Poveri, perché “se un sacerdote ha paura della povertà allora la sua vocazione è in pericolo”. Mai protagonisti di scandali, perché “la stampa compra bene quelle notizie”. Vicini alla gente, perché il sacerdote che dice la Messa e se ne va “fa male alla Chiesa”. Zelanti, pronti cioè “ad andare in qualsiasi ora della notte da un malato per amministrare i sacramenti”. Sinceri con i propri vescovi, instaurando un rapporto diretto e non sfalsandolo con le “chiacchiere”.
Ai seminaristi del Pontificio Seminario Regionale Pugliese ‘Pio XI’, ricevuti stamane in udienza insieme ai vescovi della regione che li accompagnano, Bergoglio offre poche ma significative nozioni per chiarire quale sia l’identità di ogni presbitero e, al contempo, scacciare quei dubbi che possono albergare nell’animo di chi si prepara al sacerdozio.
Come sempre con i consacrati, Francesco cestina il discorso scritto – in cui ricordava la “triplice appartenenza a Cristo, alla Chiesa e al Regno” – e richiama la sua esperienza personale e pastorale per mettere in guardia dalle trappole che ostacolano il cammino del seminario.
Anzitutto gli scandali. “In un seminario che forma i sacerdoti alle volte ci sono problemi e sbagli. Siamo abituati a sentire gli scandali dei sacerdoti. La stampa compra bene quelle notizie. Hanno la quota alta nella borsa dei media”, ammonisce il Pontefice. E incita non solo a “formare un sacerdote perché nella sua vita non ci sia un fallimento, perché non crolli”, perché questo non basta: bisogna fare anche in modo che “la sua vita sia feconda”, quindi “non solo che rispetti bene tutte le regole, ma che dia vita agli altri”. Perché “un sacerdote che non è padre non serve”. Lo dimostrano tanti parroci italiani: “Ce ne sono tanti bravi”, osserva il Santo Padre, che invita a guardare al loro esempio mantenendo intatta la “memoria ecclesiale”.
Allo stesso tempo, ci sono anche tanti preti che annacquano il loro fondamentale ministero, magari andando dietro ad altre forme di apparente servizio. Ad esempio quei presbiteri che hanno la parrocchia ma vogliono pure insegnare nelle scuole, evidenzia il Pontefice. “Perché?”, domanda, “per i soldi? Hai paura della povertà? Se è per questo la tua vocazione è in pericolo. Perché la povertà farà crescere la tua vocazione al Signore. Perché la povertà è madre e muro nella vita dei sacerdoti. Dà vita e custodisce”.
Il sacerdote povero, infatti, è in grado di porsi accanto alle miserie umane che trova lungo la sua strada. E un sacerdote “deve” assolutamente “essere vicino alla gente”, deve stare “vicino ai problemi della gente”. “Quando ti trovi sacerdoti che si allontanano dalla gente che cercano altre cose, che dicono la Messa ma se ne vanno perché hanno altri interessi rispetto al popolo loro affidato questo fa male alla Chiesa”, avverte il Papa.
Ci vuole “vicinanza”, come Gesù che “è stato vicino a noi”. Non c’è altra strada. “Le proposte gnostiche sono tante oggi e uno può essere un buon sacerdote ma non cattolico. Gnostico. Invece deve essere cattolico, incarnato e vicino alla gente. Che sappia accarezzare e soffrire con la carne di Gesù”, esorta il Santo Padre.
E insiste, sottolineando anche che “un sacerdote che si distacca dal popolo non è capace di dare il messaggio di Gesù, le carezze di Gesù. Vicinanza alla gente vuole dire avere pazienza, vuol dire bruciare la vita perché il santo popolo di Dio diciamoci la verità stanca. Ma che cosa bella trovare un sacerdote che finisce la giornata stanco e non ha bisogno della pastiglie per andare a dormire. Che bello questa vita al totale servizio degli altri!”.
Per fare ciò, è necessario pregare davanti al tabernacolo prima di andare a dormire anche se “scappa il sonno”. “Che cosa bella addormentarsi davanti al Signore. Anche a me succede”, confessa Bergoglio, “quello non è peccato. Non ho lo scrupolo perché anche Santa Teresa di Gesù Bambino lo dice. La preghiera personale col Signore. È lui che ti dà la forza. Perché tu devi essere per la gente come Gesù”.
La preghiera davanti al tabernacolo, ovvero la “vita spirituale”, è uno dei quattro pilastri fondamentali per il cammino formativo dei futuri sacerdoti. Gli altri tre – indica il Vescovo di Roma – sono “vita comunitaria, studio e vita apostolica”. Qual è il più importante di questi pilastri? “Tutti. Se manca qualcuno la formazione non è equilibrata”, afferma.
Ma esiste ancora un ulteriore elemento necessario ad ogni prete ed è lo “zelo discreto”. “Una cosa che io ho visto tante volte da ragazzo al tempo in cui non esistevano le segreterie telefoniche e i cellulari: i parroci che avevano il telefono sul comodino”, spiega Francesco. “Questi bravi preti che si alzavano a qualsiasi ora della notte per andare da un malato per amministrare i sacramenti. Non dicevano: ‘Ma devo riposarmi, il Signore salva tutti, stacco il telefono’. Alla fine cosa ti resta?”.
L’ultimo richiamo è sul rapporto tra preti e vescovi: “Se tu hai qualcosa contro il tuo vescovo, oggi o domani, il primo che deve sapere questo è lui e non gli altri nelle chiacchiere”, afferma il Santo Padre. E conclude con un ricordo personale dedicato a Suor Bernadetta, originaria proprio di Molfetta, tanto attiva nei seminari in Argentina, in particolare nella Casa di formazione dei gesuiti quando Bergoglio era provinciale. “Quando avevo problemi con qualcuno – racconta – andavo a parlare con lei. Mi dava due schiaffi spirituali e andavo avanti. Ci sono grandi donne di Dio che aiutano i seminaristi e i sacerdoti a crescere nella fede”.