Giacomo mi parla dell’interessante comportamento dei giapponesi quando intendono riparare un oggetto screpolato, rotto o in frantumi.
Non la pensano come noi occidentali. Noi, se un vaso si rompe, lo ripariamo in modo tale che non si veda dove si è rotto. Lo vogliamo riparare talmente bene che nessuno se ne deve accorgere.
I giapponesi invece valorizzano la crepa. Evidenziano la spaccatura riparandola con dell’oro in modo che si veda la preziosità della riparazione. Gli orientali – continua Giacomo – credono che quando qualcosa o qualcuno ha subito una ferita, ha già una storia interessante da raccontare.
Noi occidentali, al contrario, siamo portati a dire bianco al bianco, nero al nero, rotto al rotto, intero all’intero. Concludiamo dicendo che la frattura ha un colpevole e…“chi rompe paga”. Ogni rottura va coperta in maniera tale che nessuno se ne accorga più.
Fra gli orientali invece la vita è integrità e rottura insieme, è costante, eterna ricomposizione. Per rendere belle e preziose le persone, le famiglie che soffrono e
hanno sofferto, basta usare questa sottolineatura d’oro che chiamiamo “tecnica dell’amore”.
Se questa è l’arte che i giapponesi adottano per la riparazione dei vasi, noi cristiani la pratichiamo per aggiustare le persone e per unire le comunità.
Tutte le volte che, con amore, cerchiamo di riparare, ricucire gli strappi e le divisioni usiamo un filo d’oro che non nasconde ma indora la ferita e ne evidenzia la preziosità dell’amore che ripara.
Ciao da P. Andrea
Statua amazzone, Musei Capitolini - Wikimedia commons
Indorare la ferita
“Pillola quotidiana” a cura di padre Andrea Panont