«Percorrere il cammino della pace non è sempre facile, ma è l’unica vera risposta alla violenza».
Ricordando Martin Luther King nel giorno del quarantanovesimo anniversario della sua morte, Papa Francesco ha usato parole che, ancora una volta, si sono rivelate profetiche. Gli echi di guerra che arrivano dalla Siria ne sono la tragica conferma: dopo aver a lungo voltato la testa dall’altra parte, e sopportato che accadessero le peggiori nefandezze, il mondo s’è improvvisamente ridestato. Troppo strazianti le immagini dei bambini uccisi dal gas per far finta di niente, come sin qui è stato mentre gli stessi bambini morivano nelle città contese dai terroristi, riconquistate dall’esercito governativo, rase al suolo dai bombardamenti di questo o quello Stato. Quegli stessi bambini che insieme ai loro genitori tante, troppe volte sono stati respinti alle frontiere delle nostre nazioni sedicenti civili, o ancor prima da molti di noi comodamente sprofondati in poltrona, perché a casa nostra non c’è posto ed è meglio aiutarli da loro, dove già vivono. All’inferno, insomma. Coscienze addormentate, di tanto in tanto scosse da un sussulto prima del nuovo sonno che, come quello della ragione, genera mostri.
Non ne mancano, di mostri, sull’altra sponda del Mediterraneo: dove nacquero e fiorirono le più grandi civiltà si respira odore di morte e sopraffazione: i più forti schiacciano i più deboli, e coloro i quali dovrebbero garantire il rispetto delle regole scendono in campo preceduti da missili e bombardamenti, calpestando altre norme – scritte e non scritte – del diritto internazionale. Insomma, si combatte la violenza con la violenza, confidando che le bombe sganciate cadano sui cattivi risparmiando i buoni.
Quanto accade in Medio Oriente, e in tante altre parti del mondo, altro non è che il drammatico emergere di quella «terza guerra mondiale a pezzetti» che il Santo Padre denunciava già nel 2014 e che ora rischia di trasformarsi in conflitto globale, figlio di un livello di crudeltà spaventoso di cui sono vittime – per primi – civili inermi, donne e bambini. In quella occasione Papa Bergoglio riconosceva la liceità del contrasto ad aggressioni ed aggressori, riconducendola tuttavia al novero delle competenze primarie dell’Onu per evitare il ricorso ad invasioni mascherate da missioni umanitarie. Ecco perché le Nazioni Unite, paralizzate da veti incrociati corrispondenti ad interessi di parte più che alla tutela di quelli generali, vanno riformate, e in fretta, perché acquistino un ruolo davvero cruciale. Ma al tempo stesso, perché si possa almeno sperare che qualcosa cambi in meglio, è forse utile seguire anche l’altra strada indicata da Papa Francesco: «L’umanità è chiamata a sviluppare per tutti i conflitti umani un metodo che rifiuti la vendetta, l’aggressione e la rappresaglia. Il fondamento di un tale metodo è l’amore».
Discorsi da Papa? Valga allora l’invito – inascoltato – di chi una guerra la combatté, da partigiano. Quel Sandro Pertini che ai potenti della Terra ricordò: «Su tutti i popoli della terra incombe questo tragico dilemma: o procedere insieme sul cammino della vita affratellati in un’umana solidarietà, o perire insieme nell’olocausto nucleare. Ripeto una mia esortazione: i miliardi sperperati per costruire ordigni di morte servano invece per combattere la fame nel mondo».
Svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai. Prima che sia troppo tardi.
Campo di grano / Pixabay CC0 - realworkhard, Public Domain
Mons. Bertolone: "Svuotate gli arsenali, riempite i granai"
Non si combatte la violenza con la violenza