Gesù Bambino e gli strumenti della croce - Wikimedia Commons

Iapicca: "Dio si è 'appassionato' alle nostre cose, al punto di morirci"

Commento al Vangelo della Domenica delle Palme, Anno A — 9 aprile 2017

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Passione di Dio per te, per me, per ogni uomo. Si, Dio si è appassionato alle mie cose, a quelle di tutti i giorni, al punto di morirci. Non è questo che in fondo tutti stiamo cercando? Non è qualcuno, anche uno solo, che sia attento a quello che ci accade, che abbia a cuore la nostra vita, che si accorga di noi, che ci abbracci quando ci sentiamo soli, che ci stringa forte quando le lacrime ci gonfiano gli occhi, che ci sorrida dolcemente quando ci sentiamo soli e distrutti, che ci prenda per mano e ci tiri fuori dai pasticci?
Non desideriamo qualcuno che ci ami davvero, di quell’amore che non troviamo da nessuna parte, se non a brandelli, nei genitori, nei fidanzati, nelle famiglie, nei figli, negli amici? Ma sono solo frammenti di quello che ci urge disseminati nei giorni, che poi è così difficile rimetterli insieme perché diano senso, pace e gioia alle nostre esistenze.
Eccolo oggi Colui che stiamo desiderando. Eccolo tra le pagine della Passione. Leggiamola con pazienza, vi incontreremo le trame delle nostre vite, i luoghi, i volti  e le cose di ogni nostro giorno.
Il Cenacolo, il Getsemani, il Palazzo del Sommo Sacerdote, il Campo di sangue, il Tribunale del Governatore, il Pretorio, la Via Dolorosa, il Golgota e il Giardino con la tomba.
E poi Pietro Giacomo e Giovanni, Giuda l’amico che tradisce, gli altri apostoli dispersi e scandalizzati, Caifa, i Capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani, il Sinedrio, i falsi testimoni, i servi e le serve, Pilato e sua moglie, Barabba e la folla, la truppa dei soldati, Simone di Cirene, i morti risuscitati, i due ladroni, il centurione e quelli che con lui facevano la guardia, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, la madre dei figli di Zebedeo e le molte altre donne, Giuseppe di Arimatea e le guardie a sigillare e sorvegliare la tomba.
E poi il pane e il vino, il piatto e la coppa, la terra e gli ulivi, il sonno, le trenta monete, il bacio e le mani addosso, la spada e i bastoni, le vesti stracciate e la bestemmia, gli sputi, le catene, il gallo e il pianto, l’albero e la corda per l’impiccagione, l’acqua e il catino, flagello, il mantello scarlatto, la corona di spine e la canna, gli sputi e le parole di derisione, le vesti di Gesù, la Croce e i chiodi, il vino mescolato con fiele, l’iscrizione, gli insulti e le beffe, la spugna l’aceto e la canna, il terremoto, le rocce spezzate e i sepolcri aperti, il lenzuolo pulito, il sepolcro nuovo scavato nella roccia e la grande pietra rotolata alla sua entrata.
La Passione di Gesù è il suo amore sbriciolato e disciolto nella storia che ci accoglie; è la nostra vita, la sua fonte e il suo destino. Entra umile a Gerusalemme, la Città che Dio ha eletto a sua dimora, ovvero la nostra vita preparata da sempre per accoglierlo. Viene a cercarci per prenderci con sé e farci passare dalla morte alla vita, dall’uomo vecchio all’uomo nuovo.
Viene a donarsi, sa bene che gli “osanna” che gli tributiamo quando ci va bene presto si trasformano in insulti e chiodi di fronte alla più piccola contrarietà. Non viene a prendere onori, ma a darne a noi traditori.
Conosce il nostro cuore, lo vuole guarire, per questo viene a offrirci il suo silenzio per caricarsi delle nostre false accuse, delle mormorazioni, dell’ira e dell’odio.
E’ geloso di noi e non può sopportare di vederci schiavi della menzogna del demonio; per questo si lascia arrestare dalla nostra arroganza, giudicare dalle nostre menzogne, insultare dalla nostra ipocrisia, flagellare dalla nostra concupiscenza, spogliare dalla nostra avarizia, crocifiggere dalla nostra superbia, e rinchiudere nel sepolcro della nostra morte, frutto maledetto di ogni peccato.
E’ lì che doveva finire, sin dal primo istante dell’Incarnazione, sin dalla nascita nella mangiatoia di Betlemme che ne profetizzava la tomba. Agli inferi doveva scendere, in quelli di ogni uomo, per liberare gli schiavi e restituirli, di nuovo figli, a suo Padre.
Anche quest’anno Gesù viene in ogni angolo della nostra vita, per adagiarvi il suo amore. E’ un fatto, semplice e vero: Lui in me perché io sia in Lui; tutto di Lui per me perché tutto di me sia trasformato in amore. E’ questa la chiave per contemplare la Passione: “sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più che io vivo, ma è Cristo che vive in me”.
Sono stato amato, perdonato, rigenerato nella sua Passione, e ora non vivo più la mia vita come una cosa mia, nella quale cercare di non soffrire passandola il meglio possibile, offrendo tutto e tutti alla mia cupidigia insaziabile. Ora le persone, i luoghi e le cose non sono più mio possesso, ma le occasioni perché Cristo viva in me la sua Passione.
Ecco, oggi possiamo contemplare in essa l’amore infinito di Dio che, raggiungendomi, mi trasforma in Cristo. Si legge Gesù ma si ascolta Giuseppe, Mario, Giulia e Lucia. La Passione è un Vangelo, il primo a essere scritto, il nucleo più antico e il fondamento di tutto il Nuovo Testamento, la memoria più vivida degli apostoli.
In essa, infatti, è illuminato ogni frammento della vicenda dei suoi fratelli più piccoli. Non c’è angolo oscuro e dimenticato, non un incontro, non un volto, non un evento nel quale Gesù non vi abbia patito per colmarlo della sua gloria.
Tutto, anche il dolore più grande, il fallimento più cocente, la frustrazione più umiliante ha senso nel dolore, nel fallimento e nella frustrazione di Gesù. Ognuno può pensare a Giuda, Pilato, Caifa, Simone di Cirene che ha incontrato; il Pretorio e il Golgota dove ha vissuto, studiato e lavorato; i chiodi, le spine e il flagello che ha toccato. Era amore, il puro amore di Dio che, misteriosamente, perdonandoci, ci univa al suo Figlio e alla sua missione.
Già, la missione. Perché è anche di questa che ci parla la Passione di Gesù. Non è solo un memoriale che si compie di nuovo quest’anno. E’ anche una profezia di quello che Dio ha preparato per noi. Ci attendono il Sinedrio, la Via Dolorosa, i tradimenti e gli sputi, non un frammento della Passione di Gesù ci sarà risparmiata.
Ma è il nostro vanto, il segno che siamo suoi, il suo corpo e il suo sangue vivi in questo tempo; la sua Passione sono le stigmate del suo amore impresse nella nostra carne, ormai libera dal peccato e pronta ad essere offerta anche ai nemici.
Può “patire” solo chi è già risorto con Lui: la sua Chiesa inviata nel mondo per annunciare il Vangelo a questa generazione. Coraggio allora, entriamo con Cristo a Gerusalemme, la sua dimora: è il nostro matrimonio, il posto di lavoro, la scuola, il fidanzamento, la malattia, ogni evento e relazione che ci attendono nella luce sfolgorante della Pasqua.
Ascoltiamo allora la Passione per fare memoria del passato risplendente di Gloria; per vivere con gioia e gratitudine il presente; e aspettare con fede il futuro come l’occasione per “patire” con Cristo per la salvezza di chi ci è affidato.

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Antonello Iapicca

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