È “allarmato” il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per le notizie di “atrocità contro un gran numero di civili, compresi donne e bambini” avvenute nelle ultime ore ad Aleppo. Dopo quattro settimane, la città siriana è entrata nella fase finale della vasta offensiva battaglia tra le forze di Damasco e i gruppi dell’opposizione armata.
“L’Onu non è in grado di verificare in modo indipendente queste notizie, il segretario generale manifesta la sue profonda preoccupazione alle parti”, ha detto il portavoce Onu Stephane Dujarric, spiegando che Ban ha chiesto all’inviato speciale per la Siria, Staffan de Mistura, di monitorare la situazione. “Le Nazioni Unite ribadiscono l’obbligo di tutte le parti in campo di proteggere i civili e rispettare le leggi umanitarie internazionali e i diritti umani – ha concluso Dujarric – Si tratta soprattutto di una responsabilità del governo siriano e dei suoi alleati”.
Preoccupazione è stata espressa pure dall’Osservatorio siriano per i diritti umani: il direttore Rami Abdel Rahman ha sottolineato all’agenzia di stampa Dpa che, nonostante si assista alla “fase finale dei combattimenti”, “ci sono ancora aree che restano sotto il controllo dell’opposizione”. Si tratta di zone molto piccole “che potrebbero cadere in qualsiasi momento”, ha detto.
Intanto, sono almeno 593 i civili rimasti uccisi ad Aleppo nel solo mese di novembre. Come denuncia lo stesso Osservatorio, la maggior parte delle vittime si è registrata nei quartieri orientali della città in mano ai ribelli. Stando alla ong, sono 463 i civili – compresi 62 bambini – morti nei raid aerei e negli attacchi dell’artiglieria contro Aleppo Est. I feriti sono più di 4mila.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa rilancia pure i timori di massacri su larga scala condannando il bombardamento sistematico di cliniche, ospedali e altre strutture da parte dell’aviazione russa. Sotto il fuoco dei raid è finita pure, il pomeriggio dello scorso sabato 10 dicembre, anche la Casa dei gesuiti di Aleppo, non distante dal centro del Jesuit Refugee Service (Jrs) di Al-Azizieh.
Come riferito al Sir da padre Sami Hallak, direttore dei progetti del Jrs di Aleppo, una delle bombe ha colpito il secondo e il terzo piano causando notevoli danni materiali ma nessuna vittima. Altri tre razzi, lanciati dalla zona Est della città, sono caduti nelle immediate vicinanze. “Abbiamo udito quattro esplosioni la prima a 50 metri da noi, la seconda, molto violenta, sul nostro monastero, tra il secondo e terzo piano, le altre sono avvenute nei pressi di edifici vicini al nostro”, ha riferito il religioso.
“Si sono registrati molti danni materiali ma fortunatamente non abbiamo avuto vittime”. Poteva, infatti, essere una strage, se le bombe fossero cadute di mattina, quando, ha detto il gesuita, “molti rifugiati, sfollati e abitanti della città vengono al nostro vicino centro di distribuzione per prendere un po’ di generi alimentari”.
“Sentiamo il rumore costante dei combattimenti” ha confermato inoltre padre Hallak, che ha definito “catastrofiche” le condizioni di vita ad Aleppo Est. Via rete, soprattutto tramite i social, continuano infatti ad arrivare foto terribili e richieste sgomente di aiuto che, però, dopo qualche ora spariscono nel nulla.
[S.C.]
“L’Onu non è in grado di verificare in modo indipendente queste notizie, il segretario generale manifesta la sue profonda preoccupazione alle parti”, ha detto il portavoce Onu Stephane Dujarric, spiegando che Ban ha chiesto all’inviato speciale per la Siria, Staffan de Mistura, di monitorare la situazione. “Le Nazioni Unite ribadiscono l’obbligo di tutte le parti in campo di proteggere i civili e rispettare le leggi umanitarie internazionali e i diritti umani – ha concluso Dujarric – Si tratta soprattutto di una responsabilità del governo siriano e dei suoi alleati”.
Preoccupazione è stata espressa pure dall’Osservatorio siriano per i diritti umani: il direttore Rami Abdel Rahman ha sottolineato all’agenzia di stampa Dpa che, nonostante si assista alla “fase finale dei combattimenti”, “ci sono ancora aree che restano sotto il controllo dell’opposizione”. Si tratta di zone molto piccole “che potrebbero cadere in qualsiasi momento”, ha detto.
Intanto, sono almeno 593 i civili rimasti uccisi ad Aleppo nel solo mese di novembre. Come denuncia lo stesso Osservatorio, la maggior parte delle vittime si è registrata nei quartieri orientali della città in mano ai ribelli. Stando alla ong, sono 463 i civili – compresi 62 bambini – morti nei raid aerei e negli attacchi dell’artiglieria contro Aleppo Est. I feriti sono più di 4mila.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa rilancia pure i timori di massacri su larga scala condannando il bombardamento sistematico di cliniche, ospedali e altre strutture da parte dell’aviazione russa. Sotto il fuoco dei raid è finita pure, il pomeriggio dello scorso sabato 10 dicembre, anche la Casa dei gesuiti di Aleppo, non distante dal centro del Jesuit Refugee Service (Jrs) di Al-Azizieh.
Come riferito al Sir da padre Sami Hallak, direttore dei progetti del Jrs di Aleppo, una delle bombe ha colpito il secondo e il terzo piano causando notevoli danni materiali ma nessuna vittima. Altri tre razzi, lanciati dalla zona Est della città, sono caduti nelle immediate vicinanze. “Abbiamo udito quattro esplosioni la prima a 50 metri da noi, la seconda, molto violenta, sul nostro monastero, tra il secondo e terzo piano, le altre sono avvenute nei pressi di edifici vicini al nostro”, ha riferito il religioso.
“Si sono registrati molti danni materiali ma fortunatamente non abbiamo avuto vittime”. Poteva, infatti, essere una strage, se le bombe fossero cadute di mattina, quando, ha detto il gesuita, “molti rifugiati, sfollati e abitanti della città vengono al nostro vicino centro di distribuzione per prendere un po’ di generi alimentari”.
“Sentiamo il rumore costante dei combattimenti” ha confermato inoltre padre Hallak, che ha definito “catastrofiche” le condizioni di vita ad Aleppo Est. Via rete, soprattutto tramite i social, continuano infatti ad arrivare foto terribili e richieste sgomente di aiuto che, però, dopo qualche ora spariscono nel nulla.
[S.C.]