Non capisco perché un titolo in prima pagina, che parli della necessità di Cristo, debba risultare indigesto alla maggior parte dei quotidiani italiani ed esteri. La verità non è solo dei cattolici, ma dell’umanità nel suo insieme. Ma veramente si crede che un autentico e reale cambiamento, invocato ogni giorno dalla comunità degli uomini in ogni sua articolazione, possa avviarsi senza un riferimento chiaro a Cristo? Il peccatore, senza il Figlio dell’Uomo, è destinato a manipolare ogni forma di evoluzione rispettosa della eterogenea identità umana, sia esso capo di Governo; proprietario di imperi economici; rappresentante di categorie potenti; intellettuale di raffinata produzione letteraria e filosofica; religioso; professionista; dirigente; lavoratore semplice; studente; disoccupato; ecc.
Papa Francesco nella sua stupenda enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, traccia in modo mirabile la connessione tra cielo e terra. Ci fa capire come il peccato sporchi la natura nella sua profondità più intima, sconvolgendo il concetto di progresso e di trasformazione dei costumi sociali, politici, economici, culturali del pianeta terra. L’uomo non può cambiare il mondo e dare quella svolta reale, attesa dal buon senso umano, fino a quando non si renderà conto della sua vera capacità di sconvolgere nel bene ogni cosa. Una forza divina questa che viene esclusa, purtroppo, costantemente. Lo si fa perché non si crede in Dio, rallentando l’energia celeste che appartiene ad ognuno e truccando di seguito il credo in sé stessi.
Si può mai confidare nelle proprie forze, se tarda ad emergere un punto di riferimento “alto”? Se quest’ultimo viene poi filtrato solo dalle sicurezze induttive dell’uomo, oggi del tutto sconnesse con il valore ontologico del creato? Quando parliamo di ecologia dovremmo estendere il significato di questo termine alla vita, in tutta la sua struttura complessa e variegata. Non si può non parlare di ecologia della famiglia, della politica, della finanza, dello sport, della scuola, dell’amicizia, della mente, dell’amore, ecc. Praticarla significa partecipare attivamente e senza inganni al superamento delle “barriere architettoniche”, disseminate dall’uomo in ogni spazio vitale per contenere la libertà.
Dio ha consegnato all’umanità una terra pulita, fresca, senza rovi e senza disastri ambientali, sociali, istituzionali. Così scrive il profeta: “Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità” (Geremia 2.7). Leggere oggi queste parole solo dal punto di vista ambientale, da considerare comunque una sana conquista, non rende davvero giustizia al senso primario della creazione. La venuta di Cristo sposta infatti il punto di osservazione dall’aspetto naturale ad ogni manifestazione dell’uomo, in cui il suo peccato si trovi a macchiare il quotidiano.
Veramente si può pensare che senza tornare a Cristo si possa determinare un concreto risanamento personale e collettivo dalle guerre fratricide in atto? Dalle violenze durevoli sui profughi? Dalla corruzione dilagante? Dall’egoismo privato e pubblico? Dalle leggi sui diritti che modificano l’armonia universale? Dalla proclamazione di un Dio violento o “fai da te”? Sarebbe bene parlare di tutto questo anche nei “salotti”, non solo delle poche reti cattoliche esistenti, ma in tutti quei talk show che guardano alla religione come un corpo estraneo alla vita sociale di ogni giorno.
Non sarebbe di certo un’offesa all’informazione d’attualità far riferimento alle sacre scritture per leggere i problemi quotidiani, senza per questo essere confessionali o vestire un tono assolutorio, piuttosto che di condanna. Sarebbe un ritorno alla normalità creazionale, interrompendo di fatto un trend ateista o comunque relativistico, capace di giustificare persino l’esclusione del crocifisso dai luoghi pubblici. Perché perseverare nel vivere con la presunzione di essere da sé stessi? Cosa si toglierebbe all’uomo se si ripristinasse la verità del Signore in tutte le sedi ed in ogni persona, compreso chi dovrebbe, per scelta, rendere testimonianza della Parola?
Penso che la comunità nel suo insieme porterebbe a casa dei benefici straordinari, pur rimanendo sempre nel rispetto di chi abbia deciso di percorrere altre strade. Se ci guardiamo intorno non diventa difficile constatare, senza fare del terrorismo psicologico, che nonostante il progresso materiale la famiglia incominci ad essere cancellata; la natura devastata; le relazioni umane restino soggiogate alla prepotenza e all’arroganza degli uni contro gli altri. L’uomo si è dichiarato in pompa magna verità universale per ogni altro uomo.
L’ecologia umana così annaspa, agonizza, muore pian piano, perché si è sprovvisti di un’altra necessaria ecologia: quella eterna, soprannaturale, divina, da cui dipende ogni altra ecologia terrena. È dannoso continuare a rifiutare Cristo, venuto nel mondo perché portasse l’umanità nella ecologia del Padre. L’uomo non deve pertanto continuare a rifiutare interventi esterni alla sua storia, dichiarandosi padrone assoluto della vita e della morte, del tempo e della terra. Leggo, in proposito, in un editoriale del periodico del Movimento Apostolico: “Se il popolo non attinge la sua vita in Dio, mai potrà dare vita alla terra. Ma se la terra non riceve vita dall’uomo, non potrà mai dare vita all’uomo”. L’ecologia del cambiamento passa ineluttabilmente da Cristo.
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"Heaven help us" / Pixabay CC0 - Buecherwurm_65, Public Domain
Tornare a Cristo per praticare l’ecologia del cambiamento
Dio ha consegnato all’umanità una terra pulita, fresca, senza rovi e senza disastri ambientali, sociali, istituzionali