Crollo palazzina Acilia: il dolore della comunità locale

Parrocchiani, sacerdoti e il vescovo ausiliare mons. Lojudice si stringono intorno alla famiglia di Debora e della piccola Aurora

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Si stringe insieme la comunità cittadina di Villaggio San Francesco in Acilia dopo la terribile tragedia che è costata la vita alla maestra Debora e alla piccola Aurora sotto il crollo della loro casa. Dal momento dell’accaduto fino alla notte di ieri una folla di persone sono scese per le strade. Tra loro anche i sacerdoti della vicina Chiesa di San Francesco e qualche sacerdote missionario della casa generalizia del Verbo Incarnato, ordine religioso che è in missioni nel mondo nelle zone più pericolose, Gaza, Aleppo, Afghanistan.
“Siamo abituati a sentire i racconti in diretta dai nostri confratelli e a vedere le loro immagini dalle zone della guerra più spietata – ci racconta don Andrea David – ma oggi è come se un missile abbia colpito questa zona. Se la morte ci aggredisce come un ladro stringiamoci forte insieme, attacchiamoci alla vita, gustiamo ogni persona vicina tutti i giorni, amiamoci di più”.
Da ieri notte Acilia – San Francesco è un via via di persone di tutti i tipi, di tutti i ceti, di diverse nazionalità; dalla signora delle ville qui vicino, alle famiglie sudamericane di cui la zona è ricca insieme ad alcune asiatiche, fino a qualche gruppetto di ragazzini rom che vive qui nei pressi. C’è un mondo qui al Villaggio dedicato al Santo poverello, tutta gente che ha imparato negli anni a vivere insieme, ad affrontare la quotidianità, segno che le periferie fisiche possono ancora rappresentare un piccolo ‘presepio vivente’ che hanno tanto da dare e coraggio da mostrare alle grandi distratte metropoli. Da ieri condividono tutti un dolore comune dando veramente un bell’insegnamento a tutto il Territorio Ostiense.
Padre Ivin ha appena il marito della maestra Debora e il fratello della piccola Aurora, ‘splendide persone’, una famiglia magnifica, e subito corre ad assistere un altro gruppo di suoi parrocchiani affranti dall’accaduto. Ha il tempo solo di ricordarci che ha convocato questo pomeriggio il Consiglio Pastorale e tutti i Catechisti in modo da organizzare domani una Veglia di Preghiera alla quale chiama tutti quanti, anche dalle diverse Parrocchie della zona Ostiense.
E Monsignor Paolo Lojudice Vescovo di questa Zona e di Roma Sud ci fa sapere in questi istanti che insieme ai Sacerdoti è sempre in costante contatto con la Comunità: “Sono stato diverse ore con Don Ivin di fronte alle macerie questa notte. Abbiamo pregato, in silenzio. Ma il Signore ha avuto altri progetti. Più lungimiranti dei nostri. Ho visto i corpi estratti dai resti della palazzina. Abbiamo pregato insieme ai Vigili, alla Croce Rossa, alla Protezione Civile, agli Angels. Hanno chiesto loro stessi una benedizione. Era l’unica cosa che in quel momento potevamo fare. Ho visto una grande fede in quei soccorritori”.
Ma siamo ancora affamati delle parole che ci diano una certa consolazione e che sappiano darci un po’ di calore per vincere questo senso morte. Tanti si chiedono smarriti: “Perché il Signore permette questo?” Riusciamo a sederci con don Andrea e chiediamo a lui di esserci Padre e rassicurarci.
“Stringiamoci forte per sentire calore. In questi momenti occorre fare silenzio e cercare di pregare, di stare insieme, vicini, soprattutto con i familiari coinvolti, non lasciamoli soli. Io la prima cosa che ho fatto quando ho sentito il boato e ho saputo cosa era successo è andare a prendere il mio Rosario. Poi sono andato a portare un po’ di biscotti e di tè alla gente che era in strada. Le uniche cose che si possono fare in questi casi è aggrapparsi al Padre Eterno e anche ai soccorritori, fargli sentire che siamo lì presenti”.
“E poi dobbiamo razionalizzare e pensare alle cause a capire – prosegue il sacerdote -. Non dobbiamo credere che queste cose capitano per qualche punizione, assolutamente. Dobbiamo cercare la verità pratica. Non è possibile pensare al perché qualcuno muore e un altro si salva. Un ragazzo non è finito sotto perché era a comprare il pane. Non ha senso fare ragionamenti che ci gettano nell’impotenza ancora di più. Dio accoglie queste persone, questa è la certezza”.
“Vedendo le macerie ho pensato ai terremoti, alla guerra, alle immagini che si vedono; questo dolore ci fa comprendere che è bene vivere il presente, i momenti, gli attimi, le persone che ci sono vicine tutti i giorni. E un altro insegnamento da sacerdote è che non dobbiamo perdere l’occasione, quando nella giornata capita, di fare del bene a qualcuno, senza secondi fini, un bene facile, semplice, non grandi cose. Viviamo più fraternamente, cerchiamo di non usare questi social, i telefonini, parliamo di più tra di noi, salutiamo il nostro vicino di casa, sorridiamo”.
“E poi preghiamo. Sentiamo sempre Dio vicino a noi, non soltanto quando siamo nel bisogno, impariamo a dialogare con lui nella giornata. Fare questo ci aiuta a creare vicino a noi una rete quotidiana di Amore e non sentirci nella disperazione e persi”.
“Da queste ore sto imparando ancora di più quanto è importante stare vicino alla gente, prendere un Rosario e pregare per esempio, fare anche una preghiera più semplice. Non è importante fare grandi cose e progetti insieme, semplicemente passare un po’ di tempo insieme, vicini”.
“Questo è importante ora, quando alla nostra mente ci viene di pensare Il Perché… Il Perché? Solo la Fede e la Preghiera potranno farcelo sapere. Intanto non rimaniamo soli”.
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Fonte: Associazione “La Ciurma”

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ZENIT Staff

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