Inquietudine, incompletezza e immaginazione. Sono queste le tre parole chiave che Papa Francesco ha consegnato stamattina, 9 febbraio 2017, alla comunità de La Civiltà Cattolica per svolgere al meglio la missione comunicativa della rivista.
L’incontro è avvenuto nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, in occasione dell’uscita del fascicolo numero 4mila della rivista dei gesuiti. “È un traguardo davvero unico – ha commentato il Pontefice: – la rivista ha compiuto un viaggio nel tempo di 167 anni e prosegue con coraggio la sua navigazione in mare aperto”.
Proprio l’immagine del mare aperto suggerisce al Papa un appello ai redattori de La Civiltà Cattolica: egli li invita a “non aver paura del mare aperto”, a non cercare porti sicuri ma ad andare in missione, ad andare al largo e non a custodire certezze. Si possono incontrare “venti contrari” e “tempeste”, osserva Francesco, ma “la vostra navigazione non è solitaria”. C’è sempre Gesù che, come nel Vangelo di San Matteo, esclama: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”.
La Civiltà Cattolica si trova dunque sulla “barca di Pietro”, laddove – precisa il Papa – possono esserci marinai che remano “in senso contrario”. “È sempre accaduto”, soggiunge. “Voi di Civiltà Cattolica dovete essere ‘rematori esperti e valorosi’”, commenta parafrasando la Bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum con cui Pio VII nel 1814 aveva ordinato la ricostituzione della Compagnia di Gesù in tutti gli Stati.
L’accorato appello è dunque a “remare”, ad essere “forti”, anche “col vento contrario”. Il Vescovo di Roma confida ai redattori che “la vostra rivista è spesso sulla mia scrivania”. Rileva che La Civiltà Cattolica ha “accompagnato fedelmente” tutti i passaggi fondamentali del suo Pontificato: dall’intervista che il direttore, padre Antonio Spadaro, ha raccolto con il Papa nell’agosto 2013, alla pubblicazione di Encicliche ed Esortazioni “dando di esse una interpretazione fedele”, passando per i Sinodi, i Viaggi apostolici, il Giubileo della Misericordia.
Commentando l’uscita della rivista – per la prima volta dopo 167 anni – anche in spagnolo, inglese, francese e coreano, il Santo Padre sottolinea che La Civiltà Cattolica sarà “sempre più aperta al mondo”.
Si tratta di un nuovo modo di vivere la missione di questa rivista, che non consiste semplicemente “nel difendere le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia”. Per Bergoglio, infatti, “una rivista è davvero ‘cattolica’ solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia”.
Per compiere questo obiettivo, il Papa pronuncia tre parole chiave. Anzitutto l’inquietudine. “Solo l’inquietudine dà pace al cuore di un gesuita”, spiega.
Rammentando che “i valori e le tradizioni cristiane non sono pezzi rari da chiudere nelle casse di un museo”, Francesco propone come patrono per i redattori San Pietro Favre, che descrive come “uomo di grandi desideri, spirito inquieto, mai soddisfatto, pioniere dell’ecumenismo”.
Questa inquietudine deve servire per prendere “consapevolezza delle ferite di questo mondo”, e individuarne “terapie”. “Favre – afferma il Vescovo di Roma – camminava con i suoi piedi e morì giovane di fatica, divorato dai suoi desideri a maggior gloria di Dio. Voi camminate con la vostra intelligenza inquieta che le tastiere dei vostri computer traducono in riflessioni utili per costruire un mondo migliore, il Regno di Dio”.
Il pensiero che i giornalisti devono proporre deve poi essere “aperto e non chiuso e rigido”. Di qui la seconda parola chiave: incompletezza. “Fatevi guidare dallo spirito profetico del Vangelo per avere una visione originale, vitale, dinamica, non ovvia – il suo appello -. E questo specialmente oggi in un mondo così complesso e pieno di sfide in cui sembra trionfare la ‘cultura del naufragio’ – nutrita di messianismo profano, di mediocrità relativista, di sospetto e di rigidità – e la ‘cultura del cassonetto’, dove ogni cosa che non funziona come si vorrebbe o che si considera ormai inutile si butta via”.
Essenziale è dunque avere un “pensiero davvero aperto” per capire le “crisi più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni”. Come seconda figura di riferimento il Papa propone padre Matteo Ricci, il quale compose un grande Mappamondo cinese raffigurante i continenti e le isole fino ad allora conosciuti. “Così l’amato popolo cinese poteva vedere raffigurate in forma nuova molte terre lontane che venivano nominate e descritte brevemente”. Oggi, allo stesso modo, è fondamentale comporre un “mappamondo” per mostrare alle genti le “scoperte” e far conoscere “qual è il significato della ‘civiltà’ cattolica”.
Si innesta così la terza parola chiave, che è l’immaginazione. Francesco afferma che a lui piace tanto la poesia, perché è piena di metafore. “Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto”, spiega. E – aggiunge – “chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore”.
È quanto fece nelle sue opere pittoriche il fratel Andrea Pozzo, “aprendo con l’immaginazione spazi aperti, cupole e corridoi, lì dove ci sono solo tetti e muri”, commenta il Papa consegnando ai redattori della rivista la terza figura di riferimento. Il Pontefice incoraggia dunque La Civiltà Cattolica a continuare ad occuparsi di arte, letteratura, cinema, teatro e musica.
“La Compagnia di Gesù – dice infine – sostenga quest’opera così antica e preziosa, anzi unica per il servizio alla Sede Apostolica”. Il suo legame con la Sede Apostolica – conclude – “ne fa, infatti, una rivista unica nel suo genere”.
Papa Francesco e padre Spadaro - Foto © Servizio fotografico - L'Osservatore Romano
"Abbiate sempre un pensiero aperto": l'invito del Papa ai giornalisti de "La Civiltà Cattolica"
Ricevendo in udienza la comunità della rivista dei gesuiti, Francesco ricorda che “una rivista è davvero ‘cattolica’ solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo”