La serenità dell’uomo è un dono prezioso più di ogni bene terreno, ma sempre esposto alle insidie del male e della precarietà dell’esistenza umana. L’uomo potrà continuare ad essere sereno dentro se sarà vigile, sapendo che la sua vita è stata ricevuta in prestito e che nel tempo bisognerà restituirla. Non è una minaccia oscurantista, ma semplicemente la consapevolezza a cui porta il mistero della realtà. Una certezza che non toglie nulla al fascino del vivere, bensì consente a chi non è vittima della materialità, da una parte di gustare la luce delle cose belle che lo circondano; dall’altra di non cadere nell’inganno quotidiano delle tenebre.
Solo una fede nitida e una conversione convinta aiutano ad affrontare la stessa morte con la dovuta tranquillità del cuore. Riflettere sul viaggio che l’uomo compie sulla terra, attraverso il treno della vita, non significa dover perdere la coscienza del futuro percorso verso l’eternità. Più l’uomo legherà il significato della sua esistenza ai contenuti mondani, dimenticando che dovrà, prima o poi, scendere dal suo convoglio, più si distaccherà dalla straordinarietà del suo vero modo di essere. La vicenda di Giobbe dovrebbe farci riflettere. Anche avendo perso ogni cosa e soffrendo per una piaga maligna che gli corrose tutto il corpo, per specifica tentazione del male, non perse il suo credo in Dio.
Ancora oggi fanno molto fragore le sue parole, nonostante l’atroce sofferenza a cui egli fu esposto: “Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”. La difficoltà oggi di capire fino in fondo il messaggio che arriva dal vecchio testamento, sta tutto nell’avere messo al centro dell’esistenza umana non Dio, ma l’uomo. Un abbaglio sociale e morale che non consente alla società odierna di poter esprimere il meglio di sé stessa. Ecco perché le sue principali energie, spesso e non a caso, risultino incastrate nei giochi e le prepotenze di una piccola parte degli uomini, da sempre regolatori del destino altrui.
I riflessi negativi di un tale “deperimento” sociale non risparmiano le singole comunità locali e gli individui che le compongono. La permanenza sulla terra, che dovrebbe attestare il legame dell’uomo con Dio, diventa ogni giorno di più motivo di distacco e di ripudio della propria fede. Lasciato Dio qualunque tragitto terreno, nonostante faccia il suo corso, si concluderà senza salvezza. Ognuno per scelta personale sarà atteso al varco di luce o di oscurità. Si è purtroppo convinti, anche se cristiani, che pur camminando nel buio alla fine si sarà accolti nella grazia del cielo. È un modo perdente di affrontare l’oggettività delle cose, continuando a disdegnare la confessione, l’eucaristia, la Parola.
È inevitabile, a questo punto, la certezza di spingere verso l’immoralità l’essenza del proprio quotidiano. Cresce il rischio di barare con se stessi, ma soprattutto con il Signore, nel momento in cui si omette di vigliare sulle tante azioni individuali, fino al punto di giustificare qualsiasi manifestazione umana, apertamente al centro della falsità fisica e della frode spirituale. Falsificare la Parola del Signore per un credente, diversa la considerazione se si tratti di un ateo, è un qualcosa di abominevole che non consente, neanche al prossimo, di entrare nella grazia divina. Non può un devoto illudere il fratello rispetto alla verità del vangelo.
Non può adattare la Parola eludendo i principi universali che le appartengono e che sono, per i cuori che cercano la conversione, la sicurezza della redenzione. L’uomo deve perciò vigilare su stesso. Non deve essere “raggirato” da un relativismo strisciante che tutto consente e tutto concede, senza alcun vero pentimento duraturo. Il mondo infatti tollera ogni cosa e disdegna la croce. Così sono diventate quasi delle strane novità rispettare il proprio coniuge; non essere vittime del consumismo imperante; rispondere con una parola buona, anche dinnanzi a chi sa solo parlare per il male; rispettare la vita di un bambino, anche se concepito per errore, ecc.
È urgente smettere di barare con il vangelo, vigilando sempre sull’applicazione dei suoi indirizzi, distinguendo il valore di ciò che appartiene all’uomo e di tutto quello che è di Dio. Mai ingannare la Parola del Signore, perché si rischia di giustificare ogni peccato commesso, con la conseguenza di credere che la misericordia di Divina possa convivere anche con chi continui nel suo cammino di perdizione. Niente di più falso! San Paolo invita a salvarsi, consigliando di proseguire il proprio cammino per modificare nel bene, senza cadere più nello stesso errore, ogni azione che allontana dal Signore.
È questo il passaggio impellente che ciascuno deve attuare sulla sua persona, senza mai dimenticare che “il Figlio dell’uomo viene nell’ora che nessuno immagina. Non chiede permesso, non avvisa, non dona alcun tempo perché possiamo sistemare né le cose della terra né tantomeno quelle dell’eternità”. Il cuore sia pertanto trasparente perché in ogni istante la storia certifica che la Parola di Gesù è pura e tersa verità. Immancabilmente si attua. Nulla di essa rotola a vuoto.
Come si fa ad avere la pazienza di Giobbe?
Vigilare e mai ingannare la Parola del Signore