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Il terremoto non frantumerà anche il mio cuore

L’illuminante aneddoto di un sisma di oltre due secoli fa può aiutarci a vedere le cose in una prospettiva diversa

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Stamattina mi sono alzata e sono voluta andare a vedere il cielo ed i colori. Avevo bisogno di queste due cose per nutrire l’anima con qualcosa di bello perché oggi, dalle mie parti, siamo tutti troppo feriti ed impauriti dalle due terribili scosse di terremoto di ieri sera.
Quello che mette terrore è il suono sinistro, i rumori di cose che cadono e si rompono, le urla delle persone care, gli strepitii delle pareti che si crepano… È un po’ come quando si guarda un thriller; se togli il suono di sottofondo, sembra che la tensione perda consistenza. Quindi, sì: i suoni sinistri del terremoto sono agghiaccianti.
Però, ancora una volta, ho buone notizie per tutti e non permetterò a quelle crepe sui muri di casa, di interrompere la mia fame di speranza.
Ho chattato tutta la notte con i miei alunni impauriti che mi scrivevano: “Prof, ho paura…sto piangendo…prof, guardi la mia camera com’è ridotta…può pregare per tutti noi? …Prof, stanotte dormo in macchina con il suo libro…”
Abbiamo anche scherzato insieme, dando del bastardo (è il termine più bello che mi viene in mente) a quel tipo che ha mandato in giro un messaggio vocale dove invitava i ragazzi a scappare perché entro il mattino tutte le Marche sarebbero state distrutte da un terribile terremoto (so che lo stanno cercando per procurato allarme).
Ma in mezzo a questi sciacalli, c’è una moltitudine immensa di brave persone ed un fiume in movimento di notizie rassicuranti.
Le belle notizie mi sono venute in mente mentre fotografavo il cielo ed un albero sempreverde circondato da foglie rosso vivo. Era tutto così bello che ho pensato: in queste ultime ore, ancora una volta, il bene ha vinto.
Ancora una volta la stragrande maggioranza della gente ha superato la paura, abbracciando gli altri. I parcheggi sono diventati in poco tempo delle piccole comunità, la protezione civile si è subito allertata aiutando tutti, la radio locale ha fatto notte in bianco per tenerci aggiornati, le telefonate piene di “Stai bene?” hanno riempito di amore le linee telefoniche ed io…beh, una volta visto che in casa l’intonaco caduto non era pericoloso e saputo che figli e nipoti erano al sicuro, mi sono addormentata con accanto l’immagine della Madonna del Conforto.
C’è una storia molto bella che racconto volentieri; giusto per far capire che la compagnia notturna che mi sono scelta ha un bel senso.
È il primo febbraio del 1796 e ad Arezzo, proprio nel pieno dei festeggiamenti del Carnevale, ci sono alcune scosse di terremoto. Per tanti giorni gli eventi tellurici proseguono, tanto che dal primo al dieci di febbraio si registrano trenta scosse.
La mattina del 5 febbraio arriva una scossa talmente violenta (sembra di magnitudo 5.5) che fa perfino battere alcuni rintocchi alla campana della torre civica della città.
Dalla terra si sentono provenire forti fragori, si vedono bagliori di fuoco notturno (probabilmente luci telluriche) e le acque del fiume Arno diventano torbide.
Sono giorni difficili, il terrore serpeggiava ovunque e qualcuno inizia a pensare ad una punizione divina per i peccati commessi. Così, in preda alla paura, si sospendono i festeggiamenti del carnevale e vengono fatte delle processioni per le vie di Arezzo.
Vicino Porta San Clemente c’è l’Ospizio della Grancia della Congregazione camaldolese, a cui è annessa una cantina. Qui i monaci distribuiscono il vino alle persone più povere della città. Su una parete della cantina vi è, murata, un’immagine di terracotta invetriata raffigurante la Madonna di Provenzano (venerata già a Siena, anche da santa Caterina). La figura è collocata vicino ad un fornello utilizzato per il riscaldamento della stanza e per la cottura dei cibi. Potete immaginare quanti fumi si alzano in alto, verso l’immagine sacra, ogni giorno? Ed in effetti è tutta annerita. Aggiungete pure le esalazioni di una lampada ad olio che, ogni sera, viene messa su una mensola sottostante (per scopi votivi) e l’operazione “annerimento immagine” è completa.
In questo locale vi lavora la cantiniera Domitilla Bianchini. Sono circa le 16.30 del 15 febbraio 1796 e Domitilla si trova lì, con altri tre avventori (i calzolai Antonio Tanti, Giuseppe Brandini e Antonio Scarpini).
Tutti e quattro parlano, preoccupati ed impauriti, delle scosse di terremoto che sembrano non finire mai ed in particolare sono terrorizzati dall’ultima che si è fatta sentire, fortissima, alle tre del mattino di quella stessa notte.
Mentre sono intenti a discutere, Antonio tanti dice: “Voglio accendere il lume alla Gran Madre di Dio. L’ho acceso altre sere, lo voglio accendere anche questa sera”. L’uomo prende la lucerna, l’accende e la mette sotto l’immagine della Madonna, iniziando, insieme agli altri due avventori e alla cantiniera, a recitare delle preghiere per chiedere la fine del terremoto.
Improvvisamente, l’immagine cambia colore e si accende di luce propria. Il colore che la ricopre, da giallo scuro si tramuta in un bianco splendente e la Madonna emana bagliori così forti “come se avesse sul petto diamanti e rubini”.
I quattro, pieni di stupore per quel che stanno vedendo, spostano la lucerna, per controllare che non sia questa a creare quel meraviglioso effetto ottico.
Ma no. Non è la lampada. Anche senza quella luce, l’immagine continua a brillare.
Quando l’immagine cessa di risplendere, la patina scura che l’aveva ricoperta fino a quel momento è scomparsa, restituendole l’originale aspetto limpido e pulito.
Strapieni di commozione, i quattro testimoni diffondono la notizia per tutta la città. Nel giro di poche ore, la cantina si riempie di persone desiderose di vedere la miracolosa immagine con i propri occhi.
Da quel momento, gli aretini, che interpretano l’accaduto come un segno dell’amore e della protezione di Maria, ribattezzano l’immagine “Madonna del Conforto”.
E (sarà il caso) a partire da questo fatto, le scosse di terremoto cessano del tutto e la vita, ad Arezzo, torna alla normalità.
Nei giorni successivi, tutta la zona di Arezzo vide un buon numero di guarigioni di persone ammalate (sarà il caso). Tra i tanti episodi, guarirono due uomini colpiti da paraplegia, guarì una bambina rachitica, una ragazza cieca e due donne affette da convulsioni.
E così stamattina, ai ragazzi, nel messaggio del buongiorno su WhatsApp, ho scritto” Buona giornata con tutto il cuore e che la fiducia in Dio sia con noi!”.
“Il nostro cuore non è fatto di pietra. La pietra a un certo punto può andare in frantumi, sbriciolarsi, perdere ogni forma. Ma il cuore non può andare in frantumi. E questa cosa senza forma che ci portiamo dentro, buona o cattiva che sia, possiamo trasmetterla gli uni agli altri senza limiti” (Haruli Murakami).
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[Fonte: www.intemirifugio.it]
 
 
 

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Maria Cristina Corvo

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