Siria, risoluzione Onu per dispiegare osservatori ad Aleppo

Prosegue intanto tra mille difficoltà l’evacuazione di civili e ribelli dalla parte est della città. Padre Murad: “Musulmani prime vittime”

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I membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu votano oggi il testo di una bozza di risoluzione sulla Siria che prevede il dispiegamento di osservatori delle Nazioni Unite ad Aleppo per garantire l’ingresso di aiuti umanitari e le operazioni di evacuazione della popolazione e delle milizie ribelli ancora presenti nei quartieri di Aleppo est. Nel testo si chiede al segretario generale di “adottare misure urgenti in modo da fornire disposizioni in coordinamento con le parti interessate, per consentire il monitoraggio sul benessere dei civili nei quartieri orientali di Aleppo”, riconquistati dall’esercito governativo e dai suoi alleati.
La risoluzione, una versione modificata della bozza francese con emendamenti russi, è arrivata in aula per le 9 e l’ambasciatrice Usa, Samantha Power, ha detto di sperare in un’approvazione all’unanimità. Mosca aveva minacciato di porre il veto sulla bozza originaria, che chiedeva l’invio di osservatori Onu per monitorare l’evacuazione, insistendo invece sulla preventiva approvazione del governo siriano. Nel nuovo testo è stato trovato l’accordo sulla frase “in coordinamento con le parti interessate”, che quindi prevede in qualche modo il coinvolgimento di Damasco.
Intanto prosegue tra mille difficoltà l’evacuazione della popolazione dai quartieri est di Aleppo controllati per anni da milizie ribelli in gran parte di marca jihadista. Duemila persone hanno lasciato ieri il settore orientale di Aleppo, ancora in mano ai miliziani. Donne e bambini, sono arrivati alla base delle operazioni situata nel settore occidentale della città, ha riferito Ahmad al Dbis, capo di una unità di medici e volontari che coordina l’evacuazione. “Sono arrivati circa 20 pullman che portavano persone da Aleppo”, ha raccontato, “a bordo c’erano 1.200/1.300 persone”, ha raccontato riferendosi alla mattinata di ieri.
Ma nell’intera giornata l’evacuazione è andata avanti a singhozzo e nella serata ancora 350 persone sono riuscite a lasciare Aleppo est. Mentre l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha dato notizia di altre 500 persone che sono state fatte uscire dalle due località sciite, Fua e Kefraya, assediate dai ribelli jiahdisti nel nord-ovest della Siria.Circa mille persone, tra le quali
“Le vittime della violenza in Siria sono tutti i siriani, musulmani e cristiani. E a soffrire sono in modo particolare i poveri, quelli che non hanno avuto la possibilità di fuggire”, ha dichiarato a Fides padre Jacques Murad, monaco siriano della Comunità di Deir Mar Musa, rapito e poi rilasciato lo scorso anno dagli uomini del Califfato. Secondo il religioso, una possibile, autentica riconciliazione richiederà tempi lunghi e sarà possibile solo a patto di evitare interpretazioni e strumentalizzazioni in chiave settaria delle sofferenze indicibili provocate da 5 anni di conflitto.
“Le atrocità della guerra – rimarca padre Murad in una nota – hanno inflitto tormenti a tutte le comunità, a persone di tutte le confessioni. Le prime vittime del Daes (l’auto-proclamato Stato Islamico, ndr) sono stati i musulmani sunniti. In questo senso, considero inappropiato affermare che è in atto un ‘genocidio’ dei cristiani in Medio Oriente. Sono state certo colpite le comunità cristiane che vivono in quelle terre fin dall’inizio dell’annuncio cristiano – prosegue Murad – ma non è giusto e non conviene presentare i cristiani come le uniche vittime della guerra. Questo non farebbe che aumentare il settarismo”.
A giudizio del monaco siro cattolico, la riconciliazione richiederà tempo: “Occorre chiedere prima di tutto che Dio operi il miracolo e risani ferite mortali. Noi, come cristiani, possiamo fare una cosa importante: in questo momento, pur nelle tribolazioni che stiamo vivendo, possiamo mostrare la nostra solidarietà verso i fratelli musulmani che hanno sofferto come noi e più di noi. Così aiuteremo anche le comunità cristiane del Medio Oriente a rimanere nelle terre dove sono radicate da sempre”.

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ZENIT Staff

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