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Santa Sede denuncia gli stupri di guerra dei peacekeepers Onu

In un intervento a New York, mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, denuncia le conseguenze dei conflitti e i crimini commessi sui civili

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La Santa Sede è profondamente preoccupata per i casi di abusi sessuali e di altre forme di sfruttamento alle donne vittime di guerra da parte di peacekeepers delle Nazioni Unite. Lo ha affermato mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, in un intervento pronunciato ieri a New York.
L’arcivescovo – riferisce Radio Vaticana – ha denunciato il problema che, nonostante le misure speciali adottate dal segretario generale dell’Onu e dal Consiglio di sicurezza, continua ad essere grave e deve essere affrontato con urgenza. Ha quindi chiesto di adottare maggiori misure preventive perché gran parte della credibilità e dell’autorevolezza delle operazioni di peacekeeping dell’Onu e delle Nazioni Unite dipendono da tali iniziative.
Al contempo, mons. Auza ha ricordato che Papa Francesco ha espresso apprezzamento per l’impegno dei Caschi Blu nelle missioni di pace in varie zone del mondo. La protezione dei civili “dovrebbe essere uno degli elementi centrali delle missioni di peacekeeping”, ha poi aggiunto, lanciando un appello per un efficace controllo delle armi per prevenire i conflitti.
Da un’analisi dell’evoluzione dei conflitti emerge infatti che “la maggior parte delle vittime sono civili innocenti”. All’inizio del 1900 circa il 5% delle vittime erano civili, negli anni ’90 sono diventati oltre il 90%. Tra questi, la maggior parte sono bambini e molti di loro sono usati come “armi da guerra, attraverso la privazione del cibo e dei beni di prima necessità”.
L’osservatore vaticano ha poi indicato tra le drammatiche conseguenze dei conflitti anche il problema degli sfollati, la distruzione di infrastrutture nevralgiche come scuole e presidi sanitari, il totale disprezzo degli operatori umanitari e dei giornalisti e altre violazioni del diritto umanitario internazionale.
In particolare, secondo mons. Auza, sono le donne e le ragazze a soffrire “in modo sproporzionato” per le devastazioni provocate dai conflitti essendo un facile bersaglio per diffondere la paura nella società. Inoltre, esse sono vittime di un crimine orrendo come lo stupro. “Gli sforzi per risparmiare donne e bambine dal divenire vittime di conflitti dovrebbero essere accompagnati da iniziative che rafforzino il ruolo delle donne nella diplomazia preventiva”, ha detto il delegato della Santa Sede. Il ruolo della donna, in un contesto di pace e di sicurezza, non dovrebbe essere considerato un tema “politicamente corretto” ma un elemento essenziale per evitare ulteriori drammi e violenze, ha aggiunto.
Dopo aver sottolineato che crimini come il genocidio e la pulizia etnica continuano a sconvolgere diverse regioni del pianeta, Auza ha spiegato che il vertice mondiale del 2005 attribuisce alla comunità internazionale la possibilità di prendere appropriate azioni collettive nel caso in cui uno Stato non riesca a proteggere la propria popolazione. La Santa Sede – ha osservato – ritiene che l’applicazione di questo principio è fondamentale per la protezione dei civili. Non sempre tale principio, però, è conciliabile  con quello del non intervento sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.
Per prevenire conflitti, proteggere i civili, ristabilire la pace e promuovere la riconciliazione – ha concluso l’arcivescovo – una efficace strategia è quella del controllo degli armamenti. La Santa Sede rinnova il suo appello agli Stati a limitare la produzione, la vendita e il loro trasferimento. Devono anche essere prese misure in grado di porre fine al traffico di armi e a finanziamenti che, direttamente o indirettamente, sono la causa di atroci crimini.
 

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ZENIT Staff

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