Venti anni fa, durante un involontario ritiro spirituale a Paray Le Monial, in Francia, ebbi modo di ascoltare un genere musicale che le mie profane orecchie tarate sulle frequenze di MTV e Radio Dimensione non avevano mai conosciuto: era musica appartenente alla comunità cattolica dell’Emanuele. La canzone esatta che rase al suolo decenni di Video Music e polverizzò tutte le scenografie Sanremesi di Gaetano Castelli fu “Je veux chanter mes hymnes”, “Voglio cantare i miei inni (al Signore)”.
Melodie di una tenerezza infinita incastonate in canzoni scritte in non so quale stato di grazia mi facevano immaginare un mondo luminosissimo dove io non sapevo di essere di casa.
Dunque, se esisteva una tale bellezza, perché mi era stata negata fino ad allora? Perché dovevo arrivare ai prati infiniti di Paray Le Monial per ascoltare quelle potenti meraviglie? E soprattutto, quale ragioni spingevano i depositari di simili note a tenerle prigioniere in Francia?
Mi lamentai infantilmente con uno degli organizzatori, molto irritato: “ Dovete fare arrivare queste meraviglie ovunque! Non possono scorrazzare solo tra i formaggi! Ma vi rendete conto dei tesori che avete?”
Tornai a Roma e continuai la mia personale ricerca su questo genere di musica spirituale di ispirazione cattolica, scoprendo allibito che esisteva una fiorente realtà artistica ignota al circuito mainstream e mai uscita dai propri ambiti di produzione.
Lavoravo come regista e sceneggiatore, e più andavo avanti nel mio percorso professionale, più mi rendevo conto di quanto mi piacesse bidonare Britney e Aguilera per planare su qualcosa di più solido, qualcosa che mi evocava 2 parole: VITA ETERNA.
Lo sgradevole “Show me what you got” di Jay-Z cedeva il passo allo “Show me Who You are” di centinaia di artisti ignoti.
Viaggiavo, dirigevo, imparavo nuove lingue, filmavo. Ascoltavo tutto. E mi domandavo sempre come fosse possibile che tutta quella musica non fosse ancora conosciuta. Come meritava di essere conosciuta. Come doveva meritare di essere conosciuta. Effettivamente la musica moderna viaggiava solo sulle ali del video musicale, e i video musicali broadcast erano ancora costosissimi.
Ecco, forse quello era il motivo tecnico principale: gli artisti che conoscevo non avevano soldi per produrre bei clip e le loro musiche restavano intrappolate nel luogo di creazione. Nel frattempo, la mia conoscenza musicale in quel settore si era ampliata in modo impressionante e la tecnologia video con la rivoluzione delle DSLR iniziava a permettere la produzione in HD a basso costo. I miei artisti iniziavano a produrre video e YouTube li diffondeva: la massa critica era dietro l’angolo, bisognava incanalarla.
Fino a quando, un giorno, camminando in Germania per le via di Colonia, mi fermai con un’idea. “Cecilia” dissi a mia moglie che camminava davanti a me. “Cosa?” “Amore, ho tutto in mente, si chiamerà Cecilia!”.
Le spiegai che tutta quella musica spirituale che ascoltavo poteva ufficialmente giungere al pubblico mainstream solo qualora si fosse presentata all’unisono, su una bella piattaforma che avrebbe avuto il compito storico di sdoganarla. Cecilia, appunto, dalla famosa Santa patrona della musica. “Ok” vergò nella plumbea aria tedesca una moglie incuriosita. E passò un anno.
Un anno dopo, era l’Aprile del 2015, mi trovavo a Parigi, dovevo dirigere uno spot per un produttore tedesco volto alla promozione di una nuova applicazione social chiamata Vobe. A fine delle riprese, dato che non volevo mollare il mio meraviglioso hotel vicino al Sacro Cuore, mi avventurai in un improvvisato networking andando a trovare involontariamente l’editore Pierre Marie Dumont, l’editore della famosa rivista “Magnificat”.
Questo imponente signore francese aveva appena preso le redini di Aleteia, una nuova realtà editoriale cattolica internazionale che doveva rilanciare sul web, e mi domandò se avessi qualche idea in merito per il “rebooting”.
“CECILIA”. Dissi guardandolo negli occhi mentre gli trasmettevo Il progetto per via telepatica.“Si chiamerà Cecilia”. “Mi piace Cecilia”. Rispose il signor Dumont molto seriamente. “Quando puoi iniziare?”
Aleteia mi dette dunque carta bianca, ed io scelsi quattro valorose collaboratrici: Libby Reichert, Mirti Medeiros, Laura Montorio e Costanza D’Ardia, alle quali va il merito di aver contattato e parlato con tutti i Catholic Recording Artists dei 5 continenti.
E il 22 Novembre del 2015, giorno di Santa Cecilia, abbiamo lanciato CECILIA, the soul of music. Da allora, presentiamo giornalmente un nuovo artista, abbiamo anche una “classifica” la CECILIA TOP 20, divenuta punto di riferimento di radio e televisioni di tutto il mondo.
Si, stiamo parlando personalmente con migliaia di artisti, stiamo dicendo loro che la musica che fanno ha finalmente una finestra sul mondo che si chiama Cecilia.
E in questo storico 2016, grazie all’uscita sulle 7 edizioni di Aleteia che adesso vanta 10 milioni di lettori mensili, abbiamo portato alla luce per voi questo tesoro di musica sconosciuta.
Lo abbiamo fatto per voi, per gli artisti, e soprattutto per i nostri figli, ai quali vogliamo dare la possibilità di crescere con l’anima della musica.
Volete iniziare l’ascolto? Ecco!
www.aleteia.org/cecilia
Cecilia: l'anima della musica
Come la Musica spirituale è divenuta mainstream nel 2016