Dio creò ogni cosa in modo perfetto e buono. Così è stata l’opera di Cristo sulla terra. Mai una parola di male; mai un gesto sconsiderato; mai un segno avverso contro una sola persona. Durante la sua missione ha salvato i cuori perduti, consolato gli afflitti e guarito gli ammalati. Dalla croce ha poi perdonato i suoi carnefici, fino a fare esclamare al centurione: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. La luce ha sempre accompagnato la vita terrena del Figlio dell’Uomo in ogni sua azione. La stessa cosa dovrebbe essere per il cristiano. Ogni giorno, attraverso la sua condotta quotidiana, contribuisce a rendere l’altro consapevole o meno del messaggio evangelico.
Da qui nasce la buona notizia posta come luce sul mondo per alimentare il chiarore necessario ad una corretta esistenza umana, fino alla durata dei giorni. Chi crede oggi veramente nel Signore non deve perciò inseguire la comoda strada dei farisei, attenti alla forma; pronti a digiunare; severi nell’osservare la ritualità della tradizione, ma lontani dal vivere il miracolo della misericordia. Un tema di grande attualità e verità, nonostante si viva in un contesto sociale dove la cura dell’apparenza abbia sostituito espressamente il valore della sostanza.
Se fatte tutte le “abluzioni” oggi di norma si continua, come scriveva Isaia, a sfruttare l’operaio; a perpetrare la corruzione; a procurare al prossimo qualsiasi patimento fisico e spirituale; a lasciare il povero languire nelle sue sofferenze; ad accumulare ricchezze, lasciando avanzare la miseria attorno a sé; a trasgredire i comandamenti, cosa penserà chi vede tutto questo? Si può in siffatti termini essere specchio di cristianità per l’altro e rendere anche il digiuno un’opera di luce e non un atto fine a sé stesso? Su questa linea di condotta si rischia di non affermare, come il centurione, dentro di sé o tra gli amici e conoscenti; al lavoro oppure in famiglia: “Davvero costui è un cristiano da prendere a modello!”.
L’altro invece dovrebbe accorgersi che il cristiano, grazie alla sua testimonianza quotidiana, esca fuori dal coro e che in lui esista una chiara differenza rispetto a quanti gli ruotino intorno, a cui avvicinarsi ed attingere. Se ciò non avviene ognuno di noi è obbligato a riflettere su come portare avanti la propria vita. Un passaggio indispensabile, non soltanto per sanare il proprio cuore, ma per ritrovare da “innamorati” e non da pensatori di Cristo, la vocazione alla fraternità. Anche il buon ladrone si accorge di una luce dissimile sul volto di Cristo. Percepisce la presenza di una diversità santa che non appartiene a lui e al suo compagno, giustamente crocifissi per la legge di quel tempo.
È ciò che vede su quell’espressione sofferente, ma in pace, riconoscendo la sua innocenza, che lo redime e lo porta in paradiso. Il cristiano oggi deve mostrare questa luce ristoratrice. Tanti sono i problemi giornalieri che pesano sulle nostre comunità. C’è bisogno di penetrare ed eliminare le tenebre dell’ingiustizia, della falsità, dell’immoralità, delle iniquità. Chi è con Cristo guidi questo processo di rivoluzione interiore. In questo mondo di troppe oscurità sia contrapposizione di luce. Ma spesso succede il contrario. Come dice il salmo: Se vede un ladro corre con lui; Se vede un adultero si fa compagno; se vede un immorale diventa amico.
Il cristiano non è in questo modo “contrapposizione”. Si adegua; giustifica chi sbaglia; copre la luce, invece di opporla ad ogni forma di buio. Bisogna essere luce del Signore per consentire a chi vive nelle tenebre di rendersi conto di questa difformità che salva. Andare sempre in Chiesa; studiare a memoria il vangelo, non serve a nulla, se quando si ritorna nel mondo non si riesce a contrappore la luce della Parola alla falsità dei discorsi degli uomini. Se Gesù ha detto a tutti noi di essere la luce del mondo, non possiamo essere comunque una sua debole emanazione che permette alle tenebre di avanzare indisturbate.
È un danno grave che si sta arrecando a Cristo e di riflesso all’umanità. Passano così nuove tendenze e strani diritti che rompono il cuore dell’equilibrio naturale, donando all’uomo la sensazione di essere sempre più avanti nel progresso e padrone assoluto del creato. Se la Chiesa nel suo insieme dovesse abdicare alla sua profetica contrapposizione di luce, chiudendo gli occhi su tutte le cose che stanno modificando l’essenza primaria della vita terrena, si potrebbero minare le fondamenta della stabilità sociale e spirituale del nostro pianeta.
Occorre far sentire la contrapposizione cristiana in un mondo che affila i suoi muscoli a discapito del cuore, senza creare alcun danno; senza violenza; privi di quanto possa offendere la dignità del prossimo che pur cammina dall’altra parte. Gridare giustizia, giustizia, senza invocare perdono, perdono, porta ad alimentare l’aggressività e la voglia di ritorsione. Le cronache quotidiane sono purtroppo testimoni di uno snaturamento della socialità più autentica. Gesù dalla croce non chiese al Padre giustizia, ma perdono per i suoi aguzzini. Maria da sotto la croce non invocò la vendetta per il figlio, ma domandò la pietà di Dio su ogni peccatore.
Ci fa cristiani essere contrapposizione di luce di fronte al male e non capipopolo della piazza in nome della rettitudine morale, per poi ritornare alle nefandezze pubbliche e private con le quali più volte si convive in silenzio per tutto il giorno. Ognuno è libero di agire secondo le sue scelte, ma non può dichiararsi cristiano senza essere contrapposizione di luce nel contesto in cui vive e lavora. La luce non parla, ma consente di vedere le tenebre, a cui opporsi per l’affermazione del bene comune.
Foto: Andrartes - Pixabay (CC0 PD)
Essere cristiani nel contesto in cui viviamo e lavoriamo
Ci fa cristiani essere contrapposizione di luce di fronte al male e non capipopolo della piazza in nome della rettitudine morale