Lettura
Maria e Giuseppe sono docili e ubbidienti alle prescrizioni mosaiche. Ieri come oggi, la fede regola e sottolinea i passaggi della vita. Lo scenario è ora la Città Santa e, in essa, il Tempio. Qui si compiono riti antichi che risalgono alla liberazione di Israele dall’Egitto, e tutto sembra rientrare nella norma; eppure, in una scena simile a mille altre, lo sguardo della fede vede l’evento unico di Dio che, come promesso, entra nel suo Tempio santo.
Meditazione
È venuto il momento dell’offerta e del riscatto, il primogenito appartiene al Signore come ogni primizia, ma gli uomini hanno inventato un modo per riprendersi quello che hanno dato attraverso un gesto equipollente. Facciamo sempre così con Dio: con una mano diamo e con l’altra ci riprendiamo quello che avevamo promesso ed offerto. Ma per Gesù non è così, Egli è il consacrato del Padre e Maria intuisce che il Bambino che riporta a casa non è più lo stesso. A questa percezione l’aiuta l’intervento del vecchio Simeone, che quella mattina sentì nelle sue gambe un “insolito vigor”, e si sentì spinto verso il tempio come per un estremo, solenne gesto di consegna di sé. In lui confluiscono l’attesa di tante generazioni e il grido di tanti che avevano creduto “e salutato da lontano” il mattino della Redenzione. Vi si aggiunge la certezza-speranza che avrebbe visto il Messia prima di chiudere gli occhi sulla scena di questo mondo. Si inserisce nella scena, “ruba” il Bambino dalle braccia della Madre o del sacerdote, per innalzarlo verso la luce, per vedere meglio come fanno i vecchi. “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza …”: è il canto dell’addio, che ogni sera ripetiamo a Compieta, completando la trilogia “Benedictus-Magnificat-Nunc dimittis”. Un canto di gioia e di sazietà di giorni, che esprime la soddisfazione di avere visto una soluzione a lungo attesa e desiderata. Simeone parla del Bambino che non lascerà indifferenti (segno di contraddizione), e annuncia una spada alla Madre che, come la Parola, penetrerà nell’anima. Anch’io, convocato a questa scena, mi interrogo su ciò che ho promesso ed offerto, e presento insieme a Maria i miei figli, perché Dio compia in essi la sua Parola e non i miei sogni.
Preghiera:
È così difficile, Signore, offrire a te i miei figli; sembra un gesto innaturale, tu me li hai dati, perché farne motivo di offerta? Eppure so che, per dimenticanza o eccessivo amore, io rischio quanto meno, di tarpare loro le ali. Tu li hai affidati a me come custodia e non come proprietà, non mi appartengono. Sia pure con difficoltà, oggi te li offro perché tu saprai custodirli e proiettarli nella vita meglio di me.
Agire:
C’è nella mia parrocchia un anziano che è come un patriarca: gli si è abbassata la vista, ma vede molto bene le cose “lontane”. Vado a visitarlo.
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Meditazione del giorno a cura di mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it
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Offrire e soffrire
Meditazione della Parola di Dio di giovedì 29 dicembre – V Giorno fra l’Ottava di Natale