Neuroeconomia e neuromarketing

Le due tematiche approfondite nell’ultimo numero della rivista quadrimestrale della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio regina Apostolorum “Studia Bioethica”

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Avete mai sentito parlare di neuroeconomia? E di neuromarketing? Oggigiorno si rimane sorpresi, effettivamente, dei nuovi lemmi che le ricerche scientifiche partoriscono. Nella continua tendenza alla settorializzazione dei vari campi del sapere si aggiungono sempre nuovi spaccati, sicuramente da approfondire attraverso specifiche competenze. Queste ultime si trovano, solitamente, negli ambienti più adatti al loro sviluppo.
Ambienti nei quali riflessione, ricerca, approfondimento ecc. sono parole d’ordine nel contesto di un più ampio fine, quello del serviziodell’uomo nel rispetto della dignità della persona. Insomma fare bene il bene! La cosa che non sorprende, invece, è di trovare approfondimenti sulla tematica appena richiamata nella rivista “Studia Bioethica” a cura della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (Roma).
La rivista, di pubblicazione quadrimestrale, offre da anni una finestra sulle tematiche di bioetica, avvalendosi di esperti del settore. Il vol. 9, n. 2 (2016) ha come titolo: Cervello, economia e memoria: la persona umana nella riflessione neurobioetica. All’interno si possono trovare proprio le tematiche oggetto del presente articolo, cioè neuroeconomia e neuromarketing, approfonditi da Alberto Carrara L.C. (Docente di filosofia dell’uomo eneuroetica,coordinatore del GdN,APRA,Fellow dellaCattedra UNESCO in Bioetica e Diritti Umani di Roma) e da Tommaso Cozzi (Economista e bioeticista,docente di discipline socio-economiche, APRA – UER), oltre ad altri articoli a firma di Alberto Passerini, Manuela De Palma, Maria Rosa Parini, Massimo Losito, Alfonso Basso, Fabio Persano e Lourdes Velazquez. Insomma, una rivista all’avanguardia.
Dove per avanguardia non intendo il metodo romano che consisteva nell’inviare dei soldati in campo nemico, ma la capacità di letturadella realtà, attraverso un’analisi critica. La stessa permette di intravedere rischi e possibilità, di tracciarne i confini entro cui operare, di costruire dei binari solidi e di creare i presupposti per le future ricerche.
Per tornare al tema da cui siamo partiti, di cosa tratta la neuroeconomia? È un recente ambito di ricerca che si pone a cavallo tra neurologia ed economia. La stessa dovrebbe aiutare a comprendere come le emozioni influenzino le scelte dell’uomo e quali attività neurali siano coinvolte a proposito di decisioni economiche. È, in fondo, un settore della ricerca neuroscientifica, di carattere interdisciplinare, che si prefissa di studiare un modello biologico dei processi decisionali. È lo stesso Cozzi ad affermare che: “Se gli economisti si chiedono quale sia la decisione ottimale (massimizzante) tra più alternative possibili in condizioni di incertezza, i filosofi si interrogano sulla nozione di razionalità economica e delle sue violazioni, gli psicologi studiano quali processi sono messi in atto dalla mente umana durante la scelta e come le emozioni possano influire positivamente o negativamente su di essi, i neuroscienziati indagano il funzionamento del sistema nervoso, chi si occupa di neuroeconomia tenta di far convergere i contributi da tutte queste discipline per capire come il cervello ci consente di prendere decisioni”.
Negli ultimi anni, vari gruppi di ricerca hanno ottenuto qualche risultato in tema di “influenza delle emozioni” sulle varie scelte (in questo caso “economiche”). Qualche perplessità sorge spontanea. È lo stesso Cozzi ad avanzarla chiedendosi: se le scelte di carattere morale, siano influenzate o meno da meccanismi neuronali, oppure, al contrario, se una decisione assunta “in piena coscienza” e libertà, non faccia altro che mettere in moto i predetti meccanismi. Allo stesso tempo – continua il bioeticista ed economista – è possibile ipotizzare che azioni eticamente appropriate, così come azioni che richiedono “prudenza”, se sono anticipate da nuclei cerebrali differenti, permettono all’uomo di riconoscere tale anticipazione (attraverso la coscienza?). E quindi di poter scegliere e decidere, oppure il meccanismo è talmente indotto da dover addirittura ripensare il concetto di responsabilità in etica?”L’approfondimento su tale ambito continua col prof. Alberto Carrara L.C. che colloca i due ambiti di ricerca nella più ampia cornice della neuroetica.
Quest’ultima è in continua evoluzione. Da precisare che, per alcuni, il neuromarketing è sorto, ed è in crescita esponenzia­le, per altri sarebbe l’effetto di un potenziale d’attrazione, una sorta di “magnetismo” che le neuroscienze eserciterebbero su ogni cam­po del sapere contemporaneo, incluso e non escluso, quello riguardante proprio l’economia e il marketing. Ma si può avere una definizione di neuromarketing? Si, molte e molteplici, più o meno scientifiche, ma quella che più convince è la seguente: il neuromar­keting è quel settore della riflessione neuroet­ica dedicato alla comprensione del rapporto cervello-mente del consumatore.
Ecco emergere, con la definizione – continua Carrara – la relativa problematica di natura etica. Le neuroscienze non servirebbero soltanto per affinare una comprensione antropologica classica sulle prese di decisione e sulle scelte umane in ambito economico, bensì, servireb­bero, in un futuro prossimo, per influenzare direttamente la scelta, cioè per persuadere l’acquirente, sino a indurlo, manipolandolo, a comprare un certo prodotto/servizio.
Tutto ciò è da consi­derarsi parte di un fatto centrale: il comporta­mento economico è sempre comportamento umano e ciò implica la dimensione etica, il passaggio dall’utilità alla dignità.Tra teorie “chiuse” (interpretazione attraverso i termini dell’individuo razionale minimizzando l’interazione con l’ambiente) e teorie “aperte” (che sottolineano la stretta relazione del mercato con l’ambiente naturale e sociale) si dovrebbe oggi parlare anche di teorie complesse, integrate, sistematiche ecc. A tal proposito, non può sfuggire – evidenzia Carrara – che “il premio Nobel per l’economia 2002 sia stato assegnato a Da­niel Kahneman e Vernon Smith, che includono, in ambito di scelte economiche, quella cooperazione ed integra­zione tra speculazione razio­nale, cioè tra giudizi e ponderazioni a livello conscio, da una parte, e pulsioni emotive ed affettive inconsce, dall’altra. Si capisce sempre più come solo attraverso una concezione olistica della persona rispetta l’umana dignità”. Non solo.
L’uomo non può essere “ridotto” alle varie definizioni che gli scienziati pretendono di dare, ma dev’essere considerato nel posto centrale che occupa nel mondo, affinché, nel considerare il singolo uomo venga inclusa l’intera società e la “casa comune” (l’ambiente) nella quale le persone vivono.Ricordando che alla rivista è possibile abbonarsi per riceverla nella forma cartacea comodamente a casa, si può, comunque, approfondire il tema attingendo direttamente agli articoli che la rivista “Studia Bioethica” mette a disposizione attraverso il seguente link:
http://riviste.upra.org/index.php/bioethica
 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Domenico De Angelis

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione