Nell’ultima Udienza Generale prima di Natale, papa Francesco ha ripreso il tema della speranza, inquadrandolo nello spirito d’Avvento, ovvero quel tempo in cui “la speranza è entrata nel mondo, con l’incarnazione del Figlio di Dio”.
A fornire degli spunti utili per comprendere questo tempo liturgico è Isaia (cfr. 7,14; 11,1), che in un paio di passaggi profetizza il “senso del Natale” con Dio che “adempie la promessa facendosi uomo; non abbandona il suo popolo, si avvicina fino a spogliarsi della sua divinità”.
“In tal modo Dio dimostra la sua fedeltà – ha spiegato il Santo Padre – e inaugura un Regno nuovo, che dona una nuova speranza all’umanità”, ovvero la speranza della “vita eterna”. Nel linguaggio comune, la speranza, ha ricordato, è qualcosa “che non è in potere dell’uomo e che non è visibile” e “in effetti, ciò che speriamo va oltre le nostre forze e il nostro sguardo”.
La venuta al mondo di Gesù Cristo, tuttavia, cambia radicalmente la prospettiva e ci dona “una speranza affidabile, visibile e comprensibile, perché fondata in Dio”, che “entra nel mondo e ci dona la forza di camminare con Lui, Dio cammina con noi in Gesù, verso la pienezza della vita”. Incarnandosi, Dio ci permette “di stare in maniera nuova nel presente, benché faticoso”.
Per i cristiani, la speranza si sostanzia nella “certezza di essere in cammino con Cristo verso il Padre che ci attende”; la speranza che il “Bambino di Betlemme” ci dona, “è sempre in cammino e ci fa camminare” e ci “offre una meta, un destino buono al presente, la salvezza dell’umanità, la beatitudine a chi si affida a Dio misericordioso”. Di fronte a ciò, “possiamo chiederci se camminiamo con speranza o se siamo chiusi, o aperti, alla speranza che mi fa camminare, non solo con Gesù”.
Uno dei simboli di questa speranza cristiana è stato indicato dal Pontefice nel “presepe”: in questa rappresentazione della Natività del Signore, “ognuno dei personaggi è immerso in questa atmosfera di speranza”.
Significativo è innanzitutto il luogo in cui Gesù nasce: Betlemme, infatti, era un “piccolo borgo della Giudea dove mille anni prima era nato Davide, il pastorello eletto da Dio come re d’Israele”. Non una “capitale”, dunque, e per questo Betlemme è “preferita dalla provvidenza divina, che ama agire attraverso i piccoli e gli umili”. In Betlemme, pertanto, “la speranza di Dio e la speranza dell’uomo si incontrano”.
Nella raffigurazione della Natività, spicca innanzitutto la figura di Maria: “il suo cuore di ragazza era pieno di speranza, tutta animata dalla fede; e così Dio l’ha prescelta e lei ha creduto alla sua parola”, ha detto il Papa. Dopo essere stata “per nove mesi l’arca della nuova ed eterna Alleanza”, contemplando il Bambino nella grotta, Maria “vede in Lui l’amore di Dio, che viene a salvare il suo popolo e l’intera umanità”.
Anche Giuseppe “ha creduto alle parole dell’angelo, e guardando Gesù nella mangiatoia, medita che quel Bambino viene dallo Spirito Santo”, nel cui nome, Gesù, “c’è la speranza per ogni uomo, perché mediante quel figlio di donna, Dio salverà l’umanità dalla morte e dal peccato”.
Ci sono poi i pastori, “che rappresentano gli umili e i poveri che aspettavano il Messia” e che nel Bambino “vedono la realizzazione delle promesse e sperano che la salvezza di Dio giunga finalmente per ognuno di loro”. I pastori, ha commentato Francesco, sono l’emblema di quei “piccoli” che non confidano nelle proprie “sicurezze”, specie se “materiali”, che non ci salveranno, ma confidano unicamente “in Dio, sperano in Lui e gioiscono quando riconoscono in quel Bambino il segno indicato dagli angeli (cfr Lc 2,12)”.
Il presepe si completa con il “coro degli angeli”, che “annuncia dall’alto il grande disegno che quel Bambino realizza”, esprimendo “la speranza cristiana nella lode e nel ringraziamento a Dio, che ha inaugurato il suo Regno di amore, di giustizia e di pace”.
Alla luce di tutti questi simboli e personaggi, “è importante vedere il presepe”, per prepararci al “Natale del Signore”, ha commentato il Santo Padre. “Sarà veramente una festa se accoglieremo Gesù, seme di speranza che Dio depone nei solchi della nostra storia personale e comunitaria”, ha poi concluso il Pontefice, rivolgendo un “Buon Natale di speranza a tutti”.
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“Osserviamo il presepe, per prepararci al Natale: è un simbolo di speranza”
Nell’Udienza Generale, il Papa si sofferma su Maria, Giuseppe e gli angeli. E descrive i pastori come coloro che non hanno confidato nelle “certezze materiali” ma in Dio