Basuki "Ahok" Tjahaja Purnama - (Foto: Facebook )

Indonesia. Prima udienza al governatore di Giacarta processato per blasfemia

“Ahok”, tra le lacrime, ha respinto ogni accusa. Fuori dal Tribunale, sit-in di musulmani che ne chiedono l’arresto

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“Sono così triste di essere accusato di aver insultato l’Islam perché significa che ho diffamato i miei genitori adottivi musulmani, nonchè fratelli e sorelle che amo molto”. Parole accompagnate da lacrime quelle che ha pronunciato ieri Basuki Tjahaja Purnama “Ahok”, governatore cristiano di Giacarta, leggendo la dichiarazione resa al tribunale, nella prima udienza del processo che lo vede imputato per blasfemia, tenutasi ieri, 13 dicembre. Il processo è avvenuto in diretta tv.
La prossima udienza ci sarà il 20 dicembre, quando i pubblici ministeri potranno rispondere alle dichiarazioni da lui rilasciate. Il 15 febbraio, invece, ci saranno le elezioni di governatore a cui “Ahok” è candidato.
Il governatore – riporta l’agenzia Fides – ha anche menzionato i vari programmi che ha promosso, nella sua vita politica, in favore di musulmani, attuati sotto la sua guida di governatore di Giacarta, carica che ha assunto subentrando a Joko Widodo, di cui era vice, quando questi è stato eletto presidente della nazione. Egli ha fatto costruire moschee, ha concesso giorni di ferie ai fedeli per poter compiere il pellegrinaggio alla Mecca, durante il Ramadan ha consentito a tutti i musulmani che lavorano negli uffici pubblici di rientrare a casa più presto in modo da poter mangiare e pregare con le loro famiglie.
Ahok ha spiegato ai giudici che le parole pronunciate il 27 settembre scorso non erano un vilipendio al Corano: “Non avevo intenzione di interpretare erroneamente la Sura 51 ‘Al Maidah’ né di commettere blasfemia. Nella mia dichiarazione, ho fatto riferimento ad alcuni politici che avevano abusato di quel testo, avviando una concorrenza sleale per le prossime elezioni regionali”.
Mentre gruppi di islamici si sono riuniti fuori dal Tribunale per chiedere l’arresto del Governatore, in altre zone di Giacarta si sono radunati suoi sostenitori in preghiera. Padre Benny Susetyo, segretario del Consiglio nazionale del “Setara Intitute per la democrazia e la pace”, ha detto a Fides che il processo ad Ahok “è una prova per la democrazia indonesiana: rappresenta un test per sapere se la Costituzione si può applicare oppure viene sovrastata e sconfitta dalle pressione dell’opinione pubblica. Ed è un test anche per le forze dell’ordine, chiamate a far rispettare la Costituzione”.

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ZENIT Staff

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