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"L'ultimo uomo", massificato e senza Dio

Presentato a Roma il libro del biologo Enzo Pennetta sull’evoluzione del grande dispositivo di dominio e controllo sociale che ha plasmato l’attuale modello antropologico

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Fabian Society, Thomas Malthus, Edward Bernays, finestra di Overton. Questo caleidoscopio di nomi, rigorosamente anglosassoni, appare indecifrabile ai più. Eppure è al suo interno che si condensa ed esprime il processo antropologico da cui scaturisce – parafrasando il sociologo Zygmunt Bauman – la“società liquida”, popolata da quello che lo scrittore Enzo Pennetta chiama nel suo più recente libro “L’ultimo uomo” (ed. Circolo Proudhon, 2016).
Il volume è stato presentato ieri presso il Teatro Quirinetta di Roma, in una sala gremita soprattutto di giovani. Relatrice insieme all’autore la giornalista Costanza Miriano. Quest’ultima ha detto di riconoscere la fotografia del mondo contemporaneo descritta nel libro ed ha affermato di essere rimasta impressionata nell’apprendere le ingannevoli trame che hanno plasmato le coscienze negli ultimi due secoli.
Da donna, ha posto particolare attenzione al fenomeno del femminismo, alla cui ascesa l’autore dedica un capitolo. La Miriano ha osservato che anche lei, sebbene cattolica e proficua scrittrice di testi estranei al pensiero dominante, si sente immersa nel magma culturale contemporaneo.
Il femminismo – ha raccolto lo spunto Pennetta – costituisce proprio il paradigma dell’illusione di libertà che contraddistingue il mondo di oggi. La spinta propulsiva di questa ideologia è da attribuire al pubblicista del secolo scorso Bernays, il quale riuscì a veicolare una redditizia campagna promozionale sul dorso della chimera dell’emancipazione femminile.
La multinazionale del tabacco Lucky Strike, cent’anni fa, ingaggiò questo pioniere dei moderni opinion maker, noto per essere stato nipote di Freud, per incentivare le vendite di sigarette. Bernays riuscì a guadagnare una fetta enorme di mercato fino a quel momento inesplorata: il gentil sesso. Lo fece attraverso un’intuizione, quella di diffondere manifesti che raffiguravano donne con la sigaretta in bocca, suggerendo l’equazione tra fumo e riscatto sociale. Questa icona della donna emancipata e fumatrice fu foraggiata anche da qualche starlet, pagata per apparire in pubblico con la sigaretta tra le labbra e con vestiti dello stesso colore dei pacchetti di “bionde”.
È così che la donna si convinse d’aver iniziato un percorso di liberazione mentre si stava facendo persuadere da un vizio. “Ci hanno fregate”, ha commentato la Miriano. Franca riflessione condivisa da Pennetta. Del resto lo stesso Bernays affermava che il “vero potere esecutivo” non appartiene alla politica: “Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. (…) Sono loro che manovrano i fili…”.
Va riconosciuto a queste eminenze grigie della manipolazione mediatica di avere grande perspicacia. Costoro propinano alle masse l’illusione di essere protagoniste della storia attraverso la realizzazione di una sterile dialettica politica. È in questo senso che va interpretata la fondazione, a fine ‘800, della Fabian Society. Altro non era – ha spiegato Pennetta – che “un finto movimento socialista” britannico che portò alla nascita del partito laburista, da affiancare a quello liberale cosicché vi fossero due facce della stessa medaglia. Divise su alcune questioni specifiche, le attuali centro-destra e centro-sinistra onorano tuttavia con pari reverenza il pensiero dominante su temi etici che sono alla base dell’antropologia moderna.
È – mutatis mutandis – un’espressione del fabianesimo la sinistra di oggi che si batte per i matrimoni omosessuali e lascia il proletariato a frantumarsi nella morsa del turbo-capitalismo. “L’ultimo uomo” è dunque un uomo solo, illuso d’essersi conquistato una presunta libertà (soprattutto sessuale) sacrificando sul suo altare tutto ciò che di veramente importante possedeva, ossia i legami familiari e sociali.
Propedeutico a questo processo involutivo furono il malthusianesimo e il darwinismo. Pennetta – che è docente in un liceo di scienze naturali – ha spiegato che dapprima l’economista Malthus, attribuendo la crescita della povertà alla pressione demografica, e poi il biologo Darwin, sostenendo che solo le specie animali più forti sopravvivano al processo evolutivo, furono il pretesto ideologico al feroce colonialismo britannico. “Il darwinismo – ha spiegato Pennetta – è la trasposizione in natura di un modello economico: nella società sopravvive il ricco a discapito del povero e nella selezione naturale della specie soccombe l’animale più debole”.
Queste ideologie sono quindi il laboratorio dell’ultimo uomo (e dell’ultima donna), alla mercé dei consumi, mossi dal solo istinto e privati d’ogni pudore e d’ogni slancio di vero amore. Privati, in una parola, di Dio. Infatti – sosteneva il genetista Julian Huxley: “Il darwinismo ha rimosso dalla sfera della discussione razionale qualsiasi idea di Dio come creatore degli organismi”.
L’uomo che non crede in Dio – osservava con acume lo scrittore inglese Chesterton – finisce però per credere in tutto. I manipolatori delle masse possono allora imbastire quello schema di persuasione chiamato finestra di Overton, per cui una campagna a favore di un’idea passa gradualmente dalla fase in cui quell’idea è inaccettabile al suo sdoganamento mediante una serie di astuti processi mediatici.
Evaporata la distinzione tra bene e male e negata l’esistenza di Dio, nulla potrà più dissuadere “l’ultimo uomo” della bontà di qualsivoglia pratica considerata oggi una nefandezza. Chi vi si opporrà, verrà tacciato di intolleranza da questi abili opinion maker. E il “progresso” sembra proprio “la versione profana della dannazione”, per dirla come il filosofo rumeno Cioran. Per salvarsi non resta che rivolgersi a Dio.

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Federico Cenci

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