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L’altro è mio superiore

Meditazione della Parola di Dio di lunedì 31 ottobre 2016 – XXXI settimana del Tempo Ordinario

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Lettura
Le indicazioni date da Gesù a questo fariseo, che lo invita a pranzo, valgono per la logica con cui ci regoliamo nella vita. Tavola e vita vanno insieme. Chi invitiamo, come e con quali regole accogliamo, cosa doniamo o ci attendiamo, di cosa parliamo? Dalle risposte sappiamo chi siamo e come agiamo. Perché, com’è il banchetto del cibo, così è il banchetto della vita. E non sempre il Vangelo è l’unica regola che lo regola.
Meditazione
Dietro un invito a pranzo c’è ben altro che il cibo. C’è tanto di più. C’è la nostra vita, il mondo, e soprattutto l’universo delle nostre relazioni, quello che facciamo e che siamo. Lì, tutto questo si rivela apertamente. E per primo si evidenzia se agiamo secondo gratuità, oppure per calcolo e interesse. Gli invitati alla nostra mensa sono gli stessi ai quali concediamo di entrare in casa, nella vita e soprattutto nel cuore. Per gli altri non c’è spazio, ma solo esclusione e distanza. Lontani dalla tavola, lontani dal cuore! E il rimprovero di Gesù a questo fariseo tocca questo piano più profondo, relazionale e simbolico. Lo invita e ci invita a passare all’accoglienza e alla gratuità. E per far questo ci invita a non essere solo e sempre pieni di noi stessi, come se al mondo non ci fosse, oltre noi, nessun altro che meriti rispetto e considerazione. La legge del contraccambio e dell’interesse regola non solo l’economia, ma purtroppo pure i rapporti tra le persone e tutta la vita. Ma Gesù vuole che invitiamo “al contrario”, prima gli esclusi. Dove sono i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi nella nostra vita? Ci sono, o restano sempre fuori? Per rispondere con i fatti, chiediamoci quante volte li invitiamo a casa, alla nostra mensa. La nostra regola non può essere il do ut des, per avere in cambio o anche di più. Per essere beati secondo il Vangelo, dobbiamo essere e fare contento chi può ricambiare solo con la sua povertà e il suo bisogno. Così si allarga il nostro orizzonte e il nostro cuore, perché ci fa guardare il cielo e ci fa attendere da Dio la ricompensa che il povero non ci dà. E se lo facciamo, non per la ricompensa, ma solo per amore e gratuità, per dono, per fare del bene all’altro e solo per lui, è ancora meglio. Gesto nobile e secondo Cristo, il quale, oggi, alla mensa dell’altare imbandita con il suo corpo, per puro amore, ha chiamato noi poveri e peccatori. Che cosa renderemo al Signore per averci dato se stesso? Ce lo diranno quei poveri che abbiamo invitato o escluso, e ai quali il Signore ci dice di dare non solo pane, ma prima ancora noi stessi.
Preghiera
Signore, tu ci inviti alla tua mensa, senza nostro merito, per nutrirci di te e del tuo perdono, fa’ che anche noi possiamo invitare, gratuitamente, coloro ai quali nessuno dona cibo e meno ancora accoglienza e amore.
Agire
Cercherò di aggiungere me stesso a ciò che dono, specialmente a chi non può ricambiare.
***

Meditazione a cura di mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di EdizioniART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it.
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ZENIT Staff

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