San Ludovico da Casoria - © http://www.assisiofm.it/

L'esempio eroico di Ludovico da Casoria per una società "malata di pigrizia"

Il frate minore si impegnò in opere di carità a favore dei bambini, spesso orfani provenienti dall’Africa

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Arcangelo Palmentieri nacque l’11 marzo 1814 a Casoria (Napoli). Era il terzo di 5 figli, il padre era un vinaio.
All’età di 18 anni entrò a far parte dei Frati Minori Alcantarini prendendo il nome di fra Ludovico. Frequentò la scuola dei novizi di Nola, fu ordinato sacerdote il 4 giugno 1837. Da giovane presbitero gli fu assegnato l’insegnamento della matematica e della fisica all’intero dei seminari dei Frati Minori. Oltre a questa lavoro volle aprire una farmacia che fungeva anche da infermeria con la finalità di curare i frati malati e i sacerdoti poveri del Terz’Ordine. Egli si preoccupò di ospitarli presso un edificio a Capodimonte, detto “La Palma”.
Ludovico passava la sua vita ad assistere il prossimo, un giorno si ammalò lui stesso e fu bisognoso di cure. Quell’infermità fu un periodo molto proficuo della sua vita, in quanto gli permise di rivedere la sua esistenza e purificarsi da vari mali. Durante queste tempo ricevette da Dio l’ispirazione di ridare vigore al Terzo Ordine Francescano.
La sua opera di carità non si limitò verso i frati e i sacerdoti. Egli iniziò ad accogliere i ragazzi di strada della città di Napoli ed alcuni bambini africani deportati come schiavi. Si rese conto di quanto fosse necessario praticare l’accoglienza soprattutto verso le persone che provenivano dal continente africano. Questo apostolato rendeva urgente suscitare missionari tra gli indigeni per evangelizzare e sostenere le persone locali. Proprio in questo periodo della sua vita pronunziò la celebre frase: “L’Africa deve convertire l’Africa”.
Il suo impegno verso i giovani continuava sempre con maggiore decisione. Accolse nel convento La Palma altri 9 bambini provenienti dall’Africa. Chiese al re Ferdinando II di riscattare 12 bambini dalla condizione di schiavitù, andando a prenderli personalmente ad Alessandria d’Egitto. La sua opera si espanse con il sostegno della grazia di Dio, concedendogli di espandere la struttura del convento tramite l’intervento del re.
Tante sono le opere di carità che avviò coinvolgendo molte altre persone. Collaborò con la madre Anna Lapini con la quale aprì il collegio delle “Morette” per accogliere 12 bambine provenienti dall’Africa ed assistere molte ragazze povere della città.
Preoccupato che questa opera missionaria potesse finire con la sua morte e per garantire una prosecuzione al suo lavoro pastorale, egli fondò la congregazione dei Terziari Francescani della Carità, detti Frati Bigi dal colore del saio, e 5 anni dopo le Suore Francescane Elisabettine, dette Bigie. Ad Assisi Ludovico fondò l’Istituto Serafico per l’accoglienza dei bambini disabili.
La sua santità contagiò altre persone che ebbero l’onore di conoscere questo grande uomo. Caterina Volpicelli accolse l’ispirazione di Ludovico di dedicarsi alla diffusione del culto al Sacro Cuore a Napoli, fondando in seguito l’ordine delle Ancelle del Sacro Cuore.  Caterina Volpicelli è stata proclamata santa da Benedetto XVI nel 2009.
L’opera di carità di Ludovico fu di ispirazione per il Beato Bartolo Longo. il quale fece costruire una serie di edifici annessi al Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Ludovico morì a Napoli il 30 marzo 1885, all’età di 71 anni. È stato beatificato il 18 aprile 1993 da papa Giovanni Paolo II ed è stato canonizzato da Papa Francesco il 23 novembre 2014.
Quale testimonianza ci dona la vita di questo grande santo della misericordia? L’accoglienza della gioventù abbandonata è una alta forma di carità. Anche oggi viviamo un periodo storico nel quale i giovani sono privati dei loro spazi educativi, affettivi e lavorativi. Le nuove generazioni chiedono di essere plasmate e sostenute nella loro crescita, ma assistiamo alla carenza di veri educatori che si occupano della formazione integrale della persona umana. Alcuni prediligono dedicarsi alla formazione scolastica, altri eccedono nel lasciare una eccessiva libertà trattandoli da adulti, altri ancora proteggono eccessivamente le vite sottraendogli da ogni forma di responsabilità. L’educatore è colui che esige la disciplina ed usa misericordia, dona fiducia e nello stesso tempo controlla da lontano il giovane, offre la sua testimonianza di fede ed ha pazienza nel raccogliere i frutti degli esempi seminati.
L’educazione è autentica quando raggiunge la sfera dell’affettività. Oggi assistiamo alla deformazione della parola affettività, la quale viene troppo spesso malintesa come un legame chiuso ed egoistico piuttosto che una relazione nella quale dare spazio all’ascolto e ai bisogni dell’altro. Quando l’affettività diventa una soddisfare sé stessi si trasforma in egoismo. Tutti abbiamo bisogno dell’altro. L’essere umano per natura non è autosufficiente. L’educatore è colui che intuisce i bisogni dell’altro, infondendo coraggio nel proseguire l’intenzione del giovane, cercando di fare emergere tutte le sue capacità che lo condurranno a riuscire nel suo proposito.
Ludovico è stato un educatore non solo verso i giovani abbandonati, ma ha avuto il grande merito di attrarre con il suo esempio altri uomini e donne a compiere gesti di accoglienza. Tante sono le persone che oggi necessitano di aiuto. L’esodo dei profughi provenienti dall’Africa e dal Medioriente, i bambini rimasti orfani di guerra, i giovani costretti ad emigrare alla ricerca di un lavoro, i ragazzi che vorrebbero ricevere una educazione scolastica adeguata, sono tutte categorie di persone che necessitano di un aiuto concreto. Data la vastità del fenomeno sono davvero pochi coloro che si impegnano fattivamente per restituire dignità a questi nostri fratelli e sorelle. L’esempio eroico dei tanti volontari e di uomini di buona volontà diventa quella testimonianza che può attrarre altre persone a spendere la loro vita per bene del prossimo sofferente e bisognoso.
Il contagio della carità è quel tocco spirituale capace di rinvigorire una società malata di pigrizia, d’indifferenza e di chiusura. L’esempio di carità cristiana di Ludovico, fatta di semplici gesti di accoglienza, diventa quel seme che può far germogliare un albero dove molti poveri ed emarginati possano trovare sostegno, riparo e consolazione.

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Osvaldo Rinaldi

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