Foto: ACS - Italia

Pakistan. La cristiana Noreen chiede asilo politico: "Rischio morte per blasfemia”

La 28enne è volontaria di ACS-Italia: “Il mio Paese vittima del fondamentalismo e dell’estremismo. Potrei essere condannata”

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“Ho chiesto asilo politico in Italia perché in base all’art. 295 del Codice Penale Pakistano, più noto come ‘legge anti-blasfemia’, potrei essere condannata a morte”. Si chiama Noreen Yousaf, ha 28 anni ed è nata in Pakistan. Laureata in Scienze dell’educazione ad Islamabad, attualmente studia in Italia per conseguire il dottorato. Ha deciso di impiegare il tempo libero come volontaria in ACS-Italia, cioè nella Fondazione che si occupa dei Cristiani perseguitati, e le abbiamo chiesto per quale motivo abbia inoltrato domanda di asilo politico.
“Nel giugno 2016 il pastore Qandeel della Full Gospel Assembly of Pakistan, una chiesa protestante locale, ha convertito al cristianesimo una ragazza musulmana a West Colony Jhelum, unendola in matrimonio con un cristiano di nome Nadeem. In Pakistan un musulmano può sposare una cristiana, ma se è una musulmana a sposarsi con un cristiano la società e la sua famiglia non lo accettano. Gli ulema incitano le folle contro i cristiani, e a soffrirne le conseguenze non è solo lo sposo, ma anche la sua famiglia e il suo quartiere. La situazione è resa ancor più complicata dal fatto che sia avvenuta anche una conversione alla fede cristiana”.
La notte del 10 luglio, prosegue Noreen, “la polizia è entrata nel quartiere cristiano di West Colony, ma non sono riusciti ad arrestare Qandeel. Con la polizia c’erano anche musulmani locali, che hanno rubato e picchiato brutalmente uomini e donne cristiani.”. Il motivo di tale livore, secondo Noreen, è evidente: “volevano vendicarsi del matrimonio tra un cristiano e una ragazza ex-musulmana convertitasi al cristianesimo. Hanno distribuito anche dei volantini nei quali c’era scritto che avrebbero convertito all’Islam tutte le ragazze di West Colony, facendole sposare con i musulmani. A questo punto mi sono trasferita a casa di mia sorella, a 200 km da Jhelum, sperando che la situazione potesse migliorare.”. Purtroppo però la lontananza non ha impedito che il fanatismo facesse il suo corso.
Uno dei volantini distribuiti faceva riferimento ad una collaborazione resa da Noreen per la stesura di un opera critica della cosiddetta legge anti-blasfemia. “Mio padre ha letto: ‘Tua figlia Noreen Yousaf è blasfema perché ha insultato il profeta scrivendo il libro sulla legge della blasfemia e per questo deve essere uccisa.”. Dopo questa minaccia Noreen ha avuto l’opportunità di venire in Italia, ma non può tornare in patria perché, sottolinea, “se mi rivolgessi alla polizia chiedendo protezione e se registrassi io stessa la denuncia per le minacce ricevute sarei subito arrestata e condannata a morte. In quanto accusata di blasfemia, infatti, è sufficiente che sia un musulmano a denunciarmi, anche se l’accusa è falsa. Il Pakistan è vittima del fondamentalismo e dell’estremismo!”, conclude amaramente.
“Per contribuire a sostenere le donne del Pakistan, che come Noreen soffrono la discriminazione, abbiamo presentato ai nostri benefattori due progetti”, commenta Alessandro Monteduro, direttore di ACS-Italia. “Il primo è “Formiamo giovani ostetriche”, un programma per la formazione di 75 ostetriche tradizionali nel distretto di Faisalabad: assisteranno le partorienti delle aree rurali. Il secondo progetto è “Aiutiamo le donne povere”, e coprirà i costi del Crisis Intervention Center di Lahore per 5 anni. Il Centro è stato fondato dalle Suore del Buon Pastore, e il suo scopo è aiutare donne povere e con problemi psichici. Sono due strumenti concreti per contribuire a tutelare la dignità della donna in un contesto in cui, come ha spiegato bene la nostra volontaria Noreen, tale dignità viene calpestata.”.

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ZENIT Staff

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