Lettura
È la prima scena del Vangelo di Luca, ciò che il lettore vede appena si apre il sipario. Siamo a Gerusalemme, nel tempio, a seguire i passi di un anziano sacerdote che entra per l’offerta dell’incenso, oltre la Tenda, portando con sé la tristezza di una vita coniugale senza discendenza, senza futuro. Qui si imbatte nel Mistero di Dio che lo visita, facendogli intravvedere e sognare il dono di un figlio dal futuro luminoso. A volte i sogni, quando arrivano tardi, ci tolgono il respiro e la parola.
Meditazione
Il quadro familiare con cui inizia il Vangelo ci presenta una coppia pia, osservante, timorata di Dio, ma finita nelle secche dell’amarezza a causa di un desiderio invocato, agognato, pregato e mai esaudito: un figlio. Ora è sfumato il desiderio di un figlio e anche la fiducia in Dio; si continua con la stessa consuetudine le cose di casa e della vita, ma senz’anima. È un quadro efficace della vecchiezza che ci prende quando, anziché diventare saggi e anziani, entriamo nel grigiore di gesti ripetuti solo per buona creanza. È la situazione di tanti di noi delusi dalla vita, finiti ai bordi di una gara che ci ha relegati tra i perdenti, gente amareggiata che non crede più ai miracoli e non gode del miracolo quotidiano della vita, affetti da una senilità precoce che prende l’anima. Zaccarìa ci rappresenta all’atto di varcare la soglia della liturgia senza il batticuore dell’innamorato e con la voglia di fare bene e in fretta, tanto non cambierà nulla. Ma Dio interviene su questo albero rinsecchito promettendo una primavera: “Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio”. Quando ci stanchiamo di pregare, Dio ci viene a pregare di accettare un dono chiesto così tante volte da non crederci più per la stanchezza. Non ci sarà solo un figlio da chiamare Giovanni, ma da risvegliare un’attesa che ci trova sonnolenti perché finalmente il tempo è maturo. Alcuni si ritirano dalla gara prima del tempo, e si pensionano quando gli altri fanno ancora sogni. Zaccarìa ha paura, ha i piedi troppo piantati per terra, pensa che sia troppo tardi per lui e per sua moglie, che già pregano per una buona morte. Forse non è vero e, anche se lo fosse, gli viene dato un capitale quando non ha più tempo per spenderlo. Il Natale è una grazia troppo grande, che rischiamo di perdere a causa della nostra prosaicità.
Preghiera
Grazie, Signore, per il silenzio della sera che viene a riportare la vita nel tuo santuario e ci dona la saggezza di sperare ancora l’insperabile e di credere l’incredibile. Smettere il lavoro a sera ci libera dall’illusione che tutto dipende da noi e ci pone in ascolto di te, che fai maturare l’orzo nel campo e accendi di stelle il firmamento.
Agire
Stasera mi fermerò a contemplare il tramonto, rievocando le sensazioni che avevo da giovane, e tornato a casa parlerò con mia moglie, senza far prevalere la stanchezza.
Meditazione del giorno a cura di mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it