Ridurre le terribili sofferenze umane causate dall’impiego di armi convenzionali sempre più sofisticate nei conflitti. È il monito di mons. Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, intervenuto ieri alla Conferenza di revisione della Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati (Ccw), in corso fino al 16 dicembre.
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – il prelato ha posto l’accento sul fatto che sono sempre i civili a pagare il prezzo più alto delle guerre, mentre a trarne profitto sono le industrie belliche. “Nel 2015 – ha ricordato – ogni minuto nel mondo 24 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case a causa di guerre e violenze. Ancora più tragico – ha aggiunto – è il fatto che la coscienza pubblica sembra essere diventata meno sensibile a queste vittime”, confermando quella globalizzazione dell’indifferenza denunciata da Papa Francesco.
Vittime destinate ad aumentare, viste le potenzialità sempre più distruttive delle nuove armi convenzionali. Di fronte a questa realtà, ha quindi ammonito il presule , “non c’è spazio per decisioni deboli e compromessi”, non solo per ovvie ragioni etiche, ma anche in virtù degli obblighi legali assunti dagli Stati Contraenti della Ccw.
L’osservatore permanente si è soffermato in particolare su tre questioni da affrontare con urgenza. In primo luogo, l’uso di armi incendiarie nei conflitti i cui effetti sono particolarmente distruttivi per le popolazioni civili: per questo urge rivedere il terzo protocollo della Convenzione, vecchio di 30 anni e ormai inadeguato. In secondo luogo, c’è la questione dell’impiego di ordigni esplosivi in aree abitate: nel 2015 queste armi sono arrivate ad uccidere o ferire fino al 92% della popolazione civile in aree densamente abitate.
Si tratta – ha osservato – di “danni collaterali” che dovrebbero suscitare seri interrogativi etici e giuridici, tanto più che queste cifre sono destinate a salire, considerati i processi di urbanizzazione in atto nel mondo. La terza questione urgente affrontare è l’utilizzo di armi letali autonome – le cosiddette Laws – che hanno contribuito a rendere ancora più “disumanizzante” la guerra.
A questo proposto – ha detto Jurkovič – la Santa Sede ribadisce ancora una volta che l’unica opzione è la loro completa proibizione. “La sicurezza internazionale e la pace – ha concluso – si possono raggiungere attraverso la promozione della cultura del dialogo e della cooperazione, non attraverso la corsa agli armamenti”.
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – il prelato ha posto l’accento sul fatto che sono sempre i civili a pagare il prezzo più alto delle guerre, mentre a trarne profitto sono le industrie belliche. “Nel 2015 – ha ricordato – ogni minuto nel mondo 24 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case a causa di guerre e violenze. Ancora più tragico – ha aggiunto – è il fatto che la coscienza pubblica sembra essere diventata meno sensibile a queste vittime”, confermando quella globalizzazione dell’indifferenza denunciata da Papa Francesco.
Vittime destinate ad aumentare, viste le potenzialità sempre più distruttive delle nuove armi convenzionali. Di fronte a questa realtà, ha quindi ammonito il presule , “non c’è spazio per decisioni deboli e compromessi”, non solo per ovvie ragioni etiche, ma anche in virtù degli obblighi legali assunti dagli Stati Contraenti della Ccw.
L’osservatore permanente si è soffermato in particolare su tre questioni da affrontare con urgenza. In primo luogo, l’uso di armi incendiarie nei conflitti i cui effetti sono particolarmente distruttivi per le popolazioni civili: per questo urge rivedere il terzo protocollo della Convenzione, vecchio di 30 anni e ormai inadeguato. In secondo luogo, c’è la questione dell’impiego di ordigni esplosivi in aree abitate: nel 2015 queste armi sono arrivate ad uccidere o ferire fino al 92% della popolazione civile in aree densamente abitate.
Si tratta – ha osservato – di “danni collaterali” che dovrebbero suscitare seri interrogativi etici e giuridici, tanto più che queste cifre sono destinate a salire, considerati i processi di urbanizzazione in atto nel mondo. La terza questione urgente affrontare è l’utilizzo di armi letali autonome – le cosiddette Laws – che hanno contribuito a rendere ancora più “disumanizzante” la guerra.
A questo proposto – ha detto Jurkovič – la Santa Sede ribadisce ancora una volta che l’unica opzione è la loro completa proibizione. “La sicurezza internazionale e la pace – ha concluso – si possono raggiungere attraverso la promozione della cultura del dialogo e della cooperazione, non attraverso la corsa agli armamenti”.