Rendere conto dell’attualità, senza però dimenticare mai “l’oceano di bene, che opera nel mondo”. Questo l’appello di Papa Francesco ai media. In un messaggio per i 150 anni del quotidiano italiano La Stampa, pubblicato oggi, 9 febbraio 2017, il Pontefice mette in guardia contro “la pietrificazione del cuore”. La vita – aggiunge – “ci è stata donata e siamo invitati a condividerla in questa casa comune, interessandoci gli uni agli altri”.
Nel suo messaggio pubblicato in un numero speciale del giornale fondato a Torino nel 1867, il Papa invita a non “farci rubare la speranza” di fronte al mondo lacerato da conflitti, violenza, odio, terrorismo. Questi elementi sono causa di “una guerra che provoca ogni giorno innumerevoli vittime innocenti, che ruba la vita a tanti bambini, che contribuisce a muovere grandi masse di persone in fuga dalle bombe e dalla distruzione”.
Ma – prosegue – “se il male ci appare minaccioso e invadente, c’è un bene, un oceano di bene, che opera nel mondo”. Esso “ha il volto di chi presta soccorso alle vittime dei bombardamenti in Siria. Ha lo sguardo di chi accoglie i migranti senza cedere alla tentazione della chiusura, di chi non si rassegna a vedere nell’altro, nel diverso da sé, un «nemico». Ha le mani di chi si impegna per garantire un domani a tanti bambini e giovani senza futuro nei Paesi poveri. Ha il sorriso dei volontari che si incontrano nelle corsie dei nostri ospedali, di chi condivide un po’ del suo tempo con gli anziani soli nelle nostre città”.
Così il Papa invita La Stampa a “raccontare il mondo in cui viviamo sapendone sempre descrivere la complessità, senza mai dimenticare quell’oceano di bene che ci fa guardare al futuro con speranza”.
Papa Francesco si sofferma su due “sfide”, la prima è “vincere la globalizzazione di indifferenza”, che definisce una “malattia corrosiva che ci pietrifica il cuore, che ci rende narcisisti e capaci di guardare soltanto a noi stessi e ai nostri interessi, che ci rende incapaci di piangere, di provare compassione, di lasciarci ferire dalla sofferenza altrui”.
Questa “pietrificazione di cuore”, avverte il Papa, “ci fa abituare alle autobombe terroristiche”, “ai migranti che affogano nel Mediterraneo sui barconi trasformati in bare”, “ai senzatetto che muoiono di freddo nelle nostre strade senza quasi far notizia”. Così, aggiunge, “ci degradiamo a poco a poco: nessuno ci appartiene e noi non apparteniamo a nessuno. Invece la vita ci è stata donata e siamo invitati a condividerla in questa casa comune, interessandoci gli uni agli altri”.
La seconda sfida è “una chiamata al realismo”. Egli ritiene “fondamentale cercare soluzioni integrali per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e agli scartati, e nello stesso tempo per prendersi cura della natura a partire da ciò che di più prezioso vi abita, la vita umana”.
In Gesù, Dio “lontano dai riflettori, dalle seduzioni del potere, dai fasti dell’apparenza”. Questa è la “rivoluzione della tenerezza”, perché per incontrare Dio “bisogna chinarsi, abbassarsi, farsi piccoli”. “La pace, la gioia, il senso della vita – aggiunge – si incontrano lasciandoci stupire da quel Dio Bambino che ha accettato di soffrire e di morire per amore”.
E conclude: “La pace, la giustizia si costruiscono giorno per giorno, riconoscendo l’insopprimibile dignità di ogni vita umana, a partire dalla più piccola e più indifesa, riconoscendo ogni essere umano come nostro fratello”.