Card. Peter Appiah Turkson, Katolinen - Commons Wikimedia (CC BY-SA 4.0)

Card. Peter Appiah Turkson, Katolinen - Commons Wikimedia (CC BY-SA 4.0)

Turkson: "Il nuovo Dicastero non è un giudizio di condanna del lavoro di altri uffici"

Il cardinale ha presentato oggi il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

“La nonviolenza è una strada possibile, non è una idea astratta ma qualcosa che può succedere. Addirittura forse è l’unica soluzione a tutte le esperienze di violenza intorno a noi. Abbiamo esempi di persone che hanno percorso questa strada: Gandhi, King, Leymah Gbowee. È difficile ma è una via percorribile”.

È questa la chiave di lettura del Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace pubblicato oggi, secondo il cardinale Peter Appiah Turkson, presidente del neonato Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che aprirà i battenti il prossimo 1 gennaio, proprio in concomitanza con la Giornata mondiale.

Presentando il documento, insieme a mons. Silvano Maria Tomasi, in Sala Stampa vaticana, il cardinale ha spiegato ai giornalisti quale sia l’obiettivo di fondo del Messaggio del Pontefice che verrà distribuito nelle cancellerie di tutto il mondo, e spesso funziona anche da linea guida per il primo discorso papale dell’anno con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede: “Scuotere le coscienze dell’umanità per far comprendere che non tutte le questione devono prevedere l’uso delle armi”. 

A proposito di armi, Turkson ha ricalcato l’appello del Pontefice contro il commercio di armi nel mondo: un mercato “enorme” che alimenta questa terza guerra mondiale combattuta “a pezzi”. “Dobbiamo parlare a chi fornisce le armi – ha detto -. In Siria, in Yemen, nel Nord della Nigeria, dove sono le fabbriche di armi? Lì non ci sono, la loro sede è in altri posti… Quindi, dobbiamo forse intervenire e cercare attraverso le vie diplomatiche di individuare questi paesi che producono armi, considerando anche che la maggior parte di queste guerre sono surrogate wars, guerre surrogate, fatte da altri per altri”.

In tal contesto emergono alcuni limiti della diplomazia. “Paolo VI parlava della diplomazia come di ‘fantasia immaginativa’”, ha ricordato Turkson; tuttavia, essa “ci da sempre la possibilità di dialogare, di parlare alla persona, di far ragionare il cervello. Non possiamo mai quindi saltare questa possibilità. Al di là di questo, quando abbiamo la possibilità di intervenire e parlare direttamente alle persone che decidono le sorti del mondo”. 

Sarà anche questo una prerogativa del lavoro del nuovo Dicastero voluto da Papa Francesco nella sua opera di riforma della Curia per accorpare quattro dicasteri (Giustizia e Pace, Cor Unum, Migranti e itineranti, Operatori sanitari). Ad una domanda di ZENIT a riguardo, il porporato ghanese ha spiegato che esso “non sarà un conglomerato di uffici, ma una nuova concezione del ministero della Chiesa nel sociale”.  “Non è un giudizio di condanna degli altri Dicasteri per il loro lavoro precedente. Come se il Papa dicesse: ‘Voi avete fallito in tutti questi anni’”, ha puntualizzato Turkson. L’ottica è, piuttosto, quella della “ecologia integrale” promossa nella enciclica Laudato si’, ovvero “l’uomo come unico al centro e la questione del suo benessere, o meglio come si possa promuovere lo sviluppo di questo benessere”.

Per ora, ha informato il cardinale presidente, si sta strutturando l’organigramma che prevede la formazione sinergica di diversi Uffici con diverse competenze. È previsto, ad esempio, un Ufficio di ricerca e studio che si occuperà di preparare i testi dei messaggi per le varie Giornate, non solo quello della Pace. Un altro Ufficio si occuperà dell’applicazione pratica dei progetti in cui era già coinvolto il Pontificio Consiglio ‘Cor Unum’, un altro ancora sarà attivo nella comunicazione cioè “nel rapporto con il mondo di fuori”, in maniera sistematica e non occasionale, “per poter condividere i frutti del nostro lavoro e delle nostre riflessioni”.

“C’è un consulente che ci aiuta in questo processo”, ha riferito il cardinale, spiegando che con il Motu Proprio della Segreteria per la Comunicazione, il Dicastero avrebbe dovuto finire il suo compito a gennaio. “Un tempo un po’ stretto. Per questo abbiamo chiesto una proroga al Santo Padre e ce l’ha concessa, fino a Pasqua”.

Quanto alla sezione sui migranti che Bergoglio ha avocato a sé, il porporato ha ricordato che tale delega è “ad tempus, non sappiamo fino a quando” e che “vuole dimostrare tutto l’interesse del Papa sulla delicata questione” del fenomeno migratorio. In ogni caso, Papa Francesco ha nominato un piccolo gruppo per lavorare con lui sul tema. I nomi dei componenti saranno resi noti al più presto.

Sull’ipotesi, poi, che il tema portante del Messaggio – “la nonviolenza:  stile di una politica per la pace” – possa diventare lo spunto per lo sviluppo di una nuova Enciclica, il prefetto del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax ha sottolineato che questo è “un desiderio espresso dal Santo Padre” e che spetta a lui, dopo il Messaggio, “decidere se approfondire il tema nella forma di una enciclica”. “Forse – ha aggiunto – ancora prima dell’enciclica sarebbe opportuno fare un Sinodo, visto che è un tema legato anche al discorso dell’immigrazione”.

In ogni caso per ora soffermiamoci a riflettere sul Documento, ha suggerito Turkson, nel quale confluiscono “tantissimi insegnamenti della fede cristiana che sembrano utopie, idee non reali”. Esso vuole rendere chiaro che “la vera strategia per trovare la via della pace è la cultura dell’incontro, il dialogo”. Al contrario di quello che aveva affermato lo scorso agosto il segretario Nato, in un incontro a Varsavia, in cui diceva  che “il dialogo non è una strategia”.

Non si tratta di “pacifismo”, ha puntualizzato il prelato, di “quello che alcuni gruppi negli Usa hanno reso quasi una ‘religione’”. “Certo, la nonviolenza può avere la forma del pacifismo, ma sono due cose diverse. Ciò che proponiamo è la nonviolenza cristiana, secondo il modello di Gesù. Essendo cristiani perché noi guardiamo al nostro Maestro? Lui è stato grande modello di nonviolenza. E noi che siamo suoi seguaci perché non possiamo imitarlo? Perché non possiamo considerare la nonviolenza cristiana come una via percorribile per tutti?”, ha domandato il cardinale. “La gente potrebbe pensare: ‘Tutto questo non è praticabile’. Invece noi diciamo: sicché Gesù l’ha fatto e, dopo di Lui, tanti altri, allora è una strada possibile”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione