Gioia / Pixabay CC0 - Lazare, Public Domain

Tutto è un regalo della vita. E noi non ci siamo meritati niente

Molti non si rendono conto fino alla fine che la felicità è una scelta

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“Buona sera prof, sono davvero onorato di aver ricevuto il suo libro “In te mi rifugio”. Come le ho detto a scuola stamattina, la carta è tutta un’altra cosa… è come se fossero parole più “emozionanti”.
Io seguo il suo blog da quando è nato e spesso ho riletto i post anche nei giorni seguenti, perché mi ritornavano in mente frasi, citazioni o esperienze raccontate che potevano essermi utili per quei momenti.
Sembra strano, ma ogni volta è come se ci fosse qualcosa di diverso, un aspetto che non avevo notato. È come se, ogni volta, mi rispondesse a dubbi e domande di quel momento…”
 *
Carissimo Luca, oggi è stata una giornata un po’ speciale per me: ho finito di scrivere il mio curriculm. La nuova Dirigente Scolastica l’ha chiesto a tutti noi insegnanti, per metterlo nel sito della scuola.
Per scriverlo, ho dovuto fare mille ricerche nel passato, tuffandomi nelle scatole a fiori piene di documenti, nei file del mio pc, nei DVD degli spettacoli e dei viaggi d’istruzione. Man mano che trovavo, io stessa ero meravigliata delle esperienze fatte. Anzi…no…mi spiego meglio.
Non ero meravigliata dei Progetti Scolastici organizzati, ma dei singoli istanti vissuti.
Tutto è cominciato quando ho ritrovato due foto scattate a Barbiana, nel bordo della piscina che don Milani aveva fatto fare per i suoi ragazzi.
E’ il 6 dicembre 2006.
Ci sono io e ci sono i miei studenti di allora, che avevano deciso di portarsi pasta, sugo e fornelletto per cucinare lassù.
C’è Paolo, con i suoi capelli lunghi e l’aria da sognatore rivoluzionario e c’è Andrea, riservato e dolce. C’è Gianluca, buono e sensibile e c’è Marco, occhi scuri e col sogno nel cassetto di poter entrare in polizia…
Tutti avevano accettato di fare l’ultimo tratto di strada a piedi. Lo ammetto: avevo vergognosamente barato. Li avevo convinti che, da dove ci avrebbe lasciato il pullman, sarebbero rimasti da fare un paio di chilometri. Invece erano cinque e tutti in salita.
Era inverno, era freddo e lungo la strada l’eco delle loro minacce nei miei confronti echeggiavano dappertutto! Erano più di duecentocinquanta ragazzi ed io ridevo nel sentir risuonare dal fondo valle: “Professoressaaa!!! Faccia testamento oggi, che tanto prima di stasera l’uccidiamo!
Io, divertita, urlavo dall’alto del mio ruolo capo-fila:“Siete i miei eroiiii!!!
Fu una giornata bellissima e, a distanza di anni, i ragazzi ancora la rievocavano con entusiasmo (io dico, anche grazie alla fatica provata).
Oggi pomeriggio osservavo la foto e pensavo a quell’istante ritratto.
Chissà cosa mi stava dicendo quel ragazzo, per farmi ridere così?
Nostalgia, incanto, affetto, meraviglia…
Quando quel giorno ho vissuto quel momento, non mi ero accorta che stavo vivendo un attimo magico, sacro, bello, unico.
Unico!
Perché la bellezza della vita è negli istanti e non negli anni.
Istanti straordinariamente irripetibili.
Pezzi unici da prendere al volo.
Una risata, un bacio, un “ciao, come stai?”, un errore, una svolta, un paio di scarpe nuove, un paio di idee nuove, un caffè bollente, un divano accogliente, una sveglia che suona, una nota che emoziona, una preghiera nel fango, un far l’amore amando, una penna regalata, uno shampoo profumato…
Tutto è un regalo della vita.
Non ci siamo meritati niente.
Semplicemente ci siamo svegliati, ritrovandoci immersi in una marea di opportunità, chiamata “vita”.
A noi la scelta. Siamo vivi.
Siamo liberi.
Il libro “In te mi rifugio” contiene la ricerca di vita e di felicità che tutti noi facciamo tra le pieghe delle scelte quotidiane.
Nel film “Woman in gold” Maria Altmann è una giovane sposa ebrea che vuole scappare dai nazisti, ma ha solo un paio d’ore di tempo per scegliere se cogliere l’occasione o restare accanto ai due anziani genitori.
Pochi attimi, per decidere se farsi dilaniare dai sensi di colpa per aver lasciato i propri genitori a Vienna o farsi dilaniare dalla morte per mano nazista.
Con questo stato d’animo lei decide di scappare verso gli Stati Uniti e va a dare l’ultimo saluto ai genitori.
In quel dialogo quasi bisbigliato (per non farsi sentire dai nazisti fuori la porta) c’è la forza della vita che risuona trionfante nelle parole di sua madre: “Vai! Parti! Impara di nuovo ad essere felice”.
Sua madre la stava partorendo di nuovo, spingendola ad aggiungere attimi alla sua vita.
Ognuno di noi sta scrivendo il proprio libro intitolato “In te mi rifugio”, con capitoli pieni di attimi vissuti.
Ogni giorno decidiamo che colore dare a quegli attimi che ci sono stati regalati. Verrà un giorno in cui riprenderemo in mano tutti i capitoli del libro e, rileggendoli in fila, ci accorgeremo della grandezza di quel regalo chiamato “vita”.
Bisogna amarla la vita.
Bisogna abbracciarla così come ci viene, perché tutto è un’opportunità per crescere e spargere colori o grigiore intorno a noi.
Un po’ di tempo fa stavo leggendo i rimpianti più frequenti tra le creature umane che stanno per morire.
Li ha scritti Bronnie Ware, per anni infermiera in un hospice per malati terminali.
Sono essenzialmente cinque.

  1. Avrei voluto avere il coraggio di vivere la mia vita.

Ognuno di noi ha dei sogni in mano.
Il nemico più grande per la nostra realizzazione? La paura.

  1. Avrei voluto lavorare di meno.

Il tempo è davvero un regalo prezioso.
Dobbiamo saper scegliere ciò che davvero conta.

  1. Avrei voluto avere il coraggio di esprimere i miei sentimenti.

Spesso i sentimenti che cerchiamo di soffocare o dimenticare, sono quelli più vicini al cuore.
Ciò che rende l’esistenza preziosa e piacevole sono solo i nostri sentimenti e la nostra sensibilità” (Hermann Hesse)

  1. Sarei voluto rimanere in contatto con gli amici.

Qualche volta la gente muore nella tristezza di non aver mai vissuto veramente gli incontri che la vita aveva messo su un piatto d’argento.

  1. Avrei voluto essere più felice.

Questo è il rimpianto sorprendentemente più diffuso.
Molti non si rendono conto fino alla fine che la felicità è una scelta.
Rimangono bloccati nel “quieto vivere” e nella paura di cambiare.
E così perdono gran parte della ricchezza interiore che avrebbero potuto avere.
Un applauso alla vita!
***
Fonte: www.intemirifugio,it

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Maria Cristina Corvo

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