconoscibile della presenza del Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore glorioso presente nella Chiesa. Si tratta di un amore fino alla fine e senza fine.
3) Verginità, Parola e Eucaristia.
A questo amore che si dona completamente, le vergini consacrate nel mondo si donano completamente e diventa particolarmente vero per loro quanto accadde alla Vergine Maria quando disse all’angelo di Dio: “Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Il suo cuore divenne un tabernacolo e in modo speciale ciascuna di queste consacrate potrebbe dire: “Avvenga di me secondo la tua parola riguardo alla Parola. San Bernardo di Chiaravalle in modo geniale commenta: “La Parola che era in principio presso Dio (cfr Gv 1,2) si faccia carne dalla mia carne secondo la tua parola. Venga a me la Parola, non pronunciata, che passi, ma concepita, affinchè rimanga, rivestita cioè di carne, non di aria. Venga a me la Parola non solo udibile agli orecchi, ma anche visibile agli occhi, palpabile alle mani, portabile in braccio”.
Sull’esempio delle Vergini consacrate, preghiamo con queste parole di San Bernardo: “Quanto a me prego che il Verbo di Dio s’incarni nel mio grembo, secondo la tua parola. Non voglio che venga a me solennemente declamato, o significato in modo simbolico, o sognato con l’immaginazione, ma nel silenzio ispirato, personalmente incarnato, corporalmente inviscerato. La Parola, dunque, che in sé non poteva né aveva bisogno di essere fatta, si degni di essere fatta (in me e a me secondo la tua parola”. Insomma il Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la verginità consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva della Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà radicale e feconda. Nell’Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed alimento per la sua dedizione totale a Cristo.
Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona
Sermone 235, 1 – 4
Il Signore Gesù, dopo essere risuscitato dai morti, trovò per via due dei suoi discepoli, che conversavano insieme dei fatti del giorno, e disse loro: “Che sono questi discorsi che andate facendo tra di voi, e perché siete tristi?”, ecc.; il fatto è narrato dal solo evangelista Luca. Marco si limita a dire che apparve a due discepoli lungo la via (Mc 16,12 Mc 16,13): ma quel che essi dissero al Signore, od anche ciò che questi disse loro, egli lo ha tralasciato.
“Cristo con i discepoli per via“. Cosa dunque ci ha apportato questa lezione? Qualcosa di grande, se cerchiamo di comprendere. Gesù apparve: era visto con gli occhi, ma non era riconosciuto. Il Maestro camminava con loro per via, anzi era lui stesso la via: essi però non camminavano ancora per la via; li trovò bensì che esorbitavano dalla via. Quando infatti era stato con loro, prima della sua Passione, aveva loro tutto predetto: che avrebbe patito, che sarebbe morto e risuscitato il terzo giorno (Mt 20,18-19): tutto aveva predetto; ma la morte di lui fu oblio per loro. Così rimasero turbati quando lo videro pendente dal legno, sì da dimenticare il docente, da non aspettare il risorgente, né da tener fede all’autore delle promesse.
“Noi“, dicono essi, “speravamo che avrebbe operato la redenzione d’Israele“. O discepoli, voi speravate; dunque ora non sperate più? Ecco che Cristo vive, mentre la speranza è morta in voi ! Certamente Cristo vive. E Cristo vivo trovò morti i cuori dei discepoli: ai loro occhi apparve e non apparve; ed era visto e si nascondeva. Ma se non era visto, in qual modo lo ascoltavano mentre interrogava, o rispondevano alle sue domande? Egli viaggiava per via con loro come un compagno, mentre era il capo medesimo. Senz’altro lo vedevano, però non lo riconoscevano. “I loro occhi erano infatti appesantiti e incapaci di riconoscerlo“, come abbiamo sentito. Non dice che erano incapaci di vedere, bensì che erano incapaci di riconoscerlo.
“Perché Cristo volle essere riconosciuto nella frazione del pane. Il premio dell’ospitalità”. Orsù, fratelli, dove volle essere riconosciuto il Signore? Nella frazione del pane. Siamone certi, spezziamo il pane, e conosciamo il Signore. Non ha voluto essere conosciuto se non lì; il che vale per noi che non eravamo destinati a vederlo nella carne, e tuttavia avremmo mangiato la sua carne. Perciò, chiunque tu sia, o fedele; chiunque tu sia che non vuoi essere detto vanamente cristiano; chiunque tu sia che non senza ragione entri in chiesa; chiunque tu sia che ascolti con timore e speranza la parola di Dio, ti consoli la frazione del pane. L’assenza del Signore non è assenza: abbi fede, ed è con te colui che non vedi. Quei tali, quando parlava con loro il Signore, non avevano fede: perché non credevano che fosse risorto, non speravano che potesse risorgere. Avevano perduto la fede, avevano perduto la speranza. Camminavano morti in compagnia della stessa vita. Con loro camminava la vita, ma nei loro cuori la vita non era stata ancora richiamata.
Anche tu, quindi, se vuoi avere la vita, fa’ ciò che essi fecero, affinché tu conosca il Signore. Essi gli dettero ospitalità. Il Signore era infatti simile ad uno che vuole andare oltre, essi però lo trattennero. E dopo esser giunti al luogo cui erano diretti, dissero: “Resta ancora qui con noi, si fa sera infatti e il giorno volge al declino“. Accogli l’ospite, se vuoi conoscere il Salvatore. Ciò che aveva portato via l’infedeltà, lo restituì l’ospitalità. Il Signore, dunque, si fece conoscere nella frazione del pane.
Imparate dove cercare il Signore, imparate dove possedere, dove conoscere, quando mangiate. I fedeli infatti hanno conosciuto in questa lezione qualcosa che meglio comprendiamo e che quei tali non conobbero. “Cristo si è assentato con il corpo perché si edificasse la fede“. Il Signore è stato conosciuto; e dopo essere stato conosciuto, mai più ricomparve. Si separò da loro con il corpo, colui che era trattenuto dalla fede. Per questo infatti il Signore si assentò con il corpo da tutta la Chiesa, e ascese al cielo, perché si edificasse la fede. Se infatti non conosci se non ciò che vedi, dove sta la fede? Ma se credi anche ciò che non vedi, godrai quando vedrai. Si edifica la fede, perché si respinge l’apparenza. Verrà ciò che non vediamo; verrà, fratelli, verrà: ma, attento a come ti troverà. Infatti, verrà ciò che dicono gli uomini: Dove, quando, come, quando sarà, quando verrà? Sta’ certo, verrà: e non soltanto verrà, ma verrà anche se tu non vuoi.
[1] La parola greca usata è ἀνόητος (anoetos) cioè senza testa – sarebbe ‘senza mente’, cioè la testa c’è tutta, ma non si usa la mente, il cervello. Alla testa manca ‘solo’ il cervello.