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“Un istante prima dell’alba”: i drammi e le speranze di Aleppo

Il libro del francescano Ibrahim Alsabagh è un diario di due anni vissuti nella città siriana fra guerra, sofferenza, fede e opere di bene

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Un libro per far conoscere da vicino il dramma di Aleppo, città della Siria settentrionale dove si combatte da quattro anni. Quattro anni di morte, sofferenza, paura, distruzione e povertà. Un lungo tunnel buio in cui spesso si intravede una luce sul fondo ma, proprio quando sembra possibile raggiungerla, ecco che si allontana. Nonostante tutto, resta accesa la fiamma della speranza, alimentata dalla fede e da quella solidarietà umana che spesso si manifesta con maggiore potenza proprio nei momenti più difficili.
Un istante prima dell’alba è un volume scritto da padre Ibrahim Alsabagh, sacerdote francescano originario di Damasco, che per due anni, a partire dal 2014, ha vissuto in questa città, salita così tragicamente agli onori delle cronache di guerra. Una guerra che, come sottolinea lo stesso autore, “non è ancora storia e passato, ma un presente in continua evoluzione, una lunga notte in cui il tempo sembra essersi fermato in una spirale di morte, un lungo istante perenne prima dell’alba della pace”.
Il libro è stato presentato venerdì sera, a Roma, nella chiesa di San Francesco a Ripa nel quartiere Trastevere, con la partecipazione di Padre Alsabagh e di padre Francesco Patton, dallo scorso maggio nuovo Custode di Terrasanta. L’evento è stato moderato dal giornalista Roberto Fontolan, responsabile del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.
“La notte è scesa su Aleppo quattro anni fa – ha detto Fontolan, introducendo il dibattito – quando è cominciata la battaglia per il suo controllo. Tutti quelli che hanno a cuore le sorti dell’umanità aspettano che arrivi l’alba. Padre Ibrahim ci racconta i suoi due anni di esperienza e, grazie ai suoi scritti, conosciamo i suoi parrocchiani, in queste pagine li vediamo agire con i loro bisogni per noi banali, ma a loro spesso negati: acqua, cibo, luce, una casa dove abitare, la possibilità insomma di vivere una vita normale. Questo libro è un diario di racconti, incontri e situazioni varie. È un testo per sentirci più vicini agli abitanti di Aleppo e alla loro sofferenza”.
Ha poi preso la parola Padre Patton: “Il mio primo contatto con la Siria, dopo la mia elezione a Custode di Terrasanta, è stata la notizia della caduta di un missile sull’edificio della Custodia di Terrasanta ad Aleppo – ha raccontato -. Ho provato a mettermi in contatto telefonicamente con la città e ho così sperimentato cosa volesse dire tentare di chiamare un luogo dove le linee telefoniche sono spesso fuori uso. Successivamente ho conosciuto padre Ibrahim che mi ha mostrato, attraverso alcune diapositive, come si vive ad Aleppo”.
“Entrando in città – ha continuato Padre Patton – la cosa che colpisce è che, per più di un’ora, si attraversano solo macerie e quartieri distrutti prima di incontrare zone abitate. Colpisce anche il fatto di trovare ancora dei cristiani che hanno fede e speranza e riescono a tenere i propri cuori liberi da odio e rancore. Prima della guerra i cristiani che vivevano ad Aleppo erano circa 250mila. Oggi ne restano solo 30mila, ma animati da una grande fede”.
Il Custode ha infine ricordato come l’ordine francescano sia presente in Terrasanta e in Medio Oriente da 800 anni (l’anniversario preciso sarà nel 2017) e quanto la Siria sia importante: si tratta infatti di uno dei primi territori in cui si la religione cristiana si è diffusa al di fuori della Palestina. Una sorta di “seconda culla del Cristianesimo”. In un teatro di guerra così difficile, i francescani vivono in prima persona le sofferenze della popolazione e cercano di aiutare tutti “seguendo l’esempio dei buoni pastori con il proprio gregge”, ben consapevoli che “quando questo istante prima dell’alba passerà, non sarà tanto importante ricostruire le case, quanto piuttosto il tessuto sociale, le relazioni fra gruppi diversi e il desiderio di convivenza pacifica”.
Padre Alsabagh ha iniziato il proprio intervento illustrando l’attuale situazione di Aleppo, un tempo cuore economico e industriale della Siria e attualmente divisa in due zone: la parte occidentale è controllata dalle forze del regime di Bashar Al Assad e conta un milione di abitanti, compreso ciò che resta della comunità cristiana; nella parte orientale, occupata dalle milizie ribelli, vivono circa 200mila persone. “In questo ultimo mese – ha commentato amaramente l’autore del libro – sono falliti tutti i tentativi per un accordo di pace a livello internazionale fra il governo di Assad e i ribelli. Ci eravamo illusi che la pace fosse vicina e invece stiamo assistendo a una nuova escalation di violenza. Come se la distruzione delle case e delle industrie, la povertà, la mancanza di acqua e cibo, la paura, il dolore e la sofferenza non fossero già abbastanza. Ma come cristiani e francescani la nostra reazione a tutto questo non è la ricerca di un colpevole, ma il tentativo di rispondere al male con il bene, alla violenza con la pace, all’odio con la carità. Una risposta di fede per far prevalere la vita sulla morte”.
Nonostante la durezza delle esperienze vissute, l’autore ha confessato di aver scoperto ad Aleppo “la bellezza dell’obbedienza e della chiamata di Dio per aiutare chi soffre”, soffermandosi particolarmente sul problema degli anziani poveri o comunque lasciati senza nessuno che si occupi di loro. Ha sottolineato come, con il piccolo contributo che ognuno può dare, la comunità dei fedeli cristiani sia riuscita a fare molto per tutti e come, da questo punto di vista, i francescani di Aleppo siano diventati un punto di riferimento anche per i cristiani di altri riti e per i musulmani. “Sembra incredibile – ha spiegato – ma aiutare queste persone mi ha dato una gioia indescrivibile. Come ha detto San Paolo, la vera gioia è nel dare agli altri e non c’è cosa più bella di questa”.
In conclusione, padre Ibrahim ha parlato dei rapporti con il mondo islamico, ribadendo che l’Islam di per sé non è certo un nemico. Ha ricordato la differenza fra i principi della religione musulmana e chi li interpreta nel modo sbagliato. Con la stessa chiarezza, l’autore ha però evidenziato come “le autorità religiose islamiche siano ancora spesso troppo timide e ambigue nel condannare terrorismo e fondamentalismo”. Un comportamento che si ripercuote anche su molti fedeli che arrivano a “vergognarsi della propria religione” e talvolta “finiscono per avvicinarsi al Cristianesimo”.

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Alessandro de Vecchi

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