“La città di Aleppo finalmente sta per essere completamente liberata e unificata dopo quattro lunghi anni di divisione e di morte seminata da diversi gruppi armati siriani e non”. La testimonianza diretta giunge a ZENIT da mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino.
Mentre lui parla, di sottofondo è nitido il suono dei colpi di mortaio. Stavolta però, rispetto ai mesi scorsi, è un sibilo di speranza, giacché testimonia l’assedio da parte dell’esercito siriano nella parte orientale della città, fino a poche settimane fa una roccaforte dei gruppi cosiddetti “ribelli”.
Durante l’occupazione – racconta mons. Abou Khazen, che ha avuto modo di parlare con persone fuggite dalla parte est di Aleppo – “la vita non era affatto facile, specialmente negli ultimi mesi di combattimenti, perché i ‘ribelli’ impedivano di far arrivare viveri e medicinali, mentre i loro depositi era riforniti”.
Questi gruppi – ribadisce il vicario apostolico – appartengono tutti alla galassia del fondamentalismo islamico e – aggiunge – “imponevano alla popolazione dei precetti e dei modi di vita all’insegna del fanatismo, totalmente estranei alla tradizione del popolo siriano”.
L’Onu riferisce che la situazione umanitaria è “catastrofica”: si registrano difficoltà logistiche per curare i feriti, l’igiene è scarsissima e la gran parte degli edifici è distrutta.
“Ora che la città è quasi interamente in mano all’esercito regolare – spiega tuttavia mons. Abou Khazen – molti profughi stanno tornando e questo è comunque un simbolo di rinascita”. Il vicario apostolico sottolinea che molti cittadini di Aleppo si erano allontanati recentemente, “durante l’ultima operazione dell’esercito per liberare i quartieri est della città”.
Una volta ripreso il controllo di queste zone, è stato necessario “pulire questi quartieri dalle mine, riaprire le strade e far funzionare tutte le altre infrastrutture”. Quasi concluse queste attività, la gente sta tornando indietro, dove spesso al posto della propria casa trova però un luogo spettrale. Presto dovrà avvenire la ricostruzione.
“Il clima che si respira tra la gente è di gioia, ottimismo e speranza”, racconta il vicario apostolico. Il quale però rileva che c’è anche tanta prudenza, perché il popolo siriano ormai è abituato alle “brutte sorprese”.
Prudenza – o forse sano realismo – che traspare anche dalle parole di mons. Abou Khazen. “Purtroppo non sono fiducioso per niente riguardo a un aspetto!”, esclama. E rivolge un’esplicita accusa nei confronti della comunità internazionale: “Tutte le scuse sono buone per lasciare le sanzioni e l’embargo contro la Siria!”.
Ad avviso del rappresentante cattolico, l’embargo sembra riguardare “solo gli aiuti umanitari, il gasolio, i medicinali” e dunque “chi ne paga le conseguenze è la povera gente”. E invece le armi – “ogni genere di armi”, dice – continuano ad entrare nel Paese.
L’8 dicembre scorso, del resto, il Governo Usa ha concesso una deroga alle esportazioni di armi a “forze irregolari, gruppi o individui impegnati nel sostenere o agevolare le operazioni militari degli Stati Uniti per contrastare il terrorismo in Siria”.
Non da Washington, ma dalla Città del Vaticano arrivano concreti segni per un avvenire migliore per il popolo siriano. La lettera inviata da Papa Francesco al presidente Assad “è un altro motivo di speranza per tutti noi, cristiani e non”, commenta mons. Abou Khazen. Che definisce inoltre “un gesto speciale” la nomina a cardinale da parte del Pontefice del nunzio apostolico in Siria, Mario Zenari.
Da qui bisogna ripartire per il futuro della Siria. “Questo Natale – spiega il vicario apostolico – avrà un altro profumo alla luce della liberazione della città, alcune strade saranno adornate per la festa anche se non c’è l’elettricità. Ma come abbiamo fatto lungo questi anni di guerra, cerchiamo di seminare la vera gioia e speranza cristiana nell’animo dei fedeli”.
Maloula, Siria. Monastero di Santa Tecla - Wikimedia Commons
Aleppo liberata. Vicario apostolico: "Questo Natale avrà un altro profumo"
Mons. Abou Khazen, felice per l’ingresso dell’esercito siriano nei quartieri occupati, considera “motivo di speranza” la lettera del Papa ad Assad. Ma accusa: “L’embargo colpisce solo i civili”