“Il dialogo tra passato e futuro, fondato sulla cultura, ci permette di vivere l’unica realtà possibile: la complessità del presente”. È questa la convinzione di Giovanni Maria Flick. Il noto giurista ha voluto scrivere alcune delle sue riflessioni che hanno come punto centrale l’articolo 9 della Costituzione italiana. Flick vede l’articolo costituzionale come un trittico al cui centro troviamo la cultura (che dev’essere “sviluppata”) e la ricerca scientifica (che dev’essere “promossa”), ai lati, invece, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico (che devono essere “tutelati”). Quanto è attuale ed indispensabile questo articolo!
Prima di riformare la Costituzione per renderla più “attuale”, bisognerebbe indagare sulla sua effettiva attuazione. Le leggi, ancora, non riescono, nel loro tecnicismo, a sviluppare appieno lo spirito degli articoli costituzionali. È convinzione dell’Autore che, prima di riformare la Costituzione, bisognerebbe “rileggerla”, e per alcuni addirittura “leggerla”.
Non è una disamina di problemi né una proposta di facili soluzioni, lo scorrevole testo edito dalla Libreria Editrice Vaticana dal titolo Elogio del patrimonio. È una testimonianza che l’Autore ha voluto lasciare ai propri nipoti. Come un nonno che si siede accanto ai bambini e racconta l’esperienza che ha maturato nel tempo. Una ricchezza che di certo non può essere sottaciuta.
Se la Costituzione italiana ha voluto trattare il tema della cultura e della ricerca, del paesaggio e del patrimonio storico e artistico nella parte dedicata ai principi fondamentali, allora è bene chiedersi: quale è stato il motivo, la logica di fondo? È Flick a suggerirlo. Si tratta della convinzione che la continuità del rapporto tra memoria del passato e progettualità per il futuro è indispensabile per una crescita che rispetti la dignità umana. La memoria del passato sta nel linguaggio delle pietre e degli oggetti che esprimono quel passato. Non possiamo ignorarla. Si rischia la compromissione e la perdita della nostra identità. Non si tratta di inserirli in una logica di profitto economico. Bisogna superare sia la tentazione all’efficientismo, che valuta i beni solo se “fruttano” (economicamente parlando, in un sistema di tagli troppo sbrigativi alle risorse ed agli strumenti) sia l’equivoco e la tentazione a comprimere la fruizione di quei beni da parte di tutti, in una logica di profitto solo per pochi; o al contrario, la pigrizia di abbandonarli al disinteresse collettivo.
C’è il rischio che il discorso dell’efficienza-efficientismo degeneri in una logica prevalentemente di profitto se non di speculazione, a danno di valori diversi da quelli dell’economia. Le risorse disponibili non sono poche ma spesso sono malgestite o trascurate. È sufficiente pensare alla povertà della cultura, alle difficoltà e ostacoli della ricerca, al degrado ambientale e del patrimonio storico e artistico per rendersene conto.
A volte – molto spesso – sono le persone veramente appassionate a promuovere il patrimonio culturale, paesaggistico e artistico. Persone dedite a far emergere la ricchezza della penisola italiana sentendola come una necessità, un obbligo morale, una missione. Dalla lettura del libro emerge chiaramente che la cultura non può essere solo un fatto di élite o di settori specifici dell’economia o della società.
La ricchezza o è comune o non è ricchezza. È sempre Flick ad affermare che “la cultura è un ecosistema che coinvolge le principali dimensioni della vita sociale: la salute, il lavoro, il riposo e lo svago, l’innovazione, la sostenibilità ambientale, la coesione sociale, la qualità della vita. È finito il tempo di considerare l’arte e la bellezza come una sorta di vetrina da porre in mostra per gli stranieri”. È necessario riappropriarci coscientemente del nostro passato. È necessario non solo appartenere al contesto culturale, ma parteciparvi attivamente. È necessario ed essenziale la concezione del patrimonio culturale e del patrimonio ambientale come “beni comuni”.
Valorizzare i beni non significa indicare un prezzo economico. La valorizzazione è intesa come crescita della fruibilità. Tra i beni essenziali vi è senza dubbio il territorio, l’ambiente, la nostra “casa comune” riproposta sapientemente da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’. È necessario comprendere e rispettare gli equilibri naturali per rispettare noi stessi. Insomma, Flick propone una rilettura riflessiva dell’articolo 9 della Costituzione italiana, in modo tale da passare da un’economia “di” cultura (come finora si è fatto) ad una economia “della” cultura, che significa consapevolezza, organizzazione, coordinamento fra soggetti, competenze, programmi e attività per la salvaguardia, la valorizzazione, la migliore accessibilità e fruizione del patrimonio culturale e ambientale in tutte le sue molteplici componenti ed espressioni.
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Beni culturali: la valorizzazione non è solo economica
Nel suo ultimo saggio “Elogio del patrimonio”, edito dalla LEV, Giovanni Maria Flick si sofferma sui concetti di “sviluppo”, “promozione” e “tutela”